Quando prendiamo in mano un ferro 7 e ci apprestiamo a giocare, prima ancora che il corpo si muova, qualcosa si muove dentro di noi. Un misto di speranza, timore, concentrazione, desiderio, memoria dei colpi passati e proiezione di quelli futuri. Nel golf non c’è swing “puramente tecnico”: ogni gesto è l’esito di un piccolo tumulto interiore, un groviglio di emozioni.
La filosofa statunitense Martha Nussbaum, nel suo libro Creare capacità del 2011), direbbe che queste emozioni non sono un disturbo da controllare, ma una risorsa da coltivare. Sono una delle “capacità fondamentali” della vita umana. Non sono rumore di fondo che disturba il nostro gioco. Sono parte integrante della nostra libertà.

Nussbaum propone un’idea di etica sociale potente: una società è giusta quando le persone possono sviluppare pienamente le proprie capacità fondamentali — tra queste, appunto, la capacità di provare, comprendere e orientare le emozioni.
Il golf, sorprendentemente, è uno dei luoghi in cui questa capacità viene messa alla prova con una chiarezza quasi filosofica.

Nussbaum inserisce le emozioni nella sua lista di capacità perché ritiene che esse non siano forze irrazionali da reprimere, ma forme di giudizio: “le emozioni sono modi di vedere il mondo” — modi che rivelano ciò che ci sta a cuore. Come scrive: “Le emozioni rivelano la nostra vulnerabilità rispetto a cose e persone che consideriamo importanti.” Se possiamo provare paura, è perché ci teniamo. Se siamo tesi su un putt per salvare il par, è perché quel putt ha un valore per noi. Se ci arrabbiamo dopo un colpo sbagliato, è perché abbiamo investito energia, tempo, visione. Se proviamo entusiasmo alla vista di un fairway largo e morbido, è perché la speranza ci appartiene.

Nussbaum non suggerisce di eliminare tutto questo. Al contrario: lo considera parte essenziale della fioritura umana (human flourishing). La vita buona non è vita senza emozioni; è vita in cui le emozioni diventano alleate dell’azione.

Il golf ha una caratteristica unica: non puoi mentire a te stesso a lungo.

Dopo tre buche, il campo sa già chi sei davvero. Soprattutto, sa come reagisci a ciò che non puoi controllare. Il golf è un laboratorio perfetto per osservare la capacità emotiva così come la intende Nussbaum. Ogni buca è una micro-storia fatta di rischi, speranze, paure, scelte, imprevisti. Un colpo in acqua rivela come gestiamo il fallimento. Un par salvato dopo un tee shot storto rivela la nostra resilienza. Un birdie mancato da un metro rivela la nostra frustrazione. Un approccio perfetto ci ricorda che sappiamo anche respirare. Il campo è uno spazio morale perché ci obbliga a prendere sul serio la nostra interiorità. Non come introspezione vaga, ma come competenza reale.

Siamo abituati a pensare che il golf richieda tecnica, tattica, attrezzatura, concentrazione. Nussbaum direbbe: richiede capacità emotiva. Senza questa, anche lo swing più pulito alla fine si inceppa.

Uno dei temi centrali di Creare capacità è l’idea che l’essere umano è vulnerabile, esposto, imperfetto. Le emozioni sono la prova vivente di questa vulnerabilità. E la vulnerabilità — scrive Nussbaum — non è una debolezza: è la condizione che rende la vita profondamente umana e relazionale. Siamo vulnerabili perché ci importa.

Come golfisti, siamo vulnerabili perché un colpo ci può far soffrire. E proprio per questo un colpo ci può rendere felici.

Quando un golfista desidera “giocare senza emozioni”, desidera un qualcosa di impossibile.

Un gioco senza emozioni sarebbe un gesto meccanico: tecnicamente pulito ma incapace di farci crescere. Impariamo invece a stare dentro le emozioni, a riconoscerle, a trasformarle in risorse.
La paura non si cancella: si educa. La rabbia non si reprime: si attraversa. La gioia non si spreca: si celebra.Questo è ciò che in Nussbaum diventa capacità — la libertà effettiva di vivere bene con ciò che si prova, senza esserne schiavi né nemici.

Aristotele avrebbe parlato di mesotes, il giusto mezzo. Nussbaum, che da Aristotele prende molto, direbbe: una capacità emotiva ben sviluppata permette di trovare equilibrio tra due estremi.

Nel golf questo equilibrio è evidente. Prendiamo la paura:

  • Troppa paura: lo swing si irrigidisce, il colpo è difensivo, la mente vede solo i pericoli.
  • Troppa poca paura: si forzano linee irrealistiche, si attaccano bandiere impossibili, si ignora il rischio.

Oppure la speranza:

  • Troppa speranza: illusioni tecniche, autoinganni.
  • Troppo poca speranza: rassegnazione, gioco piatto, mancanza di progetto.

Il golf è una palestra perfetta per educare la “giusta misura” emotiva: riconoscere la spinta interna, dosarla, incanalarla, farne un alleato.

Nussbaum non vuole che riduciamo le emozioni: vuole che diamo loro forma. Il golf insegna che il talento non basta, che la tecnica non basta, che la forza mentale non è forza di volontà astratta, ma una forma raffinata di alfabetizzazione emotiva. Tra le capacità spesso si sottovaluta la più semplice: la capacità di provare piacere e gioia.
Nussbaum scrive che una vita piena è una vita che sa anche concedersi momenti di bellezza.

Il golf, quando lo viviamo senza ossessione, è una delle esperienze di gioia più genuine che possiamo coltivare: una camminata lenta, un colpo centrato, un panorama, un green morbido, un par salvato, un amico che ride, una palla che rotola nella buca come se avesse un destino. Molti golfisti soffrono perché vivono il gioco come un compito morale: devo migliorare, devo abbassare l’handicap, devo dimostrare qualcosa. Invece il golf può essere — dovrebbe essere — anche un modo per esercitare la capacità di gioia. In questo Nussbaum ci ricorda che la felicità non è evasione, ma lavoro su di sé. E che le emozioni positive non sono frivole: sono fondamento della dignità umana.

Per un golfista dilettante sviluppare queste capacità è fondamentale perché le emozioni — come ricorda Nussbaum — influenzano ogni decisione in campo e possono diventare una risorsa invece che un ostacolo.

Coltivarle significa giocare meglio, con più lucidità, più gioia e una crescita personale che va oltre il punteggio. Ecco un paio di ‘trucchi’ per fare questo:

1) Sviluppa la gioia cioè la capacità concreta di riconoscere e coltivare emozioni positive nel gioco, invece di lasciarle passare inosservate o schiacciate dalla performance.

Durante il round, individua tre momenti di bellezza, anche minimi, e verbalizzarli (a voce bassa, o segnandoli sullo score). Sono validi momenti come: il rumore del driver quando la palla è colpita ‘piena’; un paesaggio;u n gesto di fair play di un compagno.

Perché funziona. Secondo Nussbaum, la gioia è una capacità: va esercitata, riconosciuta e coltivata. Identificare tre momenti di bellezza ti insegna a vedere la gioia nel gioco, non a sperare che arrivi. La gioia diventa un gesto deliberato, una competenza — una capacità.

2) Sviluppa il Triangolo dell’equilibrio emotivo. Subito prima di un colpo che genera emozione come un approccio delicato o un putt essenziale per vincere la buca, devi fare tre passaggi rapidi, che formano il ‘triangolo’: a. nomina l’emozione principale che senti, nominarla è già trasformarla; b) chiediti: “Sto vivendo troppo questa emozione, troppo poco, o sono nel punto giusto?” La virtù è nel dosaggio, non nell’assenza; c) trasformala, traducila in un gesto o in una azione: un respiro profondo, cambia bersaglio, visualizza.

Il tuo gioco può fiorire solo grazie alle emozioni, non tentando inutilmente di eliminarle.