C’è un giocatore che più di ogni altro vive la Ryder Cup come un evento speciale, Ian Poulter.

Con le sue prestazioni Poulter è diventato una vera leggenda di questa sfida, trascinando l’Europa in alcune delle sue più memorabili vittorie degli ultimi anni.

Il 45enne inglese giocherà a Whistling Straits la sua settima Ryder. Ne ha vinte 5, e vanta un record personale di 14 vittorie, 6 sconfitte e 2 pareggi. Nei singoli poi è un vero talismano, con 5 vittorie e un pareggio.

In 26 anni di professionismo Poulter ha conquistato 17 titoli, non pochi, ed è giunto ad essere numero 5 del World Ranking nel febbraio 2010, la punta più alta della sua carriera.

Vanta due titoli WGC, l’Accenture Match Play Championship del 2010 e l’HSBC Champions del 2012, e un solo successo sul PGA Tour (Houston Open 2018) in 305 gare disputate in America.

Ma cosa trasforma allora di fatto un ottimo giocatore che ha avuto una più che dignitosa carriera in un rullo compressore pressochè imbattibile in questi tre giorni?

“Odio perdere – ha commentato sorridendo Poulter ieri -. Quando giochi un match play sai perfettamente cosa devi fare fin dalla prima buca. Sai quando puoi controllare una partita, quando devi dettarla, quando puoi giocare determinati colpi per cercare di mettere sotto pressione il tuo avversario. Un atteggiamento che non esiste in formula stroke play, a meno che la lotta per il titolo non si riduca alle ultime nove buche e che tu giochi con il diretto avversario per il successo finale.

Il match play lo adoro, è come una partita a scacchi. Amo essere sotto pressione sin dall’inizio, mi carica e mi consente di performare sempre al massimo. E questo non accade nelle gare normali che giochiamo ogni settimana”.

A Whistling Straits Poulter è arrivato grazie alla wild card ricevuta da capitan Harrington, che lo ha voluto fortemente in squadra per trasmettere al gruppo la sua incredibile voglia di vincere e qualche segreto per come affrontare al meglio la formula match play.

Ma osservando il field dei 24 protagonisti di questa 43esima edizione, l’inglese è quello che arriva alla sfida con i risultati più modesti di tutti. Da marzo ha ottenuto solo tre piazzamenti tra i primi 20 e non vince un torneo da tre anni. Nonostante questo Poulter ha affermato che le preoccupazioni sul suo conto sono infondate e che non c’è alcuna correlazione tra il modo in cui arriva alla Ryder Cup e la Ryder Cup stessa.

“Non mi sono mai veramente seduto per cercare di capire come ciò accada e il perché avvenga ogni volta. Per me è solo una forma molto semplice di giocare a golf, certamente quella che preferisco – ha aggiunto Poulter -. Più è semplice più è facile per il mio cervello capire e raggiungere in modo determinato il mio obiettivo”.

Se Poulter farà il Poulter stile Ryder gli americani dovranno sudare sette camicie per portarsi a casa la coppa, e questo lo sanno. È uno dei nemici pubbilci numero uno di questa settimana: il suo entusiasmo e l’adrenalina che riesce a trasmettere al resto del team possono ancora giocare un ruolo determinante, anche tra due squadre che, secondo il World Ranking, hanno una differenza abissale a favore degli Yankee.

“Sono sicuro di averli infastidito molto negli ultimi anni – sorride l’inglese -. Le mie prestazioni fin’ora sono state davvero buone quindi immagino sia stato piuttosto frustrante trovarsi di fronte uno come me in match play. Ovviamente spero e farò di tutto perché questo accada anche a partire da domani mattina sino a domenica…”.