Alzi la mano chi non ha mai sognato di giocare su un percorso dove si disputano le gare del Tour?

Magari ne avete avuto l’opportunità e avete giocato anche bene. Non parliamo solamente dello stesso campo ma del percorso con le medesime distanze e condizioni nelle quali sono impegnati i nostri beniamini.

Ebbene, Dean Knuth, che ha creato il sistema di Course e Slope Rating per la USGA, ha voluto effettuare un divertente esperimento, ipotizzando quanti colpi tirerebbero i dilettanti in quelle esatte circostanze.

Andiamo allora a Ponte Vedra Beach, in Florida, e saliamo sul tee della buca 1 dello Stadium Course del TPC Sawgrass. Nella tabella sotto potete individuare il vostro exact handicap, quello che giochereste e poi i colpi con i quali chiudereste il giro.

Avete pensato, esagerati!

Il percorso, disegnato dal grande Pete Dye, fa venire mal di testa a molti dei migliori professionisti al mondo. Non ci credete?

La statistica ci viene in aiuto. La media dei giri, per questi giocatori che abitualmente stracciano i par, è dal mezzo colpo allo 0,75 oltre il par.

Ora prendiamo un amateur e facciamolo partire dagli stessi tee, con oltre 6.600 metri di percorso e con le medesime condizioni che recitano green veloci come vetro, duri come tamburi e rough impenetrabile.

Un giocatore scratch in condizioni normali giocherebbe a Sawgrass 2,6 colpi oltre il course rating che è di 76,4. La stima di Dean Knuth è che chiuderebbe il giro in 81 colpi, nove oltre il par.

Vediamo il perché.

In fairway la palla rotola parecchio e spesso i dog leg la fanno finire tra gli aghi di pino, in acqua o in bunker.

È una lotta di distanza e precisione dalla quale si esce spesso sconfitti specie nei lunghi par 4 delle buche 5, 7, 14 e 15 sulle quali i doppi bogey, per gli handicap zero, sono all’ordine del giorno.

Tirare al green per provare ad arrivarci nei colpi regolari è utopico ma, anche se capitasse, sarebbe necessario giocare i colpi sopra l’acqua o i bunker, area del gioco che maggiormente differenzia i dilettanti dai professionisti. La consapevolezza dei green veloci e che non fanno fermare le palline, ci impongono di forzare il gioco facendoci cadere maggiormente in errore. Inoltre i green non sono profondi, con la palla che tende a scappare via costringendoci a una gara d’approcci. Lo spin è obbligatorio.

Da ultimo, ma non da meno, ci sono forti pendenze. Di fatto se non si mette la pallina vicina alla buca i tre putt sono all’ordine del giorno.

Ovviamente la situazione peggiora con l’aumentare dell’handicap.

Prendiamo la buca 17, la famosa “Island Green”. Par 3 di ‘soli’ 125 metri tutti di volo e con un green grande come un fazzoletto che non lascia scampo.

Nel 1985 Golf Digest ha sponsorizzato un contest con finale da giocare medal a Sawgrass. Tale Angelo Spagnolo, handicap 31, ha fatto 66 alla buca 17.

Dopo il primo colpo giocato con il drive, ovviamente in acqua, ha buttato nel lago i seguenti sette tentativi giocati dalla dropping zone a causa delle palline che non si sono fermate in green.

A quel punto il golfista ha seguito il consiglio del caddie che gli ha proposto di arrivare in green con dei piccoli colpi lungo la passerella. Il suo score totale è stato di 257 colpi in 18 buche dopo diverse ore in campo.

Siete ancora convinti che i colpi indicati da Knuth siano esagerati?!