Chi si era illuso di rivedere Tiger solcare i fairway dell’Augusta National tra poco meno di un mese resterà deluso. 

 A poco più di un anno da quel fatidico incidente del 23 febbraio 2021, Woods ha rotto il silenzio parlando della sua forma fisica e di un possibile e futuro ritorno alle scene mondiali.

Il Fenomeno ha infatti affermato che la sua salute è in netto miglioramento ma rimane ancora molto lontano dal poter tornare alle competizioni. 

“Il mio piede non è ancora del tutto a posto e non mi permette di stare troppe ore in piedi e camminare. Ci sto ancora lavorando, le mie sessioni di allenamento stanno vertendo proprio su questo. Purtroppo ci vuole tempo e ammetto di essere spesso frustrato perché non sono dove vorrei essere. Aggiungiamo anche il fattore età. A 46 anni non si guarisce più così velocemente”.

Ma, alla fine di tutto, Tiger tornerà a giocare?

La risposta arriva dal diretto interessato in occasione della conferenza stampa del Genesis Invitational del febbraio scorso. Il 15 volte campione major ha tutte le intenzioni di rientrare e competere sul PGA Tour ma i tempi non sono ancora maturi. Non lo vedremo a breve varcare i cancelli del Magnolia Lane che l’hanno reso lo sportivo più famoso del mondo ma la sua tenacia gli ha già fatto abbattere muri che sembravano invalicabili. Woods riprenderà a giocare ma non a tempo pieno. Già i primi di dicembre dello scorso anno aveva infatti dichiarato che in futuro selezionerà determinati eventi in calendario. 

Il Tiger che ci troviamo davanti è un uomo con le idee chiare sul suo futuro, un uomo che pare aver sconfitto i fantasmi del passato e fatto i conti con la realtà che lo circonda. Ma con ancora impressi negli occhi quel fuoco e quella passione che da sempre lo contraddistinguono.

“Non devo competere e giocare contro i migliori giocatori del mondo per avere successo. Nella vita ho dovuto scalare l’Everest diverse volte. L’ho fatto dopo la fusione spinale e dopo i numerosi interventi al ginocchio. Questa volta però non credo che ne avrò le forze e va bene così. Bisogna guardare il lato positivo di questa brutta storia. Sono ancora in grado di giocare e colpire la palla con le giuste sensazioni. Se la mia gamba me lo permetterà, posso ancora partecipare a qualche torneo. Questa è e sarà d’ora in poi la più realistica delle aspettative”.

Già negli ultimi anni prima dello schianto in macchina aveva iniziato a ridurre i suoi impegni ufficiali. Nel 2018, il suo primo anno dopo l’intervento alla schiena, Woods giocò 19 tornei, col senno di poi una cifra davvero considerevole come lui stesso ammise.

L’anno successivo ne disputò 14 in totale, anche per la lunga pausa che si prese dopo aver vinto il suo quinto epico Masters ad aprile. 

Nel 2020 si è visto solo in nove occasioni, numero però falsato dai tre mesi di stop del PGA Tour per la pandemia. L’ultima partecipazione in ordine di tempo è stato il Masters a novembre 2020.

Nei giorni bui poco dopo l’incidente aveva raccontato di essere tornato a una ferrea mentalità che aveva imparato da suo padre. In quei momenti dove non vedeva la luce in fondo al tunnel l’insegnamento militaresco e delle Forze Speciali che gli aveva inculcato Earl è stato una salvezza. Ragionare a compartimenti stagni, mettere sul tavolo tutte le possibili conseguenze, positive e negative, e prenderne coscienza. Il recupero sarebbe potuto durare tre mesi o tre anni, non importa, lui era consapevole del percorso da fare e l’avrebbe fatto superando qualsiasi ostacolo. 

Ecco allora che dopo mesi e mesi di riabilitazione era arrivata l’autorizzazione a praticare il putt. Poi sono arrivate le gare di approcci con suo figlio e, alla fine, il permesso di riprendere a praticare a pieno ritmo.

A fine dicembre 2021 una sua apparizione in occasione del PNC Championship insieme al figlio Charlie era stata una manna dal cielo. Rivederlo in campo è stato per tutti noi il segno che nulla era ancora perduto e che l’uomo che più di tutti ha smosso e smuove tutt’ora gli animi, era tornato a far battere i cuori di milioni di appassionati golfisti. 

E non hanno importanza né le tempistiche né i risultati che otterrà perché Tiger ha fatto per il golf più di chiunque altro e le sue imprese storiche sul campo sono solo un aspetto del suo forte impatto mediatico.

“Al momento posso giocare e riesco a fare 18 buche con tranquillità ma sono ancora lontano da poter sostenere sei giri tra prove campo, Pro-Am e quattro giorni di torneo. Il mio obiettivo è essere pronto a quel momento e, vi assicuro, ce la sto mettendo tutta”.

Da giorni giravano voci su un suo possibile ritorno alle scene già al Masters di aprile. Voci che però sono state prontamente smentite. La speranza è quella di rivederlo in occasione della 150esima edizione dell’Open Championship a St Andrews, dove Woods vinse due delle sue tre Claret Jug. Tiger ama il fascino unico del torneo più antico del mondo e il tracciato di gara potrebbe ben adattarsi al tipo gioco che ci immaginiamo possa esprimere al suo rientro. I links necessitano astuzia e precisione più che potenza. Su un percorso duro e piatto Woods può ancora fare la differenza, soprattutto con il suo gioco con i ferri. 

Non resta che attenderlo di nuovo in campo. Non sarà più il Tiger Woods di 20 anni fa ma a noi importa solo che lui ci sia. Il resto non conta e ricordiamoci che ci ha abituati a bruciare ogni tappa nel recupero dai suoi tanti infortuni. 

Mai dire mai con lui.