Il mio augurio, come quello di ogni tifoso italiano, è che questa edizione possa di nuovo sorridere ai nostri. Sollevare il trofeo di casa darebbe un forte slancio a tutto il movimento.

Vista l’assenza di grandi nomi del golf mondiale dal field del torneo, l’edizione che ci stiamo preparando ad assistere, quella che andrà in scena al Marco Simone dal 4 al 7 maggio, sarà sicuramente caratterizzata dalla presenza di numerosi giovani campioni, che nell’ultimo periodo si stanno facendo conoscere grazie a ottimi risultati ottenuti in ambito internazionale.

Su tutti il vincitore dello scorso anno, lo scozzese Robert MacIntyre e i due fratelli Rasmus e Nicolai Højgaard. 

Oltre a loro mi auguro vivamente che a Roma potranno essere protagonisti finalmente anche i giocatori italiani, che sicuramente avranno tutto il tifo dalla loro parte e che, vista l’assenza dei top player impegnati in America, potrebbero realmente ritagliarsi un ruolo importante nel torneo.

Da appassionato e ovviamente da telecronista, mi dispiace non poter vedere in campo alcune delle stelle mondiali, come era stato l’anno scorso, quando abbiamo avuto il piacere di ammirare dal vivo Rory McIlroy.

Pronostico Ryder Cup

Sicuramente, in ottica Ryder Cup, sarà un vantaggio per alcuni giocatori che potrebbero far parte della squadra europea e che parteciperanno a questa edizione, provare il campo direttamente in gara. Testarlo in queste condizioni è certamente diverso che farlo nei giorni precedenti alla manifestazione. 

Facendo un piccolo pronostico in ottica Ryder Cup, visto lo stato di forma degli europei e gli ultimi risultati ottenuti sul PGA Tour e nel recente Masters con la splendida vittoria di Jon Rahm, al momento mi sbilancio e dico: 60% Europa e 40% Stati Uniti.

Sfide e obiettivi futuri per il nostro Open italiano

Tornando all’Open d’Italia e su come si potrebbe renderlo maggiormente di appeal negli anni a venire, non servirà intervenire sul montepremi, vista l’impossibilità di competere con gli ‘elevated event’ del PGA Tour o qualsivoglia altro torneo americano. Si dovrà invece puntare sulla qualità dei percorsi che verranno scelti in futuro e sull’organizzazione dell’evento nella sua totalità. Questo però non riguarderà solamente l’Open d’Italia, ma sarà un problema e una nuova sfida per tutto il golf europeo.

Dopo la Ryder dovremmo essere bravi a creare un nostro open che diventi un gioiellino, una sorta di fiore all’occhiello e un esempio per gli altri tornei del Vecchio Continente, puntando tutto sul Made in Italy, trovando ampi spazi da destinare ai parcheggi e migliorando le infrastrutture limitrofe ai campi selezionati per ospitare i prossimi Open nazionali. In questo modo si potrebbe provare a ingaggiare due o tre nomi di spicco del panorama golfistico internazionale.

Per un golf e un Open più smart, sostenibile e protagonista in Europa

Un altro aspetto che sarà fondamentale è il fattore calendario: il nostro Open dovrà necessariamente tornare nel mese di settembre, come lo era stato lo scorso anno e che per ovvie ragioni non poteva succedere quest’anno.

A livello internazionale mi auguro che la diatriba tra Liv Golf e DP World/PGA Tour possa risolversi e sfociare quanto prima in un circuito unico, come succede nel tennis. Un’altra problematica che in futuro dovrà essere risolta per il bene del nostro sport è sicuramente quella legata ai tempi di gioco. Basta vedere cosa è successo in occasione dell’ultimo Masters, con Patrick Cantlay e la sua interminabile routine che adotta prima di ogni singolo colpo. 

Il percorso

Sappiamo che il Marco Simone ha effettuato delle modifiche ad alcune buche in ottica Ryder Cup, ed è molto probabile che già durante l’Open d’Italia, magari nel weekend, si giochi dai battitori modificati: la partenza della 2 è stata spostata praticamente sui back tee della 16, così da avere una landing area più ampia dovendo a questo punto tirare il driver dal tee. Le buche 5 e 16 sono state accorciate, per far sì che i giocatori più potenti possano optare per una scelta più aggressiva, provando ad arrivare direttamente in green con il driver, aumentando lo spettacolo in campo, un po’ come succede alla buca 10 del Riviera Country Club o la 10 del Belfry.

Show assicurato dalle ultime tre buche del percorso, con la già citata 16, il difficile par 3 della 17 e il delicato par 5 della 18. In ottica match play questo finale sarà ancora più imprevedibile.