Dopo essere riuscito a passare il mio primo taglio nel major britannico, faccio comunque fatica a guardare il bicchiere mezzo pieno.

Questa 151esima edizione del The Open mi ha lasciato sicuramente più rimpianti che soddisfazioni.

Siamo giocatori professionisti, quindi quello che mi è successo durante l’ultima giornata al Royal Liverpool so che può capitare. Ma quando arriva è difficile da digerire, soprattutto perché mi sentivo molto bene durante tutta la settimana.

Sono ritornato a Hoylake dieci anni dopo la mia ultima volta. Era il 2013 quando su questo stesso percorso ho disputato da amateur un’edizione del British Boys. È un campo che mi piace molto ed era nelle mie corde, viste le mie caratteristiche e il saper lavorare la palla, con colpi schiacciati, da giocare controvento.

E lo si è visto durante i primi due giri, che mi hanno permesso di passare il mio primo taglio in un’edizione dell’Open Championship dopo quelli mancati lo scorso anno a St Andrews e nel 2021 al Royal St. George’s.

Il mio primo giro è stato molto solido, ho giocato davvero bene da tee a green, non ho imbucato molto ma sono stato regolare, riuscendo a concludere la giornata senza bogey. Tanta roba!

Il venerdì è stato più o meno la fotocopia del primo anche se ho imbucato ancora meno, con le uniche sbavature nelle ultime buche, poi tamponate con un bel birdie finale alla 18.

Peccato perché ho sbagliato due soli driver che mi sono finiti nei bunker del fairway, e quando finisci lì dentro, il bogey è quasi automatico. I primi due giri sono stati la prova di quello che sto attraversando in quest’ultimo periodo.

Devo stare tranquillo e provare ad essere più calmo in campo.

Analogo e sempre solido anche il giro di sabato, chiuso in par.

Ecco, se devo proprio guadare il bicchiere mezzo pieno, devo fermarmi qua: il giro di domenica proprio non ci voleva! 

Certo il clima non ha aiutato per nulla, con pioggia e vento che si sono abbattute sul percorso.

Posso dire che è stato un susseguirsi di episodi anche sfavorevoli, alcuni brutti approcci, putt mancati nelle prime buche e una palla finita in bunker sotto sponda.

Poi il disastro dei due colpi fuori limite sul tee della 8 che mi hanno dato definitivamente il colpo di grazia.

Dispiace davvero tanto per come è andata domenica, perché mi sentivo bene e nei primi tre giri avevo espresso davvero un ottimo gioco, ma questo è il golf e lo dobbiamo accettare così com’è.

Nel terzo e quarto round sono stato accoppiato in entrambe le giornate con lo scozzese Michael Stewart, che si trovava a disputare la sua prima edizione dell’Open Championship dopo aver superato le qualifiche. In campo abbiamo chiacchierato e mi ha raccontato che aveva addirittura smesso con il golf giocato, tanto da mettersi a fare il rider per Uber Eats.

Poi però con calma si è rimesso in carreggiata ed è riuscito a qualificarsi addirittura per disputare l’Open, pazzesco!

E chissà che non giochi anche l’edizione del prossimo anno, visto che si disputerà nel suo circolo di appartenenza, il Royal Troon, un campo mitico.

Complimenti a Manny!

Ci tengo in questo mio editoriale anche a fare i miei complimenti a Matteo Manassero per le due splendide vittorie sul Challenge Tour. 

Forse non tutti lo sanno, ma quando Matteo era sponsorizzato da Kinder e io stavo frequentando la seconda media, ho preso parte alla Kinder Academy insieme a Virginia Elena Carta e altri amici, tra cui Daniele Bomarsi, ora golf coach a Terre dei Consoli e Pietro Crema, con cui abbiamo vissuto questa bella esperienza di un anno insieme nella città di Alba, sede della Ferrero.

È per questo che ancora oggi mi escono delle espressioni e degli intercalari tipici piemontesi!

Come sapete adesso il DP World Tour si prende una lunga pausa, con il prossimo torneo che è previsto a fine agosto e così farò anche io.

Staccherò un po’ dopo queste settimane molto intense che mi hanno visto protagonista di alcuni buoni giri, tagli superati e un bel decimo posto nel BMW International Open in Germania. 

Andrò sicuramente in vacanza, per poi ritornare ad allenarmi e preparami al rush finale.

La speranza è quella di fare un piccolo miracolo, magari vincendo una delle prossime tre tappe del Tour e riuscire così a realizzare il mio sogno sportivo di questa stagione.