Si è appena chiuso un mese, quello di giugno, che ci ha regalato diversi spunti di riflessione su molti importanti fronti.

Partiamo dal più clamoroso. Martedì 6 giugno il golf mondiale salutava l’improvvisa notizia dello storico accordo tra PGA, DP World Tour e LIV. Un vero fulmine a ciel sereno che ha messo fine a oltre due anni di serrate battaglie, prima verbali e poi legali, tra il LIV, la Superlega creata dal Public Investment Fund, il fondo del Governo dell’Arabia Saudita, e i due principali circuiti professionistici, PGA e DP World Tour.

Come già dolorosamente accaduto al calcio, anche il nostro sport si è dovuto inchinare alle iperboliche risorse degli emiri. Si calcola che il PIF sia uno dei fondi di proprietà governativa più ricchi al mondo, con un patrimonio stimato di oltre 650 miliardi di dollari. Personaggi che hanno generato un vero e proprio terremoto negli equilibri economici e sportivi del sistema professionistico.

Una società comune

La notizia ad oggi resta però avvolta da molte ombre: per ora si parla soltanto della creazione di una nuova società comune che si occuperà di gestire le attività commerciali, con il PIF che avrebbe sborsato diversi miliardi quale principale investitore.

Nulla invece è trapelato su come verrà organizzata la parte sportiva, che resta il più grosso e contorto punto interrogativo. I giocatori che hanno rinunciato ai circuiti tradizionali per i petrodollari sauditi dal 1° gennaio 2024, almeno sulla carta, avrebbero la possibilità di tornare a giocare di nuovo su PGA e DP World Tour.

Sono bastati pochi minuti dalla notizia per scatenare sulla rete le dure reazioni dei giocatori fedeli all’establishment (vedi McIlroy e Rahm) e di molti addetti ai lavori. Questi hanno accusato il PGA Tour di ipocrisia, storcendo il naso su un possibile ritorno dei ‘figliol prodighi’ dopo la fuga verso il LIV. Una cosa è certa: rimettere insieme gli equilibri del golf professionistico mondiale sarà tutto fuorché un’operazione semplice dopo i pasticci fatti in questi ultimi due anni.

Tinte azzurre

Quello appena terminato è stato anche, e soprattutto, un mese a fortissime tinte azzurre. Dopo una prima parte di 2023 non certo brillante per i nostri colori, ecco finalmente il tanto atteso e desiderato colpo di coda, a meno di cento giorni dalla Ryder Cup del Marco Simone.

A rompere il ghiaccio ci ha pensato Matteo Manassero, che è tornato alla vittoria al Royal Golf Club di Copenhagen, a dieci anni di distanza dal suo storico titolo nel BMW PGA Championship. Come lui stesso ci ha raccontato, questa vittoria sul Challenge Tour paradossalmente ha un sapore ancora più dolce di quella di Wentworth. Quello di un campione finalmente ritrovato ad alti livelli che siamo certi si toglierà ancora molte altre soddisfazioni nei prossimi anni.

Manny ha indicato la strada e i nostri ragazzi lo hanno preso alla lettera. Andrea Pavan, dopo alcuni anni complicati alle prese con un gioco che sembrava perso, è tornato a brillare conquistando il Czech Challenge. Filippo Celli, una delle nuove grandi realtà del nostro movimento, la settimana dopo ha sfiorato il ‘triplete’ azzurro sul Challenge a Cadice, perdendo solo al playoff. Ci ha pensato Lorenzo Scalise il 18 giugno, al primo titolo personale sul Challenge al Kaskáda Golf in Repubblica Ceca. E ancora Luca Cianchetti, vittorioso nel Croara Alps Open.

Un giugno da favola, chiuso in bellezza con il ritorno tra i Top 10 anche di Guido Migliozzi nel BMW International Open del DP World Tour.

Luglio è tempo di grandi eventi europei, ricchi di fascino e tradizione, a partire dall’Open Championship. La strada è segnata ragazzi, carpe diem, la storia vi attende.