Da oltre due anni un italiano non sollevava un trofeo del DP World Tour. L’ultimo era stato Renato Paratore, che alla ripresa del circuito europeo dopo il lockdown, il 25 luglio del 2020 si impose nel British Masters al Close House Golf Club di Newcastle.

Fu un testa a testa tra l’azzurro e un’altra giovane promessa europea in piena rampa di lancio, Rasmus Højgaard, lo stesso che qualche mese prima aveva superato al playoff proprio il romano nell’AfrAsia Bank Mauritius Open. Esattamente ventisei mesi dopo la storia si ripete: Højgaard, diventato nel frattempo una delle nuove realtà del DP World Tour insieme al fratello gemello Nicolai, gioca come un fenomeno a Le National i primi due giri dell’Open di Francia. Tra lui e il migliore dei due azzurri che hanno superato il taglio, Guido Migliozzi, ci sono ben 13 colpi di differenza, un vero abisso.

Nel weekend però inizia un nuovo torneo: Højgaard si inceppa al via del terzo turno, spedendo clamorosamente tre palle in acqua al corto Par 3 della 2, chiuso con un pesantissimo quintuplo bogey. Ancora sotto shock, perde un altro colpo alla 3, bruciandosi in sole due buche l’enorme vantaggio sugli avversari. Uno pugno in piena faccia che avrebbe abbattuto pure Mike Tyson. Il danese invece gioca da lì alla fine del giro due sotto il par, restando avanti di una sola lunghezza. I 13 colpi di distacco da Migliozzi diventano solo cinque grazie al terzo giro impeccabile senza bogey del vicentino.

Come lui stesso ha più volte raccontato, Guido è un lottatore, uno che ama il profumo della battaglia, si esalta nei momenti cruciali, vive e si alimenta di adrenalina pura. E nella battaglia è in grado di dare il meglio di sé. Quello che ha fatto nel decisivo giro dell’Open di Francia è entrato dalla porta principale nei libri di storia di questo sport. Ha accettato la sfida e a colpi di talento, tecnica e carattere ha macinato cinque birdie consecutivi tra la 6 e la 10, portandosi a ridosso di Højgaard. La vera differenza tra un campione con la C maiuscola e un ottimo giocatore si vede nel momento della verità.

Mettete Guido in contention, su un campo infernale come Le National e il gioco è fatto. Quattro birdie nelle ultime cinque buche con il capolavoro della 18 a far saltare ogni appassionato sul proprio divano di casa. Un colpo impossibile non esiste nel vocabolario di Guido. Il suo secondo all’ultima buca è lo specchio di un carattere indomabile e di uno straordinario talento. Nessuno mai aveva preso l’asta a destra della 18 a Le National, nessuno mai avrebbe osato prendersi un tale rischio con il timore di rovinare tutto proprio sul più bello.

Timore appunto, un’altra parola che Guido cuor di leone non ammette. Provate oggi a riguardare quel colpo che in diretta ognuno di noi ha visto trattenendo il respiro. Guardate lo sguardo di Migliozzi osservando la sua palla. Sono gli occhi di un leone affamato, di chi sa che quel colpo è esattamente dove l’ha pensato e dove deve essere, in volo verso la gloria. Il modo in cui Migliozzi ha vinto il suo terzo titolo sul DP World Tour in carriera lo lancia ora di fatto in un’altra dimensione, perché in quel modo e in quelle condizioni vincono soltanto i grandi.

Quel colpo e quell’atteggiamento mi hanno riportato improvvisamente a un altro istante di pura fantascienza, quello di Rory McIlroy all’Irish Open del 2016. Nell’ultima buca del torneo, la temibile 18 del K Club, altro campo sede della Ryder Cup, il nordirlandese spara all’asta un impressionante legno 3 da 230 metri che termina a poco più di un metro dalla buca, per l’eagle finale e il titolo. Colpi del genere non si inventano, si hanno nel DNA. E quello di Guido cuor di leone lo porterà molto lontano.