Era il 1987, quando, dai sotterranei dell’Acquasanta (sede della Scuola Nazionale di Golf di allora) Roberto Rivetti, Presidente di Biella nonché uomo forte del Consiglio federale di quei tempi, prese una decisione la cui portata sarebbe stata realmente compresa solo molti anni dopo.

Alla Scuola per Professionisti, che viveva il suo settimo anno, e alla Scuola per Segretari, che proprio nell’87 era stata inaugurata, Rivetti volle affiancare corsi per insegnare le più avanzate tecniche di costruzione e manutenzione del tappeto erboso.

La Sezione Superintendent della Scuola venne in realtà aperta solo due anni dopo, nel 1989, e quel lasso di tempo fu occupato per le indispensabili necessità organizzative, quali la ricerca di un referente scientifico e di una sede in grado di ospitare tre corsi in contemporanea.

Del professor James Beard abbiamo già scritto l’anno scorso proprio su queste pagine in occasione della sua scomparsa.

Ma è bene ribadire che buona parte della credibilità internazionale di una istituzione, oggi ormai trentennale, va ascritto sicuramente alla sua figura di docente, scienziato e tecnico.

Si apre a Le Querce

La sede fu finalmente individuata a Sutri, 42 chilometri a nord di Roma, all’interno del Centro Tecnico Federale.

Si trattava di un ibrido strutturale essendo di proprietà FIG, ma con golf (allora si chiamava Le Querce) a gestione privata e continue sovvenzioni pubbliche (di noi golfisti).

La costituzione del quadro docenti fu più complessa e prolungata in quanto si volle una formazione specialistica che l’Italia universitaria di allora (ed in buona parte ancora oggi) non era in grado di fornire.

Fu così che College Station, 50.000 studenti nel cuore del profondo sud degli States, sede della Texas A & M University, la più grande Università USA per il settore agricoltura, divenne per qualche tempo la mia casa, quella di Francesco Modestini e, in epoca successiva, quella di Alessandro De Luca.

Certo che allora, presi come si era dalla novità della grande provincia americana, non potevamo certo pensare che a distanza di 30 anni saremmo stati ancora qui a occuparci di Scuola, di Sutri e di Superintendent.

La rivoluzione della formazione professionale

Non vi è dubbio infatti che se ci si vuole addentrare nei dettagli delle operazioni manutentive, così come in quelli che riguardano le fasi di costruzione di un tappeto erboso sportivo, esiste un prima e un dopo la Scuola.

La creazione di un Istituto di formazione professionale del settore ha infatti rivoluzionato le pratiche manutentive, le quali, salvo rare eccezioni, erano condotte da personale di bassa qualifica, poco aggiornato e spesso anche disinformato.

La soluzione dei vari problemi che di volta in volta si presentavano ai manutentori dei campi da golf dell’epoca era spesso affidata, salvo come detto poche, ma importanti eccezioni, alla consuetudine d’uso, alla tradizione, all’esperienza, ma anche alla passione e all’impegno dei vari capi greenkeeper.

Come detto però qualche eccezione è bene menzionarla. Ricordo, quando ancora sedicenne, e golfista per “propensione familiare”, Attilio Filippi, greenkeeper allora del Golf Torino, ma anche uno dei primi diplomati tra i Periti Agrari in Italia e in un certo senso il tecnico più preparato di quei tempi, mi faceva notare le differenze di comportamento tra le varie essenze presenti allora sui fairway.

Allo stesso modo mi spiegava i motivi per i quali sarebbe stato meglio rimuovere la rugiada prima di accedere al tappeto con il trattore e i nove rulli trainati per effettuare il taglio dell’erba.

In periodi meno lontani, quando già la sacca da golf, la mia, era in garage ad ammuffire, la vicinanza e l’amicizia con Mauro Salvi, greenkeper a Garlenda, ma per meglio dire primo violino di un’orchestra il cui Direttore era Gianfranco Costa, mi permisero di approfondire meglio tutta l’importanza e la necessità di mantenere un approccio scientifico per la soluzione di qualsiasi problema.

All’epoca probabilmente non me ne rendevo conto, ma, con il senno di poi, posso ora dire di aver conosciuto in Mauro Salvi l’ultimo dei greenkeeper, quelli cioè che hanno fatto tesoro delle proprie esperienze, e, al tempo stesso, il primo dei superintendent, quelli cioè che arrivano alla soluzione dei problemi con le corrette tecniche manutentive.

Sempre con il senno di poi, si può facilmente dimostrare come il 1989 rappresentò un vero e proprio spartiacque fra la tradizione e la tecnica codificata, tra le cure estemporanee e quelle che miravano alla eradicazione delle problematiche, tra la consuetudine e l’approccio scientifico.

Il fiore all’occhiello della Federgolf

Ai superintendent di oggi risulta assolutamente normale lavorare di topdressing e rullatura per migliorare la scorrevolezza dei green, ma i loro predecessori non diplomati conoscevano solo il taglio basso per venire incontro a questa “esigenza” dei golfisti.

Per non parlare dell’uso della corretta terminologia, con il totale abbandono di termini quali ad esempio scarifica e terricciatura e, di contro, l’abituale adozione di termini quali ad esempio syringing, grooming, drilling, ecc, ecc.

Don Peppino Silva, Presidente FIG di lungo corso, ma anche uomo di non comuni doti progettuali, soleva spesso ripetere che la Scuola Nazionale di Golf rappresentava il “fiore all’occhiello della FIG”.

Tutto sommato questo fu vero, per un certo periodo di tempo, sia a livello nazionale che in campo internazionale.

Limitandoci alla Sezione Tappeti Erbosi, centinaia di diplomati che prestano la loro opera nei campi da golf italiani e stranieri con soddisfazione dei propri datori di lavoro sono la migliore dimostrazione che il fiore all’occhiello di Don Peppino ha funzionato e continua a farlo.

Ma la Sezione non si è certo fermata a questo: 32 pubblicazioni scientifiche da parte dei suoi docenti, attività sperimentale i cui frutti sono sotto gli occhi di tutti (vedere ad esempio l’introduzione della bermuda a partire dai primi anni 90 non solo nella penisola, ma addirittura al di sopra del 45° parallelo), riconoscimenti internazionali di grande valore e rapporti professionali con tutte le più importanti organizzazioni mondiali di ricerca scientifica nel settore. Una struttura didattica e di ricerca che non ha avuto pari in Europa per molti anni.

Ad esempio solo un decennio dopo Francia e Spagna, paesi a base golfistica molto più avanzata della nostra, si sono dotate di strutture simili.

Lo stesso Regno Unito, con milioni di praticanti, all’epoca aveva solo lo S.T.R.I. (Sports and Turf Reseach Center) di Bingley che oggi, come allora, presenta aspetti commerciali poco in sintonia con la ricerca scientifica indipendente.

Venti di chiusura

Di certo la figura di Beard, il numero uno al mondo, a farci da chioccia e da rompighiaccio nel mondo scientifico è stata fondamentale per ottenere tutti i riconoscimenti internazionali che abbiamo avuto nella nostra storia.

Però tutto sommato crediamo che in buona parte anche il nostro impegno, la nostra passione, il nostro intento di lasciare un segno importante nel mondo del golf , sia stato di aiuto e di ausilio ai fasti della Sezione Tappeti Erbosi.

Come spesso accade però tutto ha una fine. Questo purtroppo sta accadendo anche alla Sezione e probabilmente alla Scuola nel suo complesso.

Il trentennale di Sutri è stato organizzato proprio nel momento in cui le glorie del passato della Sezione Tappeti Erbosi sono un lontano ricordo e proprio quando viene paventata sempre più spesso la sua chiusura.

Ma come è stato possibile tutto questo? Cosa può essere successo perché una struttura che, per oltre un decennio, è stata il punto di riferimento a livello europeo della didattica e della ricerca sul tappeto erboso stia ora recitando un de profundis?

Tutto iniziò con l’allontanamento di Roberto Rivetti. Un uomo del genere, di grandi conoscenze golfistiche, di illuminata progettualità, di assoluta indipendenza, e non condizionabile da giochi politici, era la persona giusta al posto giusto nell’era Silva.

Il taglio degli investimenti

L’avvento di Roberto Livraghi alla Presidenza FIG mutò in parte un equilibrio, forse ancora troppo fragile, all’interno del quale la Sezione Tappeti Erbosi veniva vista come una creatura di Rivetti, una sorta di porto franco che a volte non era sempre in perfetta sintonia con le politiche federali di allora.

Rivetti venne designato consigliere ad honorem e il perfetto meccanismo del promoveatur ut amoveatur (letteralmente promosso affinchè sia rimosso) consentì di togliere la Scuola dalla sua influenza, ma soprattutto di depotenziare tutta l’attività rivettiana.

A poco a poco alle Sezioni Segretari e Superintendent, quelle storicamente sotto il controllo diretto di Rivetti, vennero meno finanziamenti, vennero tolti servizi essenziali a favore dei circoli (ad. esempio i corsi per operai, le oltre 100 visite tecniche annuali di consulenza gratuita, le risorse per l’aggiornamento e la ricerca scientifica, ecc, ecc).

Il colpo di grazia toccò alla fugace e distruttiva (quantomeno per le due Sezioni della Scuola) permanenza alla Presidenza Federale di Giorgio Fossa, che tagliò quasi del tutto l’attività.

Il trend continuò sotto la prima Presidenza Chimenti, ma qui mi fermo perché cessa la mia testimonianza oculare dei fatti, e dei 15 anni successivi sarebbe più corretto che ne parli il mondo del golf nel suo complesso.

Il trentennale della Sezione Tappeti Erbosi, sia pure celebrato con il grande piacere di ritrovare vecchi amici e tecnici preparati, di rivivere ancora una volta la calda atmosfera di empatia e simpatia che ci ha legati per tutti questi anni, ci lascia però anche una punta di amarezza per quello che poteva essere e non è stato, per quello che si poteva fare e non ci è stato concesso di farlo non ultimo il mancato coinvolgimento nella ristrutturazione del Marco Simone, percorso che ospiterà la Ryder Cup 2020.

Ed amarezza anche per tutti coloro che ci hanno dato un formidabile appoggio e che oggi non sono più tra noi.

A Giuseppe Silva, Roberto Rivetti, Gianfranco Costa, Alberto Mascherpa vada il nostro eterno ricordo e riconoscenza.