Pensate per un momento al Marocco. Cosa vi viene in mente? Certamente Marrakesh e Agadir, forse Casablanca, ma solo perché i voli di linea lì arrivano. E se vi dico di pensare al golf in Marocco? Il pensiero va sempre a Marrakesh e Agadir dove esistono campi bellissimi che completano un’offerta turistica molto interessante che non può più fare a meno del golf. Buona parte dei campi in queste località sono collegati a bellissimi hotel, spesso di lusso, proprio per offrire al turista il divertimento preferito. Per visitare gli straordinari monumenti di queste (e altre) città, ci si affida come sempre a organizzazioni locali con guide turistiche che in pochi giorni vi danno un’idea di questo straordinario paese. Ma quando viene voglia di giocare (alzi la mano chi resiste più di qualche giorno senza prendere in mano ferri e palline), la cosa migliore è di avere l’albergo proprio sul campo. È così un po’ ovunque perché si risponde alla domanda di golf ormai uguale in tutto il mondo. 

Ma per il golf, in Marocco esistono altre realtà: in questa nazione del nord ovest dell’Africa vi sono trentasette campi, il più straordinario dei quali è completamente fuori dalle tradizionali rotte turistiche. Parlo del Golf Club Dar Es Salam a Rabat, capitale del Marocco. Rabat è una città bellissima, a circa 120 chilometri a nord est di Casablanca, e da lì la si raggiunge o con una bella e ampia autostrada o con il TGV. Il Marocco è stato il primo paese africano ad adottare il treno ad alta velocità: per non sbagliare, hanno scelto la tecnologia più collaudata, quella francese, e dal 2018, anno di inaugurazione della prima linea, oggi il TGV serve già le principali città (Rabat, Tangeri, Casablanca e Kenitra).

Colorful and intricate Mosaics in Rabat, Morocco – Fountain

Una volta giunti a Rabat (600.000 abitanti, 2 milioni se si considera l’area urbana), avrete altre sorprese: se preferite muovervi con i mezzi pubblici, in città troverete dei nuovissimi e tecnologici tram che la attraversano sulle direttici principali. Se preferite usare l’auto, non abbiate timore: il traffico è ordinato, ci si muove sempre a velocità moderata (massimo 60 km/h, sempre rispettato), ci si ferma al semaforo rosso e tutti danno la dovuta precedenza. Se a questo aggiungiamo viali alberati con il verde perfettamente manutenuto, marciapiedi lindi e perfetti ed una edilizia fatta di edifici bassi ed urbanisticamente adatti al territorio (l’unico palazzo troppo alto è quello delle Telecomunicazioni, quasi in periferia), capirete che ci troviamo in un posto eccezionale e sorprendente.

Non vi parlerò di monumenti ed attrattive turistiche, dati che troverete nelle tante guide turistiche che potrete comperare dal vostro libraio. Ma del senso di sicurezza e modernità che si ha camminando per le vie o andando nelle varie Mall di impostazione occidentale, questo sì. Ed è così che ti accorgi che è una società che sta rapidamente cambiando, avvicinandosi a canoni a noi più usuali. Te ne accorgi, sì, dai TGV e dalle auto tutte nuove e moderne, ma soprattutto dal comportamento delle persone: i giovani si frequentano liberamente, ragazzi e ragazze vanno nei locali alla moda senza restrizioni, i meno giovani guardano i nuovi comportamenti come un fatto ormai normale. Merito soprattutto, mi diceva l’autista che mi portava all’aeroporto, dei social.

Anche qui vedono quello che succede nel mondo e quindi il cambiamento avviene senza traumi e rapidamente: è l’aspetto positivo dei nuovi mezzi di comunicazione. Una modernità che si vede anche nell’aspetto urbanistico. Ho già detto degli edifici bassi, ma lo studio urbanistico della viabilità è evidente: tutti i viali importanti sono alberati in maniera uniforme, le strade sono adeguatamente larghe con corsie per il tram messe nei posti giusti e marciapiedi su ambo i lati, rotonde grandi e scorrevoli. Sembra una città nata da poco, anche se la storia ci dice che i primi insediamenti risalgono all’epoca punica, la fondazione è datata 1150, fu invasa più volte ed esiste ancora la città fortificata eretta in diverse fasi storiche. 

Golf Dar Es Salam

Ma torniamo al golf. Per arrivarci dal centro città, bisogna percorrere Avenue Mohammed VI, un viale alberato, lungo una decina di chilometri, tutto dritto: si attraversa il quartiere delle ambasciate, dove la presenza della polizia è molto discreta. Ad un certo punto, si svolta a destra e si percorre un viale che si inoltra nel parco dove sorgono i percorsi. Ci troviamo così dentro la foresta di sugheri che caratterizza il Golf Dar Es Salam: è la foresta di Maamora, grande 130.000 ettari, lungo decine di chilometri e dove cresce il 50% delle piante di sughero del paese. Sul bordo strada si vedono ordinati mucchi di corteccia raccolti e destinati alla produzione (forse di tappi, forse di materiali isolanti). Appena entrati nel circolo, c’è la bellissima Clubhouse dedicata al più stellato degli chef Joel Rubuchon e gestita dal suo discepolo Stéphan Coco. Il livello della cucina è così garantito. 

Dalla club house partono tre percorsi che si sviluppano nella immensa foresta, coprendo un totale di 440 ettari. Il fatto unico è che all’interno del complesso non vi sono costruzioni: è uno straordinario polmone verde voluto dal Re Hassan II. Grande appassionato di golf, il Re nel 1971 incaricò Trent Jones Sr per la realizzazione di questa iniziativa allora molto lungimirante e moderna. La mano dell’architetto anglo-americano è evidente: i percorsi sono molto scenici e tagliati netti nella natura incontaminata. Tutto intorno c’è la meravigliosa foresta di sugheri, con un sottobosco sempre pulito. I fairway sono larghi, con un manto erboso molto bello e perfetto di agrostide stolonifera che premette di avere percorsi uniformi ed elastici. Simone Rees, il tecnico agronomo e head greenkeeper, con precedenti esperienze negli USA e in Australia, ci dice che la manutenzione dei campi non presenta particolari problemi grazie all’abbondante acqua (tutta riciclata) presa da uno dei due depuratori pubblici di Rabat normalmente utilizzati per il verde pubblico (loro consumano il 35% del depurato) e al meteo straordinario di questa zona. In effetti le statistiche danno temperature massime a luglio ed agosto intorno ai 28 gradi mentre a gennaio le massime arrivano a 18 gradi, ma senza mai scendere sotto gli 8 di notte. Il tutto grazie alle brezze dell’Oceano Atlantico, su cui si affaccia la capitale marocchina, che creano un clima temperato. I campi sono quindi aperti tutto l’anno e anche durante il periodo estivo, quando i campi dell’entroterra sono impraticabili nelle ore centrali per il caldo desertico, qui si gioca tranquillamente senza neppure un briciolo di afa.

Ma se i fairway sono meravigliosi e molto scenici, è vicino ai green che le cose si complicano: sul ‘Parcours Rouge’ (quello dove hanno giocato l’Asian Tour) i bunker sono profondissimi e spesso circondano quasi totalmente green sopraelevati e molto, molto mossi, al punto che il greenkeeper ci ha detto che non hanno avuto bisogno di farli diventare più veloci per l’Asian: erano già difficili così. Strano per essere stati disegnati da Trent Jones, ho pensato. Ma poi, parlando con Rees, scopro che i green sono stati rivisitati nel 2017 dallo Studio D.H. Dunkan Architects, proprio con l’obiettivo di rendere il percorso più difficile. E direi che ci sono riusciti perché, per giocarci, oggi è richiesto un 18 di handicap minimo sul percorso rosso. Jalil Benazzouz, Presidente della Commissione Sportiva Marocchina, mi ha confessato che quando gioca qui, se sbaglia diverse buche, si consola perché è su uno dei percorsi più belli e difficili del mondo. Pur volendo vedere un po’ di partigianeria in questa affermazione, il percorso è indubbiamente bellissimo e fatto bene, dove però gli errori si pagano cari (testimonianza diretta dello scrivente). Anche i pochi laghi qui sono strategici perché non sono solo scenici, ma entrano in gioco perché posti intorno a green che pendono fortemente verso di essi, soprattutto sulla 12 e la 17. Le ‘signature holes’ sono due: il par 3 della buca 9, con la solita isola in mezzo al lago, e la buca 11 che, a metà del fairway, passa a fianco di quattro colonne romane provenienti dall’entroterra marocchino e messi scenicamente lì sul bordo del lago. 

Il secondo percorso, denominato ‘Parcours Bleu’, è un 18 buche altrettanto bello, inserito nello stesso paesaggio di sugheri e con fairway altrettanto perfetti, ma dove i green sono più facilmente approcciabili per il giocatore medio. Non aspettateveli semplici, perché non è assolutamente un ripiego, ma i bunker sono meno profondi, meno in gioco e quindi rendono la vita più facile. Ci sono invece numerosi dogleg che nascondono i green e quindi la strategia di gioco è più importante che sul rosso. Sul ‘Parcours Bleu’ basta un handiicap minimo di 28 per accedere al gioco. La differenza tra i due percorsi si può riassumere nei dati tecnici: il rosso è un Par 73, lungo 6.980 metri, con uno slope di 155 per le partenza Pro; il blu è invece un Par 72 di 6.467 metri, e con uno slope di 143, sempre per le partenza Pro. 

Infine, c’è il ‘Parcours Vert’: un nove buche aperto a tutti. Lo usano i principianti per scendere le prime volte in campo accompagnati dal maestro; lo usano i più bravi (molte squadre europee vengono qui in inverno) perché fanno tanto campo pratica al mattino e poi fanno 9 buche con il coach per provare i colpi; e lo usano coloro che vengono a pranzo, fanno qualche buca con gli amici, giocano un paio di ore e tornano al lavoro. È decisamente più facile, con l’acqua che non entra mai realmente in gioco e qualche bunker curioso con le sponde inclinate in tavole di legno, il che invita chi ha problemi con la sabbia, a usare il putter anziché il sand, evitando le abituali figuracce. 

Calcolato su 18 buche, è un Par 64, lungo 4222 metri e ha uno Slope di 116 dai tee dei Pro. 

Una serie di percorsi che attrae, quindi, molta gente, soprattutto europei che vogliono svernare in una località bella, soleggiata e ragionevolmente poco costosa. E allora il Golf Dar Es Salam ha messo a punto una politica molto aggressiva per attrarre e fidelizzare gli stranieri. Il Green Fee per il percorso rosso costa 110 euro, per il Blu si spendono invece 77 euro, mentre per il verde (9 buche) ne chiedono 27. Ma sono gli abbonamenti che sono molto interessanti. Quello annuale viene 1.024 euro. Se si è in coppia si pagano (in due) euro 1.314. Capirete che molti turisti, soprattutto nordici, tornano più volte durante l’inverno per sfruttare queste quote annuali molto convenienti. Ci sono poi molte altre formule per attrarre gli utenti: dal semplice accesso al circolo, alla possibilità di usare il complesso dei servizi esistenti come la piscina o i sentieri per passeggiare o correre (ci sono oltre 15 km di sentieri). Per i pernottamenti non c’è che l’imbarazzo della scelta in città: dalle catene alberghieri più famose, se volete rimanere in ambienti a cui siete più abituati, ai ricercatissimi Riad, che ti fanno entrare nell’atmosfera più tradizionale del Marocco. Per il transfer dall’albergo al campo non c’è alcun problema: il Golf è organizzatissimo con navette che vi vengono a prendere e riportare: basta chiederlo al ricevimento o al campo stesso e ci pensano loro. 

Per arrivare dall’Italia ci sono voli diretti di RAM – Royal Air Maroc da Malpensa, Venezia, Bologna e Roma su Casablanca e da lì c’è il transfer di un’ora e mezza per Rabat. Se invece volete volare direttamente sulla capitale, dovete prendere un volo Air France, via Parigi che atterra a pochi minuti dall’albergo o dal campo. Ma per questa parte, vi consiglio di rivolgervi alla vostra agenzia di viaggi di fiducia. Per entrare in Marocco bisogna avere il passaporto con durata residua di almeno 6 mesi (la carta di identità è sufficiente solo nei viaggi organizzati con più di 8 persone), mentre per il Covid bisogna compilare un modulo da consegnare all’arrivo per dire dove eravate seduti in aereo e con i recapiti in Marocco, ciò nel caso in cui dovesse risultare un caso di positività in aereo.