Da quanto tempo sui due principali circuiti golfistici mondiali, PGA ed European Tour, non assistiamo a un successo di un dilettante?

Negli Stati Uniti l’ultimo amateur a firmare un impresa simile è stato Phil Mickelson, che esattamente 30 anni fa questa settimana, nel 1991, si impose nel Northern Telecom Open.

In Europa l’ultimo exploit di un dilettante risale invece al 2009, quando l’allora 22enne Shane Lowry divenne l’eroe di casa, imponendosi alla terza buca di playoff su Robert Rock nell’Irish Open.

Sul massimo circuito europeo il primo in assoluto fu Pablo Martin, che nel 2007 vinse l’Estoril Open de Portugal. Ci vollero ben 1.145 tornei perchè questo accadesse dall’anno della fondazione nell’European Tour, nel 1972.

Dopo Martin fu poi la volta del neozelandese Danny Lee, che si portò a casa nel 2009 il Johnnie Walker Classic a soli 18 anni e 213 giorni, diventando allora il più giovane vincitore nella storia del circuito continentale.

Shane Lowry nel 2009 fece addirittura di meglio: il suo incredibile successo da dilettante all’Irish Open avvenne adirittura all’esordio assoluto in una gara dell’European Tour.

Ma oggi, nel 2021, è davvero così improbabile che un amateur possa ancora imporsi su PGA o European Tour, superando i più esperti e navigati professionisti?

Vedendo gli ultimi risultati di molti giovani in rapida ascesa e da poco passati al professionismo non sembra proprio. Prendiamo il caso di Matthew Wolff: il 21enne californiano è passato pro nel giugno del 2019, facendo il suo debutto sul PGA Tour al Travelers Championship.

Non fu certo una prima volta da ricordare la sua, con un 80° posto da dimenticare, ma la prima vittoria era dietro l’angolo: solo due settimane dopo trionfa nel 3M Open, a un mese esatto di distanza dal suo ultimo titolo amateur, l’NCAA Championship.

Collin Morikawa e Viktor Hovland, che sono passati pro come Wolff nello stesso mese di giugno del 2019 e che stanno facendo benissimo sul PGA Tour, non sono stati certo da meno.

Pochi mesi dopo la vittoria di Wolff al 3M Open, Morikawa si è imposto nel Barracuda Championship e oggi vanta nel suo palmares altri due titoli conquistati nel 2020, il Workday Charity Open e soprattutto il PGA Championship, il major giocato ad Harding Park lo scorso agosto.

Il norvegese Viktor Hovland, che come Wolff ha frequentato la Oklahoma State University, ha vinto nel febbraio del 2020 il Puerto Rico Open, e lo scorso dicembre si è ripetuto nel Mayakoba Golf Classic in Messico.

Sebbene tutti e tre fossero usciti dal college già in grado di imporsi in un evento professionistico, nessuno di loro è riuscito a vincere sul PGA Tour da dilettante, evento accaduto solo sette volte nella storia del massimo circuito statunitense dal 1940 a oggi.

L’ultimo, come già detto, fu Phil Mickelson nel lontano 1991, che si impose nel Northern Telecom Open a soli 20 anni nel primo dei suoi 44 successi ottenuti in carriera sul PGA Tour.

Il modo in cui Mickelson divenne il secondo dilettante a trionfare sul PGA Tour dai tempi di Doug Sanders, che nel 1956 vinse il Canadian Open (l’altro fu Scott Verplank nel Western Open del 1985), è una storia che vale la pena raccontare.

Al termine del terzo giro del Northern Telecom Open 1991 al Tucson National Mickelson aveva preso la testa del torneo con due colpi di vantaggio.

Nell’ultimo round un triplo bogey di Lefty al par 5 della 14 lo aveva fatto passare da leader con un colpo di vantaggio a quinto, con tre lunghezze da recuperare sulla testa.

A contendersi il titolo sembravano restare due veterani, Tom Purtzer e Bob Tway. Ma durarono poco: Purtzer firmò un pesante doppio bogey alla 18, mentre Tway chiuse in bogey la 17.

I due birdie finali di Mickelson invece spalancarono al 20enne mancino californiano clamorosamente le porte del successo finale.

“Sono passato dall’avere il più grande nodo allo stomaco della mia vita a una felicità immensa in mezz’ora” – ha ricordato Mickelson a 30 anni da quel suo primo successo.

Un finale il suo che non passò certo inosservato: “Non avrei mai pensato di vedere qualcuno riprendersi da un triplo bogey in quel modo e così in fretta”, disse al termine Corey Pavin su Mickelson, che quell’anno aveva eguagliato nientemeno che uno dei tanti record di Jack Nicklaus come secondo giocatore nella storia del golf a vincere U.S. Amateur e NCAA Championship nello stesso anno.

Dopo quell’incredibile vittoria nel deserto dell’Ariziona, Mickelson tornò all’università per laurearsi in psicologia, prima di passare professionista la primavera del 1992.

Anche se sul PGA Tour sono passati ormai 30 anni dall’ultimo acuto di un amateur, nelle ultime stagioni in molti ci sono andati vicino. Nel 2016, Jared du Toit ha iniziato il 4° giro dell’RBC Canadian Open in testa di un colpo, ma il suo 71 finale gli ha consentito di chiudere il torneo solo al 9° posto.

All’inizio dello stesso anno, Lee McCoy chiuse il terzo giro del Valspar Championship con un 66, cinque sotto il par, ma il 69 del round finale all’Innisbrook Resort lo lasciò tre colpi fuori dai playoff, al quarto posto.

Nel 2015 l’allora amateur irlandese Paul Dunne condivise la prima posizione al termine del terzo giro dell’Open Championship a St Andrews, ma il suo 78 finale lo ha relegato al 30° posto.

“Appena passi pro cambia tutto – ha affermato Adam Scott, che da amateur fece ottimi risultati nei tornei Open disputati, tra cui spicca il sesto posto al Moroccan Open 2000 dell’European Tour e il quinto nel Benson and Hedges International dello stesso anno. “Nei primi mesi da professionista accumuli un’incredibile esperienza: sei come una spugna, che assorbe tutto, assorbe e impara. Il miglioramento è molto rapido. I dilettanti invece non hanno questa opportunità, non vivendo appieno il circuito ma solo sporadicamente”.

“Nel PGA Tour possiamo giocare ogni settimana – aggiunge Collin Morikawa -. I ragazzi ancora amateur non possono invece pianificare le loro partecipazioni sul Tour o pensare di giocare 15/20 gare all’anno. Molto probabilmente avranno uno o due occasioni e basta in cui dovranno mostrare subito il loro valore, senza margine di errore. Per molti di loro si tratta della prima volta sul Tour, la prima in cui vedranno da vicino un gruppo di ragazzi che fino al giorno prima hanno idolatrato. Non è quindi per nulla facile essere catapultati in un nuovo mondo e diventare immediatamente dei vincenti”.

E vincere sui principali circuiti mondiali, con così tanta concorrenza di alto livello, sta diventando sempre più difficile.

“I giocatori più giovani sono migliori rispetto a quelli di una volta – ha aggiunto Adam Scott -, ma non si vedono più tre o quattro ragazzi che conquistano cinque o sei vittorie a stagione, e nemmeno chi domina come ai tempi di Tiger Woods e di Vijay Singh, che all’anno si imponevano anche nove o dieci volte. Ci sono molti più giocatori di alto livello rispetto a prima per cui per un amateur pensare di vincere è diventato ancora più duro rispetto a prima”.

Può quindi un dilettante nel PGA Tour di oggi fare quello che Mickelson fece tanti anni fa?

“Potrebbe, non vedo perché no – ha detto Morikawa. Quando ero alla fine del college mi sentivo già pronto per giocare e vincere sul Tour. Qualunque sia il tuo livello di esperienza alla fine della giornata è solo golf. Chi gioca meglio per quattro giorni vince. Ma non è per nulla facile mantenere lo stesso livello di gioco e mentale per l’intera durata di una gara del Tour”.