Le uscite dell’ex numero uno del mondo sui canali social sono monitorate tanto quanto i tweet del presidente Donald Trump, ma quello che Tiger Woods ha dichiarato ultimamente sulle palline ha scatenato una serie infinita di reazioni in tutto il settore. Dichiarazioni che Tiger ha puntualmente ripetuto al termine dell’Hero World Challenge, torneo organizzato dalla sua fondazione e che ha visto il suo ritorno in gara, con risultati più che soddisfacenti.

“Se l’evoluzione tecnologica delle palle da golf continuerà senza freni, ben presto le gare del PGA Tour dovranno essere giocate su percorsi molto vicini alle 8.000 yard – ha sentenziato Tiger -. Dobbiamo fare qualcosa. Ormai le nuove palle consentono di coprire distanze incredibili e, se un club vuole costruire un percorso da campionato, è obbligato a ragionare su un totale tra le 7.400 e le 7.800 yard, con conseguente aumento sostanziale dei costi di realizzazione. Se la tecnologia applicata al golf e ai materiali continua con questo ritmo non siamo troppo lontani dall’essere costretti a realizzare tracciati di almeno 8.000 yard per ospitare degnamente eventi professionistici. E questo non può che spaventare visto che parliamo di ingenti risorse economiche in più, al momento non affrontabili se non da parte di pochissime realtà a livello mondiale.”

Tiger , seguendo Jack Nicklaus e Gary Player, si è lasciato andare a queste esternazioni dopo aver constatato come si sia allungato il gioco negli ultimi anni grazie alle palline di nuova generazione. “È davvero sorprendente quanto oggi sia in grado di far volare lunga e profonda una palla. Sono tornato a coprire le distanze che facevo una volta anche se non ho mai cercato la lunghezza. Non mi ero reso conto di quanto avessi perso in termini di potenza a causa dei miei infortuni alla schiena fino a quando mi sono trovato a non poter effettuare un colpo pieno. Ora che piano piano ho recuperato lo swing completo posso comprendere il grande vantaggio che le palline di oggi possono dare in termini di prestazioni.”

Il 14 volte campione major si è espressamente dichiarato favorevole a un drastico cambio nel gioco, andando a modificare prima di tutto la palla. “La USGA ci sta ragionando da tempo, ipotizzando importanti modifiche – ha aggiunto Tiger -. Alcuni test e ricerche sono in corso per verificare quale sarebbe l’impatto sul gioco professionistico se si limitassero le prestazioni delle palline di un 10, 15 o 20% in meno rispetto a oggi.”

Dichiarazioni su toni molto simili sono arrivate nei giorni scorsi anche da un superbombardiere come Dustin Johnson, numero uno del mondo e secondo nella scorsa stagione nella classifica dei drive più lunghi. Johnson ha anche sottolineato che il golf è l’unico sport in cui i protagonisti non giocano tutti con la stessa palla, come invece succede nei vari tipi di football, in basket, rugby, baseball, tennis, ecc. Ma D.J. è andato perfino oltre, insinuando che una palla meno performance potrebbe addirittura aiutare chi la spara più lontano.

Il sasso perciò è stato lanciato su un tema tanto sentito quanto delicatissimo, considerando l’enorme fetta di fatturato che la voce palline genera a livello mondiale per le principali case di attrezzatura. La continua evoluzione tecnologica di materiali e accessori ha portato il golf a un livello di performance mai raggiunto prima d’ora, amplificato all’ennesima potenza se si parla di professionisti. Ma allora non è forse il caso di iniziare a pensare a una palla omologata solo per le gare del Tour, come del resto dichiarato dal CEO della Bridgestone, Angel Ilagan, lasciando invece libero spazio all’innovazione per quelle riservate a milioni di amateur?