Nell’anno in cui il calendario golfistico mondiale subisce un vero e proprio stravolgimento, con lo spostamento di molti storici tornei a nuove date ci sono certezze che né il passare del tempo né il potere dei soldi possono mutare.

Il Masters sta ad aprile come Wimbledon all’erba, giusto per usare un paragone per nulla casuale in fatto di stile, peso e tradizione.

Vero, cambia la settimana, non più la prima ma la seconda del mese, semplicemente per dare spazio al Players Championship di Sawgrass, ora in programma a marzo, ma la sostanza poco cambia.

L’inizio della primavera, l’esplosione dei colori e dei profumi ha un solo volto, quello immutabile e inarrivabile dell’Augusta National Golf Club.

L’inizio della sua leggenda ha una curiosità che vale la pena ricordare: l’idea originale dei suoi due fondatori, Bobby Jones, il più grande amateur di tutti i tempi, e Clifford Roberts, noto banchiere newyorkese degli anni ’30, era quella di dar vita a un club per la ricca élite americana che avrebbe un giorno ospitato lo U.S. Open.

Il club avrebbe avuto due campi da 18 buche, 1.800 soci e una serie di case costruite intorno ai percorsi.

Nessuna di queste quattro cose si è avverata. Sebbene il campo disegnato da Alister MacKenzie fosse molto apprezzato, la USGA non prese mai in considerazione la possibilità di giocarci lo U.S. Open per le alte temperature della Georgia a giugno. Così il circolo decise di creare un proprio torneo nel 1934, dando inizio di fatto al suo straordinario mito.

Oggi Augusta e il Masters sono un’icona assoluta, un campo e un torneo fuori dall’ordinario per pubblico, addetti ai lavori e protagonisti, e la sua Giacca Verde è il raffinato simbolo di un successo capace di segnare profondamente la carriera e la vita di chi la indossa.

Toccherà al texano Patrick Reed, il vincitore dello scorso anno, aprire la settimana con la tradizionale cena dei campioni del martedì, al cospetto di tutta la storia vivente del golf. Difficile però immaginarlo domenica pomeriggio ancora tra i protagonisti in lotta per il titolo, considerando che da allora non ha più alzato un trofeo tra PGA ed European Tour.

Dai 6.218 metri del 1940 agli attuali 6.835, il campo ha subìto nel corso dei decenni fisiologici cambiamenti per stare al passo con il tempo e i nuovi materiali.

L’ultima modifica è di quest’anno e riguarda la buca 5, Magnolia, allungata di 40 yarde e dotata ora di due nuovi fairway bunker sul lato sinistro nella zona di atterraggio del tee shot.

Tra coloro che non hanno ancora indossato la Green Jacket  non possiamo che partire da Justin Rose, attuale numero due del mondo per pochi millesimi dietro a Dustin Johnson al momento di andare in stampa.

Il suo 2018 è stato praticamente perfetto. Unico neo quell’acuto in un major che manca ormai dal 2013 quando si impose a Merion nello U.S. Open, al momento il suo unico titolo del Grande Slam.

Impossibile però dimenticare che Rose ha con Augusta un feeling particolare e che al Masters ha sfiorato il successo due anni fa, perdendo solo al playoff contro Sergio Garcia, e nel 2015, sempre secondo alle spalle di un fantascientifico Jordan Spieth, che quell’anno eguagliò il record di Tiger Woods del 1997 (-18).

Campione in carica della FedEx Cup, ha vinto a fine gennaio a Torrey Pines il prestigioso Farmers Insurance Open.

Dustin Johnson al Masters conta invece otto apparizioni e tre top 10 nelle ultime edizioni giocate. Non è sceso in campo nel 2017 per un chiacchierassimo infortunio il giorno prima del torneo, ma l’aria della Georgia lo ha sempre esaltato e dopo un 2018 in cui ha portato a casa tre titoli, si è ripetuto all’inizio di quest’anno nel Saudi International sull’European Tour e poi nel Mexico Championship, portando il numero di vittorie sul PGA Tour a 20, con ben 6 WGC all’attivo.

Brooks Koepka, numero 3 del Ranking, è stato l’uomo dei major 2018: il 28enne di West Palm Beach si è portato a casa U.S. Open e PGA Championship tra giugno e agosto e ha terminato l’anno solare vincendo la CJ Cup @ Nine Bridges.

PGA Player of the Year 2018, al Masters ha giocato solo tre volte, saltando lo scorso anno per infortunio, dove vanta un 11° posto nel 2017 come miglior score. Ha sempre sofferto le insidie dell’Augusta National, campo dove precisione e controllo assoluto da tee a green sono la base di ogni speranza di successo.

Dopo la bella prova dello scorso anno e il titolo ottenuto a febbraio al Waste Management Open, in molti danno Rickie Fowler come probabile vincitore di un major in questo 2019.

Il ragazzino di belle speranze e dall’immenso talento ha ormai compiuto 30 anni e vede l’ora di scrollarsi finalmente di dosso un’etichetta che inizia a farsi piuttosto pesante, quella di eterno secondo nei tornei dello Slam.

Con il successo al TPC di Scottsdale a febbraio ha messo fine a un’astinenza che durava da due anni; incoronarsi campione proprio ad Augusta sarebbe il punto di svolta definitivo della sua carriera.

Capitolo a parte meritano i ragazzi terribili del 1993, Justin Thomas, Bryson DeChambeau, Jon Rahm, Xander Schauffele e Jordan Spieth, generazione di fenomeni che ha già segnato con la sua classe le ultime stagioni vincendo tutto o quasi. Thomas ha già un major alle spalle (PGA Championship 2017) e 9 titoli del PGA Tour.

DeChambeau viene da un 2018 straordinario (4 titoli) e a gennaio si è imposto nel Dubai Desert Classic; Rahm da due stagioni si impone tra PGA ed European Tour (5 successi) e lo scorso anno è giunto quarto ad Augusta.

Schauffele tra il 2017 e il 2018 ha messo in fila quattro vittorie in tornei pesantissimi come il Tour Championship, l’HSBC Champions e il Sentry Tournament of Champions, e lo scorso anno ha chiuso 6° e 2° in due dei quattro major (U.S. Open e Open Championship).

Capitolo a parte quello di Jordan Spieth, alle prese con una crisi per certi versi inspiegabile che lo ha momentaneamente allontanato dalle prime posizioni del World Ranking, ma a soli 25 anni ha nel palmarès già due major e 14 vitorie, di cui 11 nel PGA Tour.

Tra loro e la Giacca Verde impossibile non ricordare due quarantenni inossidabili che hanno scritto la storia del golf moderno, Tiger Woods e Phil Mickelson.

Woods cerca l’impresa d’altri tempi: tornare a indossare la Giacca Verde per la quinta volta a 19 anni dal suo ultimo successo ad Augusta.

Mickelson ha conquistato la sua 44a vittoria nel PGA Tour a febbraio nel AT&T Pebble Beach Pro-Am e quest’anno giocherà il suo 27° Masters, in cui vanta tre successi, un secondo posto e cinque terzi.

Chiudiamo con due citazioni speciali: Francesco Molinari e Rory McIlroy.

Chicco arriva ad Augusta da Open Champion in carica e dopo una stagione epica.

Giocherà il suo ottavo Masters e l’augurio è che possa continuare a farci sognare. McIlroy avrà invece gli occhi del mondo addosso; poco prima di compiere 30 anni cercherà di entrare nella storia conquistando l’unico major che ancora gli manca, il Masters.

Il primo a compiere il Grande Slam, e l’unico a farlo in un solo anno, fu proprio Bobby Jones nel 1930; nell’era moderna è toccato a  Jack Nicklaus, Tiger Woods, Ben Hogan, Gary Player e Gene Sarazen.

E allora mettiamoci comodi e godiamoci lo spettacolo, è tempo di Masters, la leggenda continua.