Il ritorno dello U.S. Open sul South Course di Torrey Pines dopo 13 anni potrebbe segnare la fine di un’epoca. Quella di Rees Jones, celebre architetto americano figlio del leggendario Robert Trent Jones. Il 2021 rischia di essere infatti l’ultima volta in cui un major maschile si giocherà su un campo da lui rivisitato.

Negli ultimi 33 anni Rees Jones ha modificato personalmente ben 12 campi in preparazione dello U.S. Open e del PGA Championship, per un totale di 22 tornei e 4 Ryder Cup.

Nessun altro architetto vivente può vantare la sua stretta e unica relazione con i grandi tornei del golf mondiale. 

La scelta delle future sedi dello U.S. Open indica però che la USGA sta modificando il suo storico imprinting, decidendo di ruotare tra campi dell’East e della West Coast ormai influenzata anche dalle leggi di mercato, con percorsi che includono Winged Foot, Shinnecock Hills, Oakmont, Pinehurst No. 2, Pebble Beach e altri ancora da definirsi con sede in California.

La PGA of America invece sta spaziando di più, ma sempre su tracciati già visitati in questo secolo, aggiungendo nuove sedi come l’Aronimink Golf Club, vicino a Philadelphia (2026) e il PGA Frisco, un progetto di Gil Hanse, vicino al nuovo quartier generale della PGA of America a Frisco, in Texas, (2027 e 2034).

Ormai un numero crescente di percorsi da campionato assecondano le esigenze attuali, in contrasto con lo stile modernista di Jones, rimodellandosi sull’aspetto più naturale e organico dei loro primi anni di vita. 

Qualche anno prima che Tiger Woods imbucasse il famoso putt per il birdie nello U.S. Open del 2008, Torrey Pines era un campo pubblico molto apprezzato ma piuttosto trasandato, con un panorama che superava di gran lunga la sua qualità tecnica.

In occasione dell’Open 2008, Jones rifece completamente il progetto di William F. Bell del 1957, aggiungendo lunghezza e ostacoli sui fairway, ricostruendo ogni green e spostandone diversi, come quelli della buca 3, 4 e 14, posizionandoli più vicino ai bordi del canyon.

La bellezza di Torrey Pines cela la sua difficoltà, come alla buca 4, uno spaventoso par 4 di 444 metri lungo il Pacifico

I green furono appoggiati come su dei piedistalli e dei profondi bunker furono incassati alla loro base. Portò indietro inoltre di 69 metri il tee di partenza della 18 e collocò due bunker nel rough di sinistra. Un bunker pre esistente, più avanti nel fairway a sinistra, fu adattato e ampliato verso il tee. 

Le modifiche più evidenti apportate per lo U.S. Open di quest’anno includono invece la ricostruzione della buca 4, un lungo par 4 proteso verso nord. Il fairway è stato allargato il più possibile verso la scogliera sul lato sinistro che si affaccia sull’Oceano.

I bunker del fairway al par 4 della 10 ora sono sfalsati, per creare aree di atterraggio corte e lunghe che richiedono un’attenta valutazione dei rischi dal tee.

Jones ha aggiunto due bunker a sinistra della zona di atterraggio dei drive alla 13, un par 5 che attraversa un canyon, e ha costruito un nuovo battitore apposta per il major al par 4 della 17, creando un angolo che ora mette maggiormente in gioco il ripido burrone a sinistra.

I bunker di tutto il percorso sono stati ricostruiti e aggiustati, portandoli a filo delle linee di taglio dell’erba, consentendo alla USGA di far arrivare i fairway fino ai loro bordi. Gli attuali tee da campionato hanno portato la lunghezza massima del campo a 6.997 metri.

“Torrey Pines ha dimostrato di essere una prova che piace ai giocatori” – racconta Rees -. È un percorso a misura d’occhio ma è anche un severo test. I green tratterranno i colpi ma ci sono diversi ostacoli intorno a questi e luoghi dove assolutamente non bisogna andare. Però, ovunque si vada, c’è sempre modo di recuperare”. 

La 16, par 3 di 204 metri

Con pochi veri dogleg, la maggior parte delle buche sono predisposte per ricevere drive dritti o in draw in modo da evitare i bunker laterali.

I green rialzati, tipicamente caratterizzati da un certo orientamento del pendio da dietro in avanti, offrono visibilità e posizioni delle buche relativamente piatte, separate da livelli o gradini.

Greg Muirhead, senior designer dello studio di architettura di Jones, afferma: “Il nostro concetto è sempre stato quello di fare dei ‘green nei green’, dove se fai un colpo davvero buono avrai un putt relativamente in piano, ma se manchi quel punto avrai a che fare con una difficile pendenza.

Non abbiamo mai fatto dei green a schiena d’asino o con una ripida pendenza all’inizio che fa rotolare la palla fuori green se si rimane corti. Cerchiamo di creare dei green di dimensioni ragionevoli e ricettivi”.

I suoi bunker, come si trovano in campi come Torrey Pines o Bellerive, sono delimitati da linee pulite che curvano e giocano con l’altezza e la profondità.

Questo senso di compostezza e tradizione e l’impegno nel non renderli un’eccessiva punizione si rispecchia nella maggior parte dei suoi percorsi da campionato.

“Nella mia carriera di progettista la cosa più importante è sempre stata assicurarmi che un colpo di recupero fosse possibile e non penalizzare eccessivamente un tiro leggermente sbagliato. Quest’ultimo aspetto è quello che i giocatori criticano di più”.

La prima collaborazione di Jones fu con The Country Club a Brookline, in Massachusetts, nell’ottica di rafforzare le sue difese in vista dello U.S. Open del 1988.

Utilizzando fotografie storiche dei primi anni del 1900, Jones contribuì a ristabilire l’estetica di inizio secolo che era alla base del campo.

Molti designer lo considerano il primo restauro storico di questa professione. Su quel campo Curtis Strange sconfisse Nick Faldo dopo 18 buche di playoff e la popolarità del torneo spinse altri circoli ad assumere Jones per supervisionare le loro modifiche.

Un numero significativo di lavori che dovette affrontare furono legati alla ristrutturazione di campi disegnati da suo padre.

Lo chiamarono Hazeltine, Baltusrol e Oakland Hills. Al Congressional Jones ricostruì gran parte del Blue course per lo U.S. Open del 1997, modificando le pendenze dei fairway per aprire visuali nuove e rimuovere i tee shot ciechi.

Dopo aver camminato lungo un decrepito Bethpage Black, a metà degli anni ‘90, accettò di ricostruire il percorso gratuitamente (fu la USGA a fornire i fondi necessari). Sebbene una volta fosse considerato tra i migliori campi da golf del paese, il Black Course era caduto in rovina e fuori dalla classifica dei 100 migliori campi d’America. Dopo la ristrutturazione e l’Open del 2002, il Black tornò nella lista, dove attualmente risiede al 40° posto.

I campi preparati da Jones sono “a misura d’occhio”, per usare le sue parole, e hanno permesso ai protagonisti di visualizzare i colpi e interpretare al meglio il gioco.

Il più delle volte l’architettura si è fusa con il temperamento dei professionisti del Tour, che vogliono sempre farsi un’idea precisa del campo, capire cosa gli viene chiesto su ogni colpo e fidarsi che non ci saranno trabocchetti o sorprese inaspettate ad attenderli.

“Penso che la mia eredità sia il fatto di aver contribuito a incoronare veri campioni – dice Jones -. Tiger Woods ha vinto molte volte sui campi che ho rimodellato. Bethpage e Torrey Pines sono probabilmente quelli che abbiamo modificato maggiormente per riuscire a portare tornei top su campi pubblici, e Tiger ha vinto su entrambi. Anche a East Lake Tiger ha sicuramente fatto sembrare il percorso particolarmente bello [nel 2018]”.

Se l’era Rees Jones è giunta al termine lo scopriremo solo tra qualche tempo ma ironicamente l’architetto che per primo ha introdotto la pratica del restauro storico a Brookline sembra ora essere stato deposto proprio da una voglia di ritorno al passato.

Poco più di un decennio fa, Gil Hanse restaurò il North Course al Los Angeles Country Club, rivalutando gli elementi di George Thomas degli anni ‘20 che erano stati gradualmente modificati fino quasi a scomparire.

L’impressionante lavoro – che ha incluso la rimozione degli alberi e l’allungamento dei tee — ha contribuito a fargli aggiudicare lo U.S. Open del 2023. Più o meno nello stesso periodo Hanse stava realizzando delle consulenze al The Country Club, dove apportò delle modifiche che aiutarono il campo ad aggiudicarsi l’Open dell’anno prossimo, il primo dal 1988.

Oltre a queste due sedi del major americano più antico, Hanse sarà l’architetto ufficiale di sei delle prossime 10 destinazioni annunciate per il PGA Championship, tra cui Southern Hills a Tulsa (2022), Aronimink, PGA Frisco (due volte), The Olympic Club Lake a San Francisco (2028) e Baltusrol Lower. Il suo lavoro su questi campi, ad eccezione del PGA Frisco di nuova concezione, implica il restauro degli elementi originali, proprio come fece per il West Course di Winged Foot prima dello U.S. Open del 2020.

Gli anni 2020 sono i nuovi anni ‘20 e i giocatori che si contenderanno i titoli U.S. Open e PGA nel prossimo decennio lo faranno su campi diversi rispetto al recente passato.

Gli elementi originali riportati alla luce in molte delle prossime location — fairway più ampi, l’assenza di alberi come ostacoli, le pendenze sui green più marcate (che forse richiederanno minore velocità), bunker più punitivi – rappresentano modalità di design che cercano di promuovere una varietà di colpi anziché punire solamente quelli sbagliati.
Il modo in cui i giocatori si adatteranno al nuovo aspetto e alle nuove esigenze di questi campi determinerà il prossimo elenco di campioni major.

D’altronde i migliori giocatori hanno sempre dimostrato di poter vincere ovunque.
Jack Nicklaus e Arnold Palmer non hanno richiesto configurazioni speciali. Woods ha vinto ad Augusta, a Pebble Beach, a St Andrews e ha giocato magistralmente al Royal Melbourne in Australia — tutti campi che richiedono potenza, finezza e creatività.
Ma ha anche vinto su percorsi che richiedono maggiore forza fisica e precisione, come Medinah e Bethpage. 

Lo stile di questi ultimi due è quello che possiamo aspettarci da Torrey quest’anno, dove il rough denso e i bunker posizionati per difendere ogni area di atterraggio obbligheranno i protagonisti a drivare la palla forte e dritta.

I giocatori dovranno essere in grado di eseguire colpi di recupero da trappole profonde intorno ai green, il tutto in conformità coi dettami degli U.S. Open tradizionali.
Sarà uno sforzo fisico e mentale avvincente, che terminerà con un par 5 raggiungibile in due, in grado di fornire spettacolo e suspense fino all’ultimo colpo.

E se questa sarà la fine dell’era Jones è molto probabile che finirà col botto.