Dopo 25 anni di professionismo, 32 vittorie tra cui un major (Masters 2013) e quasi 100 tornei del Grande Slam giocati consecutivamente, Adam Scott non ha ormai molti primati ancora da conquistare nella sua eccezionale carriera.
Uno però c’è, ed è davvero bizzarro: il 45 enne australiano non ha mai giocato un Australian Open, torneo in programma questa settimana, al Royal Melbourne.
Considerato il golfista australiano più famoso degli ultimi due decenni, Scott non ha mai disputato l’Open nazionale sul percorso più celebrato del suo paese, il West Course, campo che lo scorso anno Golf Digest ha inserito al n° 5 tra i Top 100 del mondo.
Scott ha giocato due Presidents Cup (2011, 2019) e una World Cup sul gioiello della Melbourne Sandbelt, nella regione di Victoria, ma l’Australian Open non si disputa sul Composite Course dal 1991, ovvero da quando Scott aveva 11 anni.
“Il fatto che non giochiamo un Open nazionale qui dal 1991 renderà questa edizione davvero speciale per ogni golfista australiano – ha dichiarato ieri l’ex numero 1 del mondo -. È una di quelle cose che sognavo da bambino, e per qualche motivo non è ancora accaduta nella mia carriera. Sono davvero entusiasta dell’opportunità di essere qui e provare a vincere un altro Aussie Open”.
Per gli organizzatori del torneo, il DP World Tour e Golf Australia, l’occasione perfetta per quello che probabilmente sarà la più grande edizione dell’Australian Open di sempre. Sono previsti infatti più spettatori della Presidents Cup del 2019, quando Tiger Woods rimase imbattuto come capitano-giocatore degli Stati Uniti.
Un field stellare
Perché? Tutto inizia dal fatto che si torna a giocare 72 buche stroke-play al Royal Melbourne. Il field è da leccarsi i baffi. Il campione in carica del Masters, Rory McIlroy, guida il field dei 156 giocatori, e non mancheranno al via le solite stelle australiane: Min Woo Lee, Cameron Smith, Karl Vilips, Marc Leishman, Cameron Davis, Lucas Herbert e il due volte vincitore dell’Australian Open Matt Jones.
Il fatto che l’evento sia valido anche per il DP World Tour ha portato a Melbourne anche giocatori del calibro di Rasmus Neergaard-Petersen e Nicolas Colsaerts, oltre a un gruppo di giocatori del LIV tra cui il campione 2023 Joaquin Niemann e il vincitore dell’Australian PGA della settimana scorsa, David Puig.
Chi vince va al Masters
Anche l’Augusta National ha dato una spinta significativa all’Australian Open scegliendo l’evento come uno dei sei Open nazionali il cui vincitore (se non già qualificato) riceverà un invito per il Masters 2026. Oltre a ciò, il torneo offre tre posti per il 154° Open Championship come tappa dell’Open Qualifying Series dell’R&A.
Non che Scott, il primo australiano a vincere ad Augusta nella storia, debba preoccuparsi del Masters, dato che gode dell’invito a vita come ex campione. Il suo obiettivo è semplicemente quello di provare a sollevare per la seconda volta la Stonehaven Cup, il trofeo riservato al vincitore, dopo il trionfo del 2009, ma per la prima volta su uno dei suoi campi preferiti al mondo. Scott ama così tanto il Royal Melbourne che ha donato al club il set di bastoni con cui vinse il Masters 2013, oggi esposto nella hall della club house.
“Penso che vincere l’Aussie Open al Royal Melbourne abbia quell’asterisco accanto che lo rende un po’ più significativo, e non è un’offesa per nessun altro luogo e torneo – ha aggiunto -. Per chiunque sia qui, vincerlo è un motivo di grande orgoglio”.
Il sogno di una vita
Per Scott competere al Royal Melbourne richiama alla mente i ricordi dell’infanzia, quando guardava alcuni dei suoi idoli vincere l’Australian Open proprio qui, come Greg Norman nel 1985 e 1987 sul Composite Course, e quella dell’ex professionista diventato oggi commentatore TV Wayne Riley nel 1991.
“Cresci guardando grandi eventi, ovviamente i major, ma da ragazzino australiano guardare l’Aussie Open qui a qualcosa di magico. ricordo ‘Radar’ [Riley] imbucare quel putt e ovviamente Greg vincere praticamente tutti i tornei giocati al Royal Melbourne. Era qualcosa che sognavi di fare – ha ribadito Scott -. Questa è un’occasione per fare un passo indietro e ricordare com’era sentirsi quel ragazzino che guardava i grandi giocare l’open nazionale su uno dei migliori campi al mondo”.
Essere sulla Melbourne Sandbelt ricorda anche a Scott le sue 11 partecipazioni consecutive alla Presidents Cup con l’INternational Team. Attualmente n. 62 del mondo, Scott con tutta probabilità ci sarà o verrà scelto anche per la prossima edizione a Medinah in programma a settembre del 2026. Scott sogna anche di far parte del team nel 2028, quando l’evento si giocherà a Kingston Heath, in Australia, e lui avrà 48 anni.
“Sì, penso che sia in cima alla mente di ogni giocatore del International Team – ha aggiunto -. Sarà un grande evento a Medinah e, personalmente, è uno dei miei obiettivi principali per il prossimo anno: far parte del team di capitan Geoff Ogilvy. Nel 2028 sono abbastanza fiducioso di poter essere ancora un giocatore rilevante ai massimi livelli, e quindi mi piacerebbe giocare a Kingston Heath, sarebbe incredibile”.
Sono molti i motivi per cui Scott, che nel 2025 non ha ottenuto nessun Top 10 sul PGA Tour, continua a inseguire un nuovo successo. Quarto nella classifica finale della FedEx Cup 2024, quest’anno è stato in corsa per il titolo nel giro finale del PGA Championship, e ha giocato nell’ultimo flight allo U.S. Open di Oakmont.
“Da bambino mi sono posto obiettivi molto ambiziosi, e sono ben lontano dall’averli raggiunti tutti, ma vorrei spuntarne ancora qualcuno. Se riuscissi a raggiungerne un altro paio prima di smettere di giocare sul tour sarebbe stupendo, sento che il mio gioco è ancora buono per riuscirci. Le statistiche e tutto ciò su cui ci basiamo indicano che sono ancora un giocatore rilevante. Se riesco a focalizzarmi un po’ di più e affinare alcuni aspetti per tornare a vincere, penso di avere ancora qualche grande vittoria che mi attende”.
Quindi perchè non iniziare proprio dall’Australian Open al Royal Melbourne?
Fonte Golf Digest
La strana prima volta di Adam Scott