Una carriera costellata di traguardi quella di Henrik Stenson.
Nel suo palmarès solo per citarne alcuni: cinque Ryder Cup (nel 2006, 2008, 2014, 2016 e 2018), un WGC Match Play Championship e un The Players Championship. Nel 2013 è stato il primo giocatore a vincere nello stesso anno la FedEx Cup e la Race to Dubai, mentre nel 2016 (anno per lui indimenticabile), ha conquistato l’Open Championship (affermandosi quale primo giocatore svedese a vincere un major. Tra le donne c’è Annika Sorenstam) per concludere con l’argento ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro.

Si presenta così il nostro capitano di Ryder Cup 2023, quello che avrà l’arduo compito di riportare la coppa in Europa dopo la pesante sconfitta a Whistling Straits. Conosciuto come “the Ice Man”, Stenson ha dimostrato di avere invece un cuore d’oro, ammirato e rispettato da tutti i giocatori. Oggi, l’annuncio in Conferenza Stampa al Marco Simone e la decisione di avere accanto a sé Edoardo Molinari come suo vice capitano.

Partiamo subito con il chiederti perché hai scelto Edoardo Molinari
Semplice, perché è una persona estremamente preparata, competente e minuziosa in ogni cosa faccia. Non pensiate che abbia scelto Edoardo perché italiano. Ho scelto Edoardo perché è la persona perfetta per il mio team. Lo conosco da molto tempo ed è estremamente affidabile. Il suo approccio analitico e statistico sarà poi prezioso per la scelta dei giocatori e la strategia da utilizzare in campo.

Qual è il momento più stressante vissuto in Ryder Cup?
In assoluto il primo giorno quando percorri quel pezzo di strada che ti porta al tee della 1. Un piccolo tragitto che però pare sempre infinito. E non ha importanza che tu sia un veterano di questo evento o un rookie perché l’emozione e l’adrenalina che scorre nelle proprie vene è esattamente sempre la stessa

Qual è l’ingrediente segreto per vincere la Ryder Cup?
Oltre a giocare bene la fame. Esattamente quella fame di vittoria che da sempre accompagna la squadra europea. Ed è proprio ciò che ho intenzione di trasmettere ai miei giocatori, desidero che siano pronti a non mollare mai credenti fino alla fine.

Cosa ci vuole per vincere su questo campo?
Non posso svelare troppo e rivelare i segreti al mio diretto avversario, il capitano americano Zach Johnson. Però come in tutte le competizioni bisogna tirare dritto e imbucare molto. I green del Marco Simone sono micidiali e non lasciano scampo se si putta male. Alla fine, la squadra che giocherà meglio e quella che metterà tutta se stessa in campo sarà quella che vincerà.

Hai avuto modo di giocarci l’anno scorso all’Open d’Italia, tornerai anche a settembre?
Certamente, sarò presente al prossimo Open d’Italia perché mi servirà per studiare ulteriormente il percorso e perché, in fondo, sono ancora un giocatore con alte aspettative. Questo percorso è e sarà un bel test per tutti, americani ed europei. Con il mio team faremo in modo di mettere in difficoltà gli avversari e, nello stesso tempo, mettere nelle condizioni i miei giocatori di fare più birdie possibili.

Qual è la buca chiave del Marco Simone?
Direi la 16 perché è un par 4 raggiungibile con il driver e sono certo sarà spesso protagonista nei match-play. È corta ma molto impegnativa con ostacoli sia a destra che a sinistra e se soffia il vento anche i giocatori più lunghi verranno messi in difficoltà.

Quando si sapranno i criteri di selezione della compagine europea?
Entro due/tre settimane conto di annunciare i metodi di selezione. Stiamo definendo le ultime cose per arrivare pronti e per far sì che non ci siano sbavature. So già che la prossima domanda sarà sulle mie wild card… (ride). Ti anticipo solo che la mia scelta sarà ovviamente calibrata sulla base dei giocatori qualificati. È importante che nella squadra si bilancino perfettamente esperienza e freschezza. Veterani e rookie che, a modo loro, apporteranno qualcosa di nuovo alla team

Hai fatto un tour per Roma e sei andato al Colosseo. Non pensi possa essere la location perfetta per cerimonia di apertura?
Assolutamente sì. Non mi era mai capitato di immergermi così a fondo nella storia e nelle tradizioni di una città. Per sapere però dove sarà la cerimonia ti toccherà aspettare l’anno prossimo…

Quanto sarà importante il tifo italiano?
Come in tutte le Ryder che si rispettano, il pubblico ha un ruolo basilare e sono certo che quello italiano si saprà far riconoscere. I fan e tutto il pubblico europeo è inoltre molto rispettoso dell’avversario, nonostante la forte competizione non supera mai il confine risultando inappropriato. Devo iniziare a studiare l’italiano per fare con i cori da stadio con tutti voi.

Hai già pensato ai prossimi vice capitani?
No, al momento ho una squadra solida e non vedo necessità di averne altri. Vedrò come andranno i prossimi tornei e i prossimi mesi e quali giocatori si qualificheranno così da prendere successivamente una decisione ma al momento con Edoardo e Thomas (Bjorn) facciamo una bel team.

Hai parlato con Luke Donald? Voci di corridoio dicono che sia rimasto molto deluso della mancata nomina a capitano
Sì, ci ho parlato poche settimane fa. Ovviamente sperava di essere il capitano, chiunque ami questo sport non può che augurarselo. Ma con Luke siamo amici di lunga data, abbiamo giocato spesso insieme e come sempre ha dimostrato di essere una bella persona. Mi ha fatto l’imbocca al lupo per questa esperienza e mi ha detto di contare su di lui. Questa volta è toccato a me ma sono certo sarà presto un ottimo e futuro capitano.

Cosa ti aspetti dalla tua Ryder Cup?
Onestamente? Mi aspetto di vincere. Questo è e rimarrà l’unico obiettivo da qui ai prossimi 16 mesi. La strada è ancora lunga e sono consapevole di avere di fronte a me forse i giocatori americani più forti degli ultimi 30 anni. Ma noi europei siamo tosti, non molliamo mai e sono certo che, comunque vada, sarà puro spettacolo fino all’ultimo colpo.