Dopo aver mancato la carta per il PGA Tour per sole tre posizioni nella Race to Dubai, Guido Migliozzi riparte dal suo grande sogno, giocare in America.
L’epilogo della stagione 2024 di Guido Migliozzi
Come è finita la stagione 2023/24 lo sappiamo tutti. Guido Migliozzi, dopo un ottimo anno sul DP World Tour coronato dal ritorno alla vittoria nel KLM Open in Olanda, non è riuscito a ottenere la carta per il PGA Tour per soli 105,5 punti.
Nonostante questo, il 27enne vicentino non recrimina più di tanto, anzi, non vede l’ora di tornare subito in campo per i primi tornei della nuova stagione.
I nuovi obiettivi di Guido Migliozzi
L’obiettivo di Migliozzi è dimostrare a tutti, e soprattutto a se stesso, di avere tutte le carte in regola per giocarsela in ogni torneo con i grandi del golf nei palcoscenici più esclusivi e importanti del mondo.
Allora Guido c’è più amarezza nel non aver conquistato la carta per il PGA Tour oppure la soddisfazione di aver disputato la tua miglior stagione di sempre sul DP World Tour?
Sicuramente c’è tanta amarezza di non aver raggiunto quello che era il mio obiettivo dichiarato di quest’anno.
Sarebbe stato un vero e proprio coronamento dopo una stagione che mi ha visto tornare alla vittoria nel KLM Open (il suo quarto titolo sul maggiore circuito europeo, ndr) e di cui sono molto contento.
Purtroppo ad Abu Dhabi e a Dubai non sono riuscito a giocare come avrei voluto, mi sentivo fiacco e il mio gioco ne ha risentito.
Sono emersi alcuni dubbi e incertezze che non mi appartengono, che non mi hanno permesso di performare al meglio nei momenti chiave.
A Dubai ho provato a giocare e basta, fidandomi del mio istinto. Non ho effettuato al meglio i colpi al green, prendendo meno aste del solito.
Con il senno di poi sarebbero bastati uno o due putt imbucati in più per preparare le valigie per l’America.
A metà settembre non hai giocato Irish Open e BMW PGA Championship, cosa è successo in quelle settimane?
Purtroppo, dopo l’Omega European Masters di Crans Montana, io e il mio caddie, Pello Iguaran (ex di Francesco Molinari), abbiamo contratto il Covid.
Per questo motivo non ho potuto viaggiare e prendere parte a questi due importanti tornei del calendario europeo.
Non è certo un alibi o una scusa, ma sicuramente il fatto di non aver disputato queste due gare e aver lasciato per strada punti pesanti ha influito notevolmente sulla mia scalata a una delle dieci carte in palio per il PGA Tour riservate ai primi dieci della Race to Dubai.
Parlavi di alcuni dubbi e incertezze che sono sopraggiunti durante gli ultimi tornei dell’anno. A livello mentale ti stai facendo seguire da qualcuno? Com’è strutturato oggi il tuo staff?
Come già sapete, dall’anno scorso ho interrotto il mio rapporto con il mio coach storico, Niccolò Bisazza, facendomi seguire da Pete Cowan.
Con lui lavoro sul mio swing e in alcuni momenti dell’anno mi dà anche dei suggerimenti su come affrontare al meglio alcuni aspetti del gioco e dell’atteggiamento in campo.
Recentemente sono stato in Spagna da José María Olazábal con cui abbiamo lavorato su certi aspetti tecnici, come la preparazione del colpo, la routine e il modo in cui pratico.
Il tutto per rendere più semplice il processo e avere sempre più fiducia in campo. Con Olazábal abbiamo lavorato su come limitare e controllare maggiormente lo spin e la traiettoria dei colpi.
Per farlo ho iniziato a tenere le mani in una posizione più centrale e meno spostate in avanti, per riuscire ad avere più controllo e meno spin.
In una stagione così importate e intensa come quella trascorsa, qual è il ricordo più bello?
Il successo nel KLM Open è stato senza ombra di dubbio il vero plus della stagione. Un titolo che mi stava sfuggendo dalle mani ma che sono poi riuscito a riacciuffare grazie ai tre birdie finali, il primo alla 72esima buca e gli altri nelle due buche del playoff contro Joe Dean e Marcus Kinhult.
È stato davvero un momento magico. Poi ci sono state le Olimpiadi di Parigi. Rappresentare l’Italia insieme a Matteo Manassero è stato un vero e proprio onore, un’emozione unica.
A differenza della mia prima esperienza olimpica a Tokyo nel 2021, quando eravamo ancora sotto gli effetti della pandemia e quindi senza pubblico, a Le National sembrava di essere allo stadio.
Abbiamo giocato contornati da tantissimi tifosi che ci incitavano sia dalle tribune naturali che da quelle artificiali dello Stadium Course. L’atmosfera era davvero indescrivibile.
Quali sono gli obiettivi per la prossima stagione?
Il mio unico e grande obiettivo sarà quello di essere il più competitivo possibile per la maggior parte della stagione, provando a lottare per il titolo nei tornei più importanti del calendario.
Poi chissà, magari ricevere anche qualche invito per disputare alcuni tornei del PGA Tour.
Il focus e l’obiettivo finale sarà poi quello di tagliare il traguardo che quest’anno ho mancato davvero per pochissimo.
Che consiglio daresti a un giovane che vuole intraprendere la carriera da professionista?
Innanzitutto gli consiglierei di circondarsi di persone che credono in lui, che gli vogliono bene e che possano consigliarlo al meglio.
Fondamentale poi sarà la passione e la costanza con cui si andrà ad affrontare tutto il processo. Senza questi elementi non è assolutamente possibile rimanere concentrati al 100% in quello che si fa, sia in gara che in allenamento, e raggiungere i propri obiettivi.
Tra i tuoi colleghi chi ti ha colpito maggiormente durante questa stagione?
Ci sono stati tantissimi giocatori che sono emersi e che si sono distinti, ma voglio citare Matteo Manassero.
Quello che ha fatto quest’anno, dopo tutto quello che ha vissuto e che ha dovuto sopportare, è stato davvero incredibile.
Matteo è un vero e proprio orgoglio italiano, un esempio per chiunque. Il suo è un traguardo storico per tutto il movimento golfistico italiano, del resto è il secondo a riuscirci dopo Francesco Molinari.
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