Di lui si è detto tutto e il contrario di tutto ma una cosa è certa: il suo approccio analitico al golf ha di fatto dato vita a un nuovo modo di interpretare il gioco nel Terzo Millenio.
Bryson James Aldrich DeChambeau oggi è una delle stelle nel nostro sport ma di lui e del suo anticonformismo se ne parla ormai dal 2016, anno in cui salì agli onori delle cronache per il 21° posto ottenuto al Masters da amateur.

Passato professionista subito dopo, da allora la sua è stata una scalata verticale verso la fama: un titolo al primo anno da pro sul Web.com Tour, 8 successi sul PGA e uno sull’European, con la ciliegina del primo major, lo U.S. Open, vinto a settembre dello scorso anno a Winged Foot. Lo abbiamo sentito per fare con lui il punto della sua carriera tra passato, presente e un futuro ricco di speranze.

Negli ultimi tre anni hai letteralmente cambiato il tuo fisico. Come è nata questa esigenza dal punto di vista professionale?

Sono abituato per natura a individuare le situazioni negative e a cercare di capire come posso migliorarle. Un giorno mi sono chiesto: “E se riuscissi ad essere come Happy Gilmore o Kyle Berkshire, i grandi campioni di driving distance, e tirare la palla oltre le 400 yard dritta come fanno loro, cosa succederebbe?” La risposta che mi sono dato è che sarebbe stato un enorme vantaggio in termini di risultati, non solo di lunghezza. Così ho deciso di provarci, di diventare più sano e più forte. Prima mi svegliavo ogni mattina non a posto. I miei addominali non funzionavano correttamente e la schiena mi faceva male perché compensava eccessivamente. Quindi, quando ho iniziato ad allenare il mio corpo in modo corretto, è stato come iniziare una nuova vita. Tre anni dopo ho messo su 20 chili di massa e genero 20/25 miglia all’ora in più di velocità della palla all’impatto.

Oggi rispetto allo scorso anno sembri più asciutto. Cos’è cambiato nella tua preparazione fisica e alimentare?

Sto cercando di controllare l’assunzione di zuccheri, i carboidrati invece vanno bene perché ovviamente brucio molte energie. Per produrre grande forza all’impatto con la palla devi avere molta massa. La mia percentuale di grasso corporeo è forse aumentata di un paio di punti percentuali, ma non così tanto. Poi basilare è stato imparare a respirare nel modo corretto, cosa che mi consente sia di digerire meglio il cibo sia di essere mentalmente più rilassato. Ho provato la dieta Keto e altre soluzioni ma quello che ho scoperto è che finché mantengo un rapporto 2:1 tra carboidrati e proteine, per me funziona. Ho una palestra a casa e ogni giorno mi alleno per un totale di tre ore e mezza, con sessioni diversificate che durano circa mezz’ora l’una. All’inizio pensavo fosse eccessivo, quasi ridicolo ma poi mi sono detto. “Ok, ho deciso di farlo e lo farò bene”. E così è stato.

Bryson DeChambeau come descriverebbe sé stesso?

Sono un anticonformista totale: mi piacciono le sfide, vivo di questo. Sono un giocatore estremamente appassionato e lavoro ogni giorno su come migliorarmi. La gente non si rende conto di tutto quello a cui ho dovuto rinunciare crescendo. Avrei potuto andare alle feste e divertirmi con gli amici nei fine settimana come fanno tutti gli adolescenti, invece uscivo di casa e passavo otto ore al giorno ad allenarmi. Non mi reputo una persona molto intelligente, semplicemente dedico anima e corpo a tutto quello che faccio. Posso essere bravo in qualsiasi cosa se mi piace e mi applico. E io amo la storia, la scienza, amo la musica e il golf. Adoro imparare e amo la vita. Crescendo sono diventato quello che si definisce un ragazzo atipico. Da bambino mi piaceva molto il Lego poi è arrivato l’interesse per la matematica, da cui ho sviluppato un approccio analitico a tutto quello che affronto. Ero visto come un diverso ma la cosa non mi ha mai dato fastidio, anzi.

Un approccio che poi hai applicato anche al golf con grandi risultati.

Io la penso così: devo trovare il modo scientificamente più efficiente per mettere la pallina in buca. Uso i computer per massimizzare la mia efficienza e stabilire una linea comune di base per il mio swing, ma una volta che sono sul campo non penso a nulla di tutto ciò. Lì gioco e basta. Uso un sistema chiamato Vector Green Reading, un modo scientifico per leggere i green. Ad ogni torneo a cui partecipo mi preparo al massimo per giocare il mio miglior golf. E se il mio miglior golf quel giorno significa una Top 10 e non una vittoria, allora così sia. Ho mostrato un modo diverso di giocare, più semplice. 

Spesso sei stato criticato per la tua lentezza nel gioco, cosa rispondi?

Che se non è un tiro facile ci metterò un po’ di più perché questo è il mio lavoro. Ammetto di non essere particolarmente veloce sui green ma quello che faccio è anche per cercare ad ogni colpo di divertire la gente che ci guarda. Non gioco a golf soltanto per rendere me stesso un giocatore migliore ma anche per far vivere al pubblico un’esperienza più piacevole quando sono in campo. Tutto ciò che aiuta a ottenere punteggi più bassi rende il golf più interessante e fa crescere il gioco. Il momento in cui bisogna essere veloci è tra un colpo e l’altro, quando si cammina. È questo che fa davvero la differenza, non un singolo colpo che a volte può richiedere maggiore attenzione.

Qual è il tuo rapporto con i social media? Quest’anno sei stato parecchio al centro dell’attenzione mediatica, e non solo per i botta e risposta con Brooks Koepka…

È un modo che mi piace ma di difficile interpretazione. I commenti si sprecano, chiunque può dire la sua e spesso sono stato frainteso. Tutti mi dicono di non rispondere alle persone sui social media ma non mi piace non dare spiegazioni quando so di avere ragione. Penso che sia un peccato perché le persone non vedono tutto quello che faccio giorno dopo giorno, come mi intrattengo con i bambini, ringrazio i fan e i volontari, guardano e commentano solo gli aspetti negativi. Ho fatto alcune cose che non avrei dovuto fare, certo, ma si è trattato sempre di un percorso di crescita, per imparare a essere un vero professionista. È divertente perché ancora oggi qualcuno dice che il mio approccio scientifico al gioco è soltanto un’invenzione mediatica. Questa è la cosa più assurda e lontana dalla verità che abbia mai sentito. È invece proprio questo quello che sono convinto io debba fare per giocare ogni volta ad alti livelli.

Hai sempre sostenuto che uno swing ripetitivo e metodico ti consente di avere sotto controllo il gioco e avere più possibilità di successo. Quali sono quindi le variabili meno gestibili nel golf? 

L’unico motivo per cui non vinco o non ottengo un buon risultato è a causa di una decisione sbagliata. Come giudicare male l’intensità o la direzione del vento, leggere in modo non corretto le pendenze di un green o calcolare male la distanza in condizioni di campo bagnato. 

Queste sono le tre/quattro variabili che mi impediscono di fare score. Ma sono proprio i momenti in cui sbagli quelli che poi ti permettono di imparare di più. Io mi nutro di informazioni, le ritengo basilari per il mio gioco e i miei risultati. La ricerca di informazioni mi dà maggiore fiducia, perché la fiducia nasce dalla comprensione. La maggior parte delle persone ha paura del fallimento, io invece non lo temo, perché è proprio da questo che puoi ripartire ed essere più forte di prima. Io sono molto tecnico in tutto ciò che faccio ma una cosa che non amo è fissarmi degli obiettivi. Gli obiettivi sono un ostacolo perché ti limitano. 

Cosa manca allora a DeChambeau per diventare il prototipo perfetto di quello che Bryson ha in mente?

Se vuoi diventare il numero uno del mondo devi curare ogni aspetto nel minimo dettaglio. Io mi assicuro di essere sempre pronto al 100% prima di mettere la palla sul tee alla buca 1 di ogni torneo. Molte persone pensano che io sia troppo tecnico e che curi meno l’aspetto tattico invece è proprio l’opposto. Ho bisogno di avere il giusto ritmo per poter essere anche tecnico e analitico. Se avessi un robot in campo che calcolasse tutte le variabili penso che potrei avvicinarti molto alla perfezione, ma dal punto di vista umano non c’è modo di capire esattamente gli effetti del vento ad esempio. Nel gioco del golf ci sono semplicemente delle variabili su cui non potremo mai avere il pieno controllo.

Da quando sei professionista collabori con Cobra. I One Length sono nati dalla tua teoria di avere ferri tutti della stessa lunghezza, per poter effettuare uno swing ripetitivo e avere maggior controllo dei colpi. Una soluzione che ha aiutato anche gli amateur a giocare più facilmente.

Mi è sempre piaciuto cercare di far chiarezza sul gioco del golf, trovare nuove soluzioni per renderlo più semplice in modo da avvicinare più persone alla pratica. Lo sviluppo dei ferri a una sola lunghezza ha permesso a molti dilettanti di swingare con più facilità, generando grandi benefici al loro gioco. È bello vedere che grazie al mio contributo molte persone hanno iniziato a divertirsi di più in campo, vuol dire che sono stato in grado di lasciare qualcosa. Io non gioco a golf per soldi, lo faccio perché amo questo sport e adoro la sensazione unica che si prova dopo aver eseguito un bel colpo, per assaporare quel momento. Ho cambiato il mio corpo, ho cambiato la mia mentalità nell’approcciarmi al golf e sono stato in grado di ottenere successi importanti giocando in modo completamente diverso rispetto al passato. Spero di essere d’ispirazione per molte persone. Ho sempre dovuto lavorare il doppio di tutti crescendo. Ognuno di noi è unico a modo suo e alcuni si impegnano più duramente di altri. Ma è il lavoro, alla fine, che paga sempre.