Poco meno di 24 ore dall’ultimo colpo giocato nella stagione europea e già il telefono di Francesco Molinari non smette di squillare. Ora che è un top player planetario è più difficile riuscire a raggiungerlo, lo abbiamo fatto anche grazie a Laura Biagiotti Parfums, azienda alla quale è legato dai due anni con un rapporto che in futuro avrà anche delle sorprese. In lui non sono cambiati la precisione (se l’appuntamento è per le 10,30 proprio a quell’ora il telefono squillerà) e la disponibilità. È ancora come chiacchierare con l’amico della porta accanto, ma non dimentichiamoci che stiamo parlando con un giocatore che è salito sino al quinto posto al mondo. Neymar, giusto per fare un paragone calcistico.

La prima domanda, obbligata, è legata al bilancio della stagione. Un anno iniziato con la vittoria, nell’Arnold Palmer, sul PGA Tour.
È stata positiva per la prima parte e deludente per la seconda. Se mi devo dare un voto, direi 7:  la media fra il 9 dell’inizio e il 5 della fine.

Come succede a scuola, nonostante la media buona, prendere ottimi voti all’inizio finendo in calo lascia un po’ di delusione. Fatica, appagamento o altro?                                                   Essendo appena terminata la stagione non abbiamo ancora fatto analisi approfondite. Penso sia naturale e fisiologico avere un calo di prestazioni, dopo un anno, da maggio a maggio, vissuto a livello altissimo. Sport e vita funzionano così. Non imputerei questo alla fatica perché fisicamente non ho avuto problemi, anzi, a ripensarci ne ho avuti di più la stagione scorsa. Appagamento forse inconscio, ma il lavoro e la preparazione sono stati fatti bene. Più si alza il livello più i dettagli fanno la differenza. Qualche perdita di convinzione può aver influito. Nelle prossime settimane con lo staff analizzeremo cosa è successo per capire come intervenire. Adesso ci riposiamo e poi vediamo il da farsi.

Il primo cambiamento c’è stato. Dopo quattro anni è terminato il tuo rapporto con Pello Iguaran. Come mai hai cambiato caddie? È un po’ come sostituire l’allenatore in una squadra di calcio?
Non direi l’allenatore bensì un compagno di squadra. Sono semplicemente cicli che finiscono. Con Pello abbiamo vissuto stagioni bellissime e intense per sforzi e lavoro. Penso di aver fatto la scelta giusta anche se non è stato ideale avere un caddie temporaneo per il finale di stagione.

Hai optato per Mark Fulcher, ex caddie di Justin Rose. Com’è avvenuta la scelta?
Beh, la sua carriera ha parlato per lui. Ho l’occasione di lavorare con un caddie con curriculum e un’esperienza incredibili, come pochi altri sul Tour. Non sarà la soluzione a tutti i problemi, ma da qualche parte bisogna iniziare e penso possa aiutarmi a esprimermi al meglio.

Ci saranno altre variazioni del team?
No, non credo. Quello che dobbiamo fare è migliorare tante piccole cose. Il caddie è una figura diversa perché è l’unica che deve effettuare una performance sotto pressione, come i giocatori, e ha un’influenza diversa da un coach o un allenatore. 

Cosa farai durante l’inverno?
La pausa è breve. Gli allenamenti proseguono sino al periodo natalizio, quando ne approfitteremo per un breve stacco. Riprenderò subito dopo seguendo il programma degli ultimi anni con preparazione fisica e un maggior lavoro tecnico sullo swing. Lo farò senza perdere tempo e lavorando il meglio possibile per arrivare a gennaio al top.

Come sarà la programmazione per il 2020, anno di Ryder e Olimpiadi?
Mi concentrerò sul PGA Tour nella prima parte della stagione, visto che ad agosto finisce già. Gli appuntamenti sono tradizionali: major, WGC e Olimpiadi sono evidenziati sul calendario. Terminata la FedEx mi concentrerò in Europa per la Race to Dubai, anche se non sarà facile essendo impegnati su due circuiti. Alla Ryder non penso perché ci sono tanti obiettivi prima. Il modo migliore di arrivarci sarà concentrarsi sui miglioramenti passo passo e la Ryder sarà una conseguenza.

Il 2019 ha avuto tante vittorie azzurre (40 tra amateur e professionisti). Ti senti l’ispiratore di questi successi?
Mah – sorride -, bisogna chiederlo agli altri. Spero di aver fatto qualcosa di buono dimostrando che i successi sono possibili e una conseguenza del lavoro e della programmazione. È bello vedere tanti azzurri che ottengono vittorie internazionali. La parte agonistica del movimento italiano è in buona salute

Beh, te lo diciamo noi, per molti sei fonte di ispirazione. Ci sono giocatori che ti hanno chiesto consigli?
Sì, qualcuno ogni tanto mi scrive o mi chiama per qualche consiglio. I più giovani soprattutto. Non è mai facile dare suggerimenti perché ognuno è diverso dagli altri. Quello che fa bene a me non necessariamente più aiutare qualcun altro. Il mio primo consiglio è prendersi le proprie responsabilità, concentrandosi su cosa migliorare e valutare, strada facendo, come vanno le cose essendo onesti con se stessi e intervenendo sulle cose che non vanno.

Vedi qualche azzurro che possa ambire ad entrare nel team Europe di Ryder?
Direi di sì. In parecchi hanno dimostrato di averne le potenzialità. Guido Migliozzi e Andrea Pavan su tutti, ma anche Francesco Laporta. Vincere il Challenge Tour non è facile, quindi, perché no, magari seguirà le orme di mio fratello Dodo, che nel 2010 dimostrò che è possibile farlo.

Se la parte agonistica è buona, invece stenta ancora a decollare il numero di praticanti. Come mai e cosa bisognerebbe fare?
Non so, ci penserò quando smetterò di giocare! Non è semplice. Purtroppo non c’è una soluzione a breve termine. Bisogna investire e cambiare l’immagine del golf che in Italia è ancora d’élite. Lentamente qualcosa sta cambiando. Può essere che la FIG stia facendo le cose giuste, serve tempo. 

Hai parlato con Lavinia Biagiotti, presidente del Marco Simone, o Jorge Balleste, consulente del circolo, per i lavori al Marco Simone? Verrai coinvolto in qualche modo?
Coinvolto non credo perché hanno persone con competenze superiori alle mie che li aiutano. Con loro ho un ottimo rapporto. Li ho visti quando sono venuto a Roma per l’Open d’Italia e mi hanno raccontato gli sviluppi dei lavori sul percorso. Mi sembra ci sia un aumentato ottimismo e questo significa essere sulla strada giusta per una Ryder di successo.