La tredicesima Presidents Cup si è conclusa come altre dieci su dodici già giocate. E cioè con il successo degli Stati Uniti. 16 a 14 il risultato finale, in un duello che perciò è stato abbastanza combattuto e che ha visto gli Internazionali migliori nei doppi ma gli americani imprendibili nei singoli.

È senz’altro storia nota, riscontrabile anche spesso nella più avvincente e storica Ryder Cup. Il team a stelle e strisce ha quasi sempre problemi a fare squadra, a mettere insieme le forti individualità delle sue affermate primedonne. Ma quando poi si passa sul terreno dello scontro diretto, dell’uno contro uno, i grandi numeri dei fuoriclasse americani vengono a galla.

Per rendersene conto, basta dare un’occhiata alla situazione nel World Ranking dei 24 giocatori in campo a Melbourne. E con l’aggiunta per gli americani del numero 1, Brooks Koepka, assente più o meno giustificato. Eccola qui sotto (in rosso gli statunitensi):

4 – Justin Thomas

5 – Dustin Johnson

6 – Tiger Woods

7 – Patrick Cantlay

9 – Xander Schauffele

11 – Webb Simpson

12 – Patrick Reed

13 . Bryson DeChambeau

16 – Tony Finau

17 – Gary Woodland

18 – Adam Scott

20 – Louis Oosthuizen

21 – Hideki Matsuyama

22 – Rickie Fowler

24 – Matt Kuchar

E poi a seguire, Marc Leishman (28), Sunjae Im (36), Abraham Ancer (39), Byeong Hun An (42), Adam Hadwin (48), Cameron Smith (52), Joaquin Niemann (56), C.T. Pan (64), Haotong Li (65).

Troppa quindi la differenza in campo, che si è puntualmente evidenziata durante la giornata conclusiva. Nei 12 matchplay singoli, sei vittorie americane, quattro pareggi e solo due successi degli Internazionali. L’eccellente lavoro per il gioco di squadra fatto dal capitano Ernie Els, che aveva portato al 10 – 8 al termine dei foursomes di sabato, è stato cancellato dal preventivato ritorno degli yankee.

Tiger 27 volte vincitore nella Presidents Cup

Da buon capitano degli U.S.A., Tiger Woods ha cercato di contenere i danni nelle prime tre giornate. Forse ha tremato un po’ a metà della terza, quando dopo i four-ball il risultato favoriva gli Internazionali 9 – 5, ma questa situazione non ha modificato la sua strategia. È rimasto in panchina per tutto sabato e ha deciso di partire primo la domenica, per trascinare il suo gruppo verso la rimonta. E ci è riuscito con un bel 3 & 2, maturato dalla 14 alla 16, ad avere la meglio sul messicano con secondoè passaporto statunitense Abraham Ancer, fino a quel momento il più in forma e vincente del suo team.

Tiger dal canto suo ha collezionato tre vittorie su tre incontri (per lui 27 successi totali in carriera), seguito da Justin Thomas (3 – 1 – 1). L’ultimo giorno si sono riscattati anche Patrick Reed e Webb Simpson (1 – 0 -3), i peggiori della squadra americana fino alla domenica, sempre sconfitti in precedenza. Quando Webb Simpson ha chiuso il suo duello con Byeong Hun An con un 2 & 1, gli statunitensi hanno raggiunto il punteggio di 15 – 12 e a quel punto hanno avuto la certezza che non avrebbero più potuto perdere. A differenza della Ryder Cup, comunque, in caso di parità finale sul 15 – 15, non c’è un vincitore determinato dal risultato della precedente edizione e i due team si dividono la Coppa.

Edizione combattuta, ma il dominio americano continua

A chiudere i giochi è stato il putt vincente di Matt Kuchar per il birdie alla 17, che lo ha portato 1 up su Oosthuizen. A quel punto, il 41enne americano non poteva essere battuto e infatti il recupero del sudafricano all’ultima buca non è servito ad  altro che a dividere la posta fra i due contendenti. Mezzo punto a testa, che ha reso ininfluente l’ultimo match, quello fra Fowler e Leishman, finito anch’esso in parità.

Come già sottolineato all’inizio, un’edizione della Presidents Cup comunque più combattuta di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, vista la differenza dei talenti in campo. Con 16 a 14, gli Internazionali leniscono il terribile 19 – 11 del 2017, anche se non hanno molto da stare allegri per il futuro. Nel 2021 si torna in terra d’America (Quail Hollow Club, a Charlotte, in North Carolina, dal 30 settembre al 3 ottobre), dove la squadra a stelle e strisce ha sempre vinto, dominando.

Anche per questa schiacciante supremazia, l’appeal della Presidents Cup resta lontano anni luce dal fascino della Ryder. E sembra difficile pensare che le prossime edizioni possano invertire questo trend, ormai abbastanza noioso..