Della straordinaria prestazione dei tre azzurri nel 1° giro dello U.S. Open numero 121 a Torrey Pines ha già scritto Andrea Ronchi ma vale la pena tornare su quanto fatto dai nostri, sicuramente una delle sorprese più gradite di queste 18 buche inaugurali del torneo.

Vedere tre italiani nelle prime posizioni di un major non capitava dai tempi dell’esplosione di Matteo Manassero e dei Molinari’s brothers formato Ryder Cup 2010, più o meno una decina d’anni fa.

Partiamo da Guido Migliozzi: il 24enne vicentino sta dimostrando, torneo dopo torneo, di poter giocare alla pari con i migliori del mondo. È cresciuto esponenzialmente in convinzione, mentre talento e tecnica non sono mai stati in discussione. All’esordio in una prova del Grande Slam grazie a una serie di ottimi risultati sull’European Tour, in cui ha sfiorato il suo terzo successo in carriera per ben tre volte quest’anno, ha interpretato Torrey Pines come un veterano, portando a casa un ottimo 71.

Edoardo Molinari lo conosciamo: si esalta sui grandi palcoscenici e adora giocare su campi tecnicamente difficili come il South Course. Da tempo ha sistemato i problemi con il putt e i risultatii si vedono. Rivedere anche il suo nome tra i protagonisti di un major è la dimostrazione che il lavoro paga sempre. Dodo non ha mai mollato e aver riconquistato una delle principali vetrine del golf mondiale è una bella iniezione di fiducia per una carriera che ancora può regalargli importanti soddisfazioni.

Francesco Molinari era il grande punto interrogativo della vigilia: al rientro dopo il forfait nel PGA Campionship a Kiawah Island per un problema alla schiena e reduce da risultati deludenti, ha lavorato in silenzio per ritrovare il feeling e la forma che lo hanno portato tra i primi 5 del mondo solo tre anni fa.

Tornato con lo storico caddie Pello Iguaran, al suo fianco in tutti i grandi successi ottenuti nell’indimenticabile stagione 2018, ha mostrato nuovamente quel gioco solido e preciso che gli sono valsi il soprannome di ‘Laser Frankie’.

Una bella iniezione di fiducia questo esordio che dovrà essere confermato nei prossimi giri e nei successivi tornei che Chicco disputerà da qui a inizio settembre, nella speranza di convincere Padraig Harrington a suon di prestazioni e risultati che una Ryder Cup senza l’eroe di Parigi sarebbe uno vero e proprio scempio.

I due leader

Russell Henley, 32enne di Macon in Georgia, è al suo ottavo U.S. Open dove come miglior risultato vanta un 25° posto nel 2018, sua ultima apparizione.

Del South Course di Torrey Pines non aveva un ottimo ricordo: il suo primo giro qui fu un pesante 79 nel Farmers Insurance Open del 2014.

“Non ricordo molto di quella mia prima volta – ha detto al termine del primo giro chiuso in 67 che gli ha regalato la leadership provvisoria dello U.S.Open, in attesa di vedere cosa farà Oosthuizen, appaiato con lui al primo posto, nelle ultime due buche del suo primo giro interrotto per oscurità -. Solo di aver lasciato il campo allora con la sensazione di essere appena stato preso letteralmente a pugni…”.

Tre volte vincitore sul PGA Tour, l’ultima nel 2017 (Shell Houston Open), Henley ha imparato la lezione. “Mi sento come se fossi uno dei primi 50 giocatori al mondo. Quest’anno sto giocando bene, ho totalizzato diversi Top 10, sono in contention.

Ciò non significa che lo farò anche nei prossimi tre giorni ma mi sono sentito decisamente a mio agio in campo. Non credo che sia una grande sorpresa la mia posizione in testa perché ho giocato un buon golf nei grandi tornei dell’ultimo anno. Io ci provo, l’obiettivo è rimanere in alto sino a domenica”.

Louis Oosthuizen, vincitore nel 2010 dell’Open Championship a St Andrews, non è certo estraneo alle parti alte della classifica nello U.S. Open. Nelle sue ultime sei edizioni disputate il 38enne sudafricano vanta un secondo posto (2015), un terzo (2020) e un settimo (2019).

Più volte è andato vicinissimo a conquistare il suo secondo major in carriera, l’ultima al PGA Championship di Kiawah Island, secondo dietro a Phil Mickelson. Nel 2015 ha perso al playoff, ancora a St Andrews, contro Zach Johnson. Tre anni prima, al Masters 2012, stesso finale, con la sconfitta allo spareggio questa volta contro Bubba Watson. Secondo posto anche nel PGA Championship 2017 a Quail Hollow a Charlotte, Carolina del Nord, vinto da Justin Thomas.

“Mi piace giocare su campi difficili”, ha detto Oosthuizen. “Penso che in qualche modo mi obblighino a concentrarmi un po’ di più, sapendo che il margine di errore è davvero minimo. Soprattutto qui dei drivare davvero bene, se manchi i fairway hai seri problemi con il rough che hanno preparato”.

Le curiosità

  • Brooks Koepka (69 ieri, 5°), due volte vincitore dello U.S. Open (2017 Erin Hills, 2018 Shinnecock) e altrettanti PGA Championship (2018 Bellerive, 2019 Bethpage Black) è arrivato tra i primi 10 in 14 delle sue 28 partecipazioni ai major.
  • Molti i past winner dello U.S. Open in difficoltà nel primo giro: Gary Woodland (2019) ha chiuso in 74, Martin Kaymer (2014) e Jordan Spieth (2015) in 77, Justin Rose (2013 in 78 e il campione del 2012, Webb Simpson, addiritura in 79, il suo peggior risultato in 39 partecipazioni allo U.S. Open.
  • Francesco ed Edoardo Molinari, che hano chiuso rispettvamente in 68 e 70 le prime 18 buche, possono diventare i primi fratelli a passare il taglio nello stesso U.S. Open dai tempi di Joe e Masashi “Jumbo” Ozaki (1993 a Baltusrol). A Torrey Pines Chicco e Dodo non sono gli unici fratell in campo: sono presenti in questa 121esimq edizione anche Alvaro e Carlos Ortiz. Il primo ha chiuso con un pesante 82, mentre Carlos è +3 dopo 15 buche.