Che sarebbe stato un giorno difficile il primo giro di questo 85° Masters se lo aspettavano tutti gli 88 protagonisti.

Scordatevi la versione di novembre, questo è il vero Augusta National, anzi, a detta dei giocatori alla vigilia, mai visto un percorso così duro e veloce negli ultimi dieci anni.

È il bello di un torneo e di un campo che, giocato nelle condizioni che lo hanno reso celebre, ha  fascino da vendere ma soprattutto premia chi ha mani d’oro ma soprattutto la testa per interpretarlo al meglio senza mai voler strafare.

Solo in dodici sono riusciti a domare l’Augusta National chiudendo le prime 18 buche con un numero rosso sul leaderborad. Ma uno di loro ha letteralmente preso il largo, nel primo vero tentativo di fuga per la vittoria di questa edizione, Justin Rose.

Eppure per il campione olimpico in carica questo Masters era iniziato tutt’altro che in maniera esaltante, come per molti altri illustri big partiti con grandi aspirazioni. Il bogey della 1 e poi quello della 7 sembravano i segnali inequivocabili di una giornata non certo da ricordare.

Poi la svolta: un rimbalzo sulla sponda sinistra del green della 8, infinito par 5 in salita, porta la palla di Rose verso l’asta, aprendogli le porte di un putt per l’eagle per azzerare di colpo l’inizio in salita. Detto, fatto. Palla in buca ed ecco l’inizio di un cammino che se non è un record assoluto al Masters poco ci manca.

Undici buche, un eagle, 7 birdie, 2 par ed ecco servito il 65 con cui Justin Rose mette la testa davanti a tutti. 11 fairway presi su 14 (78%), 13 green su 18 (72%) e 23 putt totali sono lo specchio di 18 buche da vero Fenomeno che gli hanno meritatamente regalato la testa della classifica con 4 colpi di vantaggio sulla coppia Hideki Matsuyama/Brian Harman (69).

Di fatto Rose ha sbagliato due colpi, l’approccio alla 1 e il tee shot della 7, ma non si è scomposto continuando a rimanere concentrato su come gestire al meglio ogni singola buca.

A Rose l’Augusta National è sempre piaciuto. “È un campo dove devi metterci la testa su ogni colpo, mi piacciono questo tipo di sfide” – aveva detto in passato. È la 16esima volta che attraversa Magnolia Lane e per due volte è andato a un soffio da indossare la Giacca Verde, nel 2015 e nel 2017, quest’ultima persa al playoff con l’amico di tante battaglie in Ryder, Sergio Garcia.

La strada è ancora lunghissima e, se il campo dovesse rimanere all’asciutto da probabili acquazzoni, i giochi rimarranno apertissimi fino all’ultimo, anche per chi oggi vede Rose solo con il binocolo.

Un quartetto occupa il quarto posto a cinque colpi dall’inglese, l’esordiente Will Zalatoris, da poco entrato nei top 50 del World Ranking, Christiaan Bezuidenhout, alla seconda apparizione dopo il 38° posto di novembre, Webb Simpson, campione U.S. Open 2012 e reduce da due Top 10 negli ultimi due Masters, e Patrick Reed, che la Giacca Verde l’ha vinta nel 2018.

Buona la prestazione di Francesco Molinari, al rientro dopo i risultati sotto tono all’Arnold Palmer Invitational e al Players dove ha mancato il taglio. L’azzurro, al suo decimo Masters in carriera, ha chiuso con un 74 (+2) che gli vale la 30esima posizione.

Dustin Johnson, campione uscente, occupa la stessa posizione di Chicco a causa di un brutto doppio bogey finale alla 18. Deludono Rory McIlroy, Sergio Garcia e Bryson DeChambeau con 76 ma ancora in tempo per raddrizzare un Masters nato male.

Per McIlroy i primi giri dei major rimangono stregati: dal 2015 a oggi il nordirlandese conta un +32 sopra il par nelle 18 buche di apertura dei tornei dello Slam, contro il -62 dei giri successivi.

Questa la classifica completa al termine del 1° giro del 85° MASTERS