Stiamo entrando nel vivo di questa stagione che si sta rivelando ricca di spunti interessanti, con i giocatori americani ed europei che vogliono ritagliarsi un ruolo da protagonisti in vista della Ryder Cup.

Considerazioni post PGA

Il PGA Championship, andato in scena a Oak Hill dal 18 al 21 maggio scorso, ci ha fornito alcuni importanti spunti sullo stato di forma dei migliori giocatori del mondo del nostro sport.

Su tutti il momento di grazia del triumvirato che da mesi comanda la classifica dell’Official World Golf Ranking: Scottie Scheffler, Jon Rahm e Rory McIlroy.

Al momento di andare in stampa, il giocatore spagnolo da inizio anno ha vinto ben quattro tornei, con il sigillo più importate nel primo major stagionale, il Masters di Augusta, oltre ai successi al Sentry Tournament, all’American Express e al Genesis Invitational.

Non è stato da meno Scottie Scheffler, che ha vinto fino ad ora due tornei prestigiosi come il Players Championship e il Waste Management Phoenix Open.

Rory McIlroy, dal canto suo, sta vivendo una buona stagione, costellata di numerosi piazzamenti tra cui tre Top 10, ma con una sola vittoria all’attivo nel DP World Tour a fine gennaio, l’Hero Dubai Desert Classic.

Verso la Ryder Cup

Per quanto riguarda i grandi nomi che si sono messi in evidenza in questi primi mesi dell’anno c’è sicuramente l’americano Brooks Koepka, che dopo esser passato al LIV Golf, ha chiuso in seconda posizione il Masters ad aprile dietro a Rahm e ha trionfato ad Oak Hill portandosi a casa il suo terzo Wanamaker Trophy e il quinto major in carriera.

Impresa che sta generando non pochi dubbi e grattacapi al capitano americano di Ryder, Zach Johnson, che potrebbe trovarsi nella scomoda situazione di doverlo obbligatoriamente portare al Marco Simone in base ai ‘Ryder Cup Points’, la classifica USA per aggiudicarsi di diritto uno dei sei posti in squadra dove al momento Koepka ricopre la seconda posizione.

Per ora su questo aspetto i capitani fanno melina e non si vogliono sbilanciare, ma sono sicuro che presto o tardi qualcosa dovrà trapelare, rompendo di fatto l’impasse a cui tutti noi stiamo assistendo da ormai troppo tempo.

Quello che mi ha impressionato di questi campioni è la loro forza mentale, il loro atteggiamento in campo e il saper mantenere la calma e la concentrazione nei momenti topici dei tornei più importanti, aspetto che su tutti gli altri a mio avviso ha contribuito a far ottenere loro queste recenti vittorie. 

Tornando all’ultimo giro del PGA Championship, mi è dispiaciuto molto vedere ciò che è capitato a Viktor Hovland nella sua terz’ultima buca del torneo, ma sono anche sicuro che Hovland vincerà presto un major, oltre ad essere certo di vederlo dal vivo a Roma nella prossima Ryder Cup.

Open d’Italia e Marco Simone

Il Marco Simone lo conosco bene sin dalle sue origini, visto che ho avuto il piacere e l’onore di inaugurarlo agli inizi degli anni 90 in uno Skins Game insieme a Costantino Rocca e a Massimo Mannelli, vincitore dell’Open d’Italia nel 1980.

Ovviamente il percorso è stato modificato rispetto al disegno originale, e quello che abbiamo visto in occasione dell’Open d’Italia è perfetto, pensato appositamente per una manifestazione match play.

Il finale è divertente e imprevedibile, con le buche 16, 17 e 18 create appositamente per lo spettacolo, senza dimenticarci le delicate 14 e 15 e la difficile 8.

Ci sarà da divertirsi e sarà un grande spettacolo, augurandomi di cuore che tutti i big mondiali (americani ed europei) potranno prenderne parte, indipendentemente in quale circuito o lega essi giochino.

Al nostro Open purtroppo i colori azzurri non hanno brillato, ma rimango molto fiducioso per il futuro del golf italiano.

Siamo stati abituati molto bene, negli anni scorsi siamo arrivati ad avere anche sette giocatori costantemente impegnati sul maggiore circuito europeo.

Per un paese con pochi golfisti come il nostro ha rappresentato sicuramente più un’eccezione che una regola.

Non dimentichiamoci poi che a livello amateur siamo campioni del mondo in carica.

Verso lo U.S. Open

In ottica U.S. Open, mi auguro vivamente che la USGA non preveda un set up del Los Angeles Country Club troppo difficile, come ci ha abituati negli ultimi anni, perché questo potrebbe sfavorire lo spettacolo in campo.