Con Milano e Brescia, Bergamo ha pagato il prezzo più alto in Italia. La pandemia del Covid-19 ha travolto la magnifica città lombarda e le sue valli, mietendo vittime e mettendo alle corde tutto il sistema sanitario. Ma, con la loro proverbiale e ostinata determinazione, i bergamaschi hanno reagito in maniera compatta e incredibile contro il nuovo, terribile nemico invisibile.

Un esempio arriva anche dallo stupendo circolo di golf orobico, Bergamo L’Albenza. Il giorno di Pasqua il suo segretario, Paolo Besagno, non potendola organizzare in campo, ha ideato una gara virtuale. L’ha battezzata “Andrà tutto bene” ed è stata poi ripresa da numerosi altri Circoli italiani. Il ricavato, quasi 17mila euro, cui hanno contribuito 304 soci, è andato all’ospedale più importante della città, il Giovanni XXIII, diventato famoso per anche per la nuova struttura realizzata a tempo di record dall’Associazione Nazionale Alpini.

Fra i premi un’uscita in campo con Costantino Rocca, lezioni con i quattro maestri del club (Massimo Florioli, Silvano Locatelli, Barbara Paruscio e Francesco Rocca) e cene presso il ristorante del Circolo. Hanno contribuito alla raccolta per l’acquisto di mascherine protettive Federazione Italiana Golf, Italian Ladies Golf Association, Associazione Golfisti Italiani Seniores, Associazione Italiana Tecnici di Golf e Associazione Italiana Giornalisti Golfisti.

Dopo questa doverosa introduzione, passiamo al nostro itinerario di maggio. Come avrete capito, la scelta delle 27 buche dell’Albenza non è stata casuale. Questo omaggio a Bergamo è avvenuto proprio l’ultimo giorno prima della riapertura dei circoli in Lombardia, e cioè giovedì 7 maggio. Nel veloce viaggio da Milano al club, ci ha fatto a dir poco divertire la nostra meravigliosa compagna di viaggio. E cioè la nuova Jaguar F-TYPE Convertible, un gioiello dalla linea purissima e vestita di un blu scintillante, capace di regalare vere emozioni appena ci si siede al suo volante.

L’ESPLOSIONE DELLA NATURA

Dall’autostrada Milano-Venezia, uscita di Dalmine, cioè quella che precede Bergamo. Quindi direzione nord, verso Valle Imagna e Almenno San Bartolomeo. Superata Barzana, il circolo è a un paio di minuti, segnalato sulla destra da un cartello giallo con molte primavere alle spalle.

Entrare nel silenzio assoluto dell’Albenza questa volta ci fa ancora più impressione, nonostante possiamo dire di conoscere davvero bene questo splendido golf. Agli inizi di maggio, la natura è già al suo massimo e questo straordinario giardino, con annessi tre percorsi da nove buche, lascia a bocca aperta. Le enormi piante che costeggiano strada di accesso e fairway sono al massimo della loro bellezza. Davvero un incanto, per noi enfatizzato da due mesi di “reclusione” forzata in centro a Milano.

Già normalmente lo stato di manutenzione del percorso è da Oscar. E non solo in Italia. È il direttore del Circolo, Achille Ripamonti, a curarlo con affetto e passione quasi dalla nascita del Circolo. Decano di greenkeeper e superintendent nel nostro Paese, Ripamonti ha trascorso gran parte dei suoi 73 anni sui tappeti verdi dell’Albenza, curandoli con un fervore quasi maniacale per la perfezione. Se arrivate al mattino, quasi certamente lo incontrerete su un cart, pipa in bocca, a controllare ogni dettaglio in campo. In questa insolita occasione, l’assenza prolungata di zappatori, alti o bassi di handicap che siano, ha fatto riposare fairway e green. Si presentano in condizione fantastica, con un verde abbagliante e senza la minima traccia di presenza umana.

Fa anche una certa impressione vedere il piazzale davanti all’ingresso della clubhouse con una sola auto, la nostra. E davanti all’ingresso ci accoglie un leprotto, tranquillo e senza la minima paura per la nostra presenza. A ruota, ecco Paolo Besagno, con cui partiamo per un accurato sopralluogo sul campo. Sarà per l’assenza totale di gente sui percorsi, sarà perché abbiamo voglia di riassaporare la ritrovata libertà o sarà ancora perché tutto quello che ci circonda è uno spettacolo, ma il tempo della ricognizione è davvero da record: quasi quattro ore.

TRE COLORI, UNA MERAVIGLIA

Individuati alcuni punti giusti per il servizio fotografico, pilotiamo la nostra Jaguar F-TYPE Convertible lungo le stradine dei cart. I primi due percorsi, Blu e Giallo, sono quelli in cui di solito si giocano le gare. Disegnate dal prestigioso studio londinese di Cotton & Sutton, le prime 18 buche certificano un’impronta da parkland tipicamente britannico. Si inoltrano in circa 85 ettari di terreno, piacevolmente mossi, che garantiscono fairway in piano, in salita o in discesa, con grande varietà di situazioni e angoli di tiro. L’inizio dei lavori risale al 1959. Ci vollero circa due anni per arrivare alle buche pronte per il gioco, nella primavera 1961. L’inaugurazione del club venne poi celebrata il giorno di Pasqua del medesimo anno. E nel 2011, il Circolo ha festeggiato il mezzo secolo di vita con una festa che resta negli annali del golf italiano. 500 invitati, distribuiti su 50 tavoli, ognuno con il nome di un celebre campo di golf, alloggiati in una gigantesca tensostruttura realizzata per l’occasione. Indimenticabile la cena, servita da un esercito di camerieri, mentre nella cucina da campo brillavano le tre stelle Michelin del ristorante Da Vittorio di Brusaporto, a due passi da Bergamo. A dirigere l’orchestra, i due fratelli Chicco e Bobo Cerea, chef da anni ai vertici della cucina mondiale.

IL PONTE DI ST ANDREWS

Ma torniamo in campo, ricordando che il campo nel 1996 ha ospitato la 53a edizione dell’Open d’Italia, vinta dal 26enne inglese Jim Payne. Partiamo subito con il par 5 della 1 Blu, ampio e aperto sul primo colpo, anche se con pericolosi fianchi in discesa. Lo chiude alle spalle una vecchia baita, che introduce al successivo par 3, abbordabile ma terribile se si sbaglia verso la scarpata di sinistra. E poi… Ci verrebbe la voglia di descrivere le buche una per una, ma a questo punto avremmo bisogno di un libro. Perché ognuna ha un suo sviluppo particolare, vuoi per i dislivelli, vuoi per gli ostacoli, naturali e non. Sulle Blu citiamo ancora il bellissimo par 5 della 7, il più lungo su questo percorso, con leggero dogleg a destra verso il green rialzato. E poi il successivo par 4 in discesa, che plana sul green ben difeso da un ostacolo d’acqua, da poco ridisegnato. Si raggiunge attraversando un recentissimo ponte in pietra in perfetto stile Swilcan Bridge, come quello sulla 18 dell’Old Course di St Andrews.

Impostazione identica per il Giallo, anche lui percorso molto tecnico, con partenze sopraelevate e ricco di pendenze naturali. Bella la 1, par 4 che inquadra i colli soprastanti e che prepara alla salita verso il successivo, corto par 3. A noi personalmente piace molto la 3, ampio par 4 che piega leggermente a sinistra e che inquadra il green dall’alto. Per entrambi i percorsi iconiche le chiusure del giro, che risalgono verso la clubhouse.

E qui adesso vogliamo spezzare una lancia in favore del terzo e più recente percorso, il Rosso, che a noi piace moltissimo. Intitolato a Cesare Magnetti, industriale locale anima del progetto iniziale del Circolo, è stato aperto 27 anni dopo i primi due, nel 1988. Le firme sono quelle di Marco Croze e Tom Linskey, che fu Direttore della Scuola Nazionale della Federgolf e maggiore mentore di Costantino Rocca. Prende il via con un par 3 in discesa e ritorna in clubhouse con la ripida salita del par 4 conclusivo. In mezzo, buche splendide che nulla hanno da invidiare alle altre 18. Indimenticabile la 4, un par 5 che dai backtee misura ben 575 metri ed è perciò fra ai primi in Italia per lunghezza.

DAI SALONI ALLA TERRAZZA

Clubhouse e spogliatoi chiusi, ma il Golf Club Bergamo l’Albenza aveva già i motori accesi in attesa della tanto agognata apertura. E infatti nel primo weekend della Fase 2, in entrambi i giorni si sono sfiorati i 200 giocatori in campo. Quando potranno ripartire anche le strutture interne, troverete ad accogliervi uno degli staff più gentili e preparati che conosciamo. Eccellente poi il livello della ristorazione, curato con grande professionalità dalla famiglia Camoretti, proprietaria di un delizioso albergo e ristorante che si trova proprio sopra le buche dell’Albenza. Nel menù, piatti della tradizione, ma in alcuni casi rivisitati con intelligente modernità. Come dicono le grandi guide gastronomiche, la tavola del circolo bergamasco vale davvero una sosta.

Da segnalare l’insolito disegno della clubhouse. Progettata dall’architetto Sandro Angelini, è un edificio del tutto diverso dallo stile rustico-elegante che si incontra spesso in molti club. Ampi e luminosi saloni si affacciano sulla grande e bellissima terrazza che domina l’arrivo dei percorsi Blu e Giallo. Un ingresso moderno e quasi avveniristico per l’epoca che introduce alla segreteria e alla vasta area relax con camino dove vengono celebrate le premiazioni. A destra si aprono gli spogliatoi, nell’ala opposta sale da gioco, bar e ristorante. Particolare l’impiego di muri in ciottoli e di ferro battuto, legati alle tradizioni e alla cultura delle valli bergamasche. Completano l’elenco dei servizi proshop e sala sacche, di fronte all’ingresso della clubhouse, e la grande piscina scoperta, nascosta in mezzo al verde.

E chiudiamo con un saluto al presidente di Bergamo l’Albenza. Arrivato al vertice del circolo otto anni fa, Roberto Rusconi è quasi al termine del suo secondo mandato. Persona di una gentilezza squisita, dedica gran parte del proprio tempo libero alla gestione del club. Insieme alla famiglia, controlla il gruppo Habilita, che gestisce numerose strutture tecnico/sanitarie private concentrate soprattutto nella provincia di Bergamo. Fra queste una vera perla è il Centro Iperbarico di Zingonia, divenuto il riferimento per questa metodica in campo nazionale.

Dopo i saluti “a distanza” con Paolo Besagno, ci accomodiamo al volante della Jaguar F-TYPE Convertible che ci aspetta sul piazzale. In pochi secondi, come per magia, la capote scompare alle nostre spalle. Riprendiamo la strada verso Milano, dopo una promessa: tornare quanto prima. Ma stavolta, con sacca al seguito.