Roma Acquasanta sta viaggiando in ottima salute verso il traguardo dei suoi primi 120 anni di vita. Lo storico circolo capitolino, che ruota attorno al meraviglioso percorso più antico d’Italia, è da sempre una vera icona del nostro golf. Fondato nel 1903 lungo l’Appia Nuova, in ogni angolo del suo percorso nasconde storie di grande golf, di sfide passate agli annali, di personaggi che hanno scritto leggende del nostro sport. Basta scorrere la lunga lista dei presidenti, con nomi e titoli altisonanti per capire che da sempre,  a Roma Acquasanta, il Golf merita di essere onorato dalla “G” maiuscola. Nella bacheca dei ricordi sfilano principi, conti, ammiragli, diplomatici, ambasciatori, accanto a mitici caddie e maestri leggendari spesso partiti molto dal basso, che qui hanno iniziato dinastie celebri. 

Inglesissimo per nascita, il club, come si legge nelle lettere ufficiali dell’epoca, aveva trovato posto nella campagna romana “at or near Acqua Santa”, grande pascolo di proprietà del principe Torlonia in cui le pecore lasciavano, dopo aver brucato, ampie zone di terreno dov’era possibile giocare. E la lingua d’Albione era stata, fino al 1928, l’unica utilizzata negli atti ufficiali. Oggi al vertice del club c’è Marco Federici, mentre al timone dello staff da molti anni figura ormai Angelo Cori, che sovrintende a ogni attività in campo e nella clubhouse.

La “clubhouse di Ciano”

Quando nacque il circolo, la clubhouse trovò la sua sede nel “Casale dell’Arco”, l’edificio che si trova proprio all’ingresso. Onorò il suo compito fino al 1938, quando Galeazzo Ciano, Ministro degli Affari Esteri dal 1936 al 1943 e genero di Benito Mussolini, fece costruire dall’architetto Pater un nuovo edificio. Realizzato in “populit” (pannelli di lastre in legno, con predominanza del pioppo, da cui il nome), fu inaugurato il 4 dicembre 1938 ed era caratterizzato dalla terrazza e dalla piscina tuttora in uso. 

Demolita la cosiddetta “clubhouse di Ciano”nel corso del 1969, la nuova casa di Roma Acquasanta è aperta nel 1971. Il costo dell’operazione fu complessivamente di 500 milioni di lire, con il progetto affidato agli architetti Renato Venturi e Guido di Carpegna. Qui di seguito, pubblichiamo uno scritto di quest’ultimo, intitolato “Il cuore del Circolo”.

Un casale di campagna inserito
nel panorama dell’Appia Nuova

“La Casina Sociale dell’Acquasanta era una struttura autarchica e precaria. Aveva resistito agli anni duri della Guerra. Ma nel 1969, come si dice a Roma, ‘era proprio arrivata’! Bisognava rifarla. Considerando però che per i soci quella era stata la loro Casa felice, era necessario mantenerne le caratteristiche, conservando la volumetria imposta dal severissimo regolamento edilizio della zona archeologica dell’Appia Antica.

Il nostro Golf è il più antico d’Italia. E dunque, ci è sembrato giusto evitare ogni stile troppo ‘contemporaneo’. Abbiamo pensato a una struttura rustica, a un casale di campagna che si inserisse nel panorama, senza disturbarlo. Per quel che riguarda l’interno abbiamo voluto creare spazi diversi per le varie attività, ma intercomunicanti fra loro. Abbiamo tentato, cioè, di fare in modo che i soci avessero l’impressione di frequentare un unico spazio, dove tutti potessero ritrovarsi facilmente. Troppi Circoli sono suddivisi in cento stanze separate: lì un socio può passare un’intera giornata ignorando la presenza di un caro amico!

Circolo dentro a un Circolo

Da noi, invece, la struttura dell’edificio fa in modo che non ci si senta mai soli o isolati. Anche la forma del bar promuove questa idea: è un ‘cuore’, un circolo dentro un Circolo, un luogo che invita a riunirsi. Accanto c’è la zona del camino avvolti in pareti di legno, nella penombra: un posto per i pomeriggi d’inverno. Il soffitto del salone è altissimo, tanto che, al momento delle votazioni sul progetto, un famoso avvocato domandò in assemblea: ‘Come puliremo tutte le ragnatele lassù?’ Non c’è mai stata risposta.

I finestroni si affacciano sulla terrazza, che a noi sembra bella come poche altre al mondo. D’inverno è protetta dai venti di tramontana, d’estate è esposta al famoso Ponentino. Tanto è amata dai cultori del sole che i soci prenotano sempre i tavolini meglio situati. Quello a due posti, proprio nell’angolo più protetto, viene ancora chiamato con il nome del professor Sposito, che lo godette per anni, prima di lasciarci”.