Immaginatevi di trascorrere un anno intero solo a giocare a golf. Nessun lavoro, nessun impegno familiare improrogabile, nessun’altra distrazione.

Solo voi, la vostra sacca e la pallina. Salite sul tee e giocate, completate 18 buche, risalite in macchina in direzione del prossimo campo. E ricominciate.

Per molti potrebbe sembrare un sogno a occhi aperti, per altri invece un eccesso che sfiora quasi l’assurdo. Per tale Josh Simpson (Ginger Golf  – Instagram @ginger.golf), 27enne inglese di Norfolk, è stato invece entrambe le cose: un’intesa e divertente avventura ma allo stesso tempo un’impresa tremendamente faticosa da portare a termine.

Il suo anno golfistico non è però passato inosservato, anzi, è finito direttamente nel libro dei guinness dei primati. Lunedì scorso, In una grigia e tipica giornata britannica, Simpson ha chiuso al The Caversham vicino a Londra, il suo giro di golf numero 581 del 2025, superando il precedente record fermo a 580.

Avete letto bene, 581 giri, pari a 10.458 buche, tutti realizzati su campi diversi. Una cifra spaventosa che non solo testimonia una notevole abilità ma anche una resistenza fuori dal comune. “È stata la cosa più difficile che abbia mai fatto – ha raccontato al termine delle 18 buche che lo hanno fatto entrare nel guinness dei primati -, ma probabilmente anche la migliore”.

Questo singolare viaggio golfistico non è nato però per un semplice capriccio personale. L’ispirazione è arrivata dalla madre, morta di tumore nel 2023, pochi mesi dopo la diagnosi. La perdita lo ha catapultato in un “buco nero” di riflessione. La vita è breve e il domani non è promesso a nessuno.

Così, con il sostegno di un amico, ha lasciato l’attività di famiglia e si è lanciato in una festa itinerante golfistica senza precedenti, raccogliendo tra un giro e l’altro fondi per beneficenza in memoria della madre.

La sua avventura è iniziata il 24 gennaio scorso al Woodhall Spa, in Inghilterra, con una intensa giornata di 36 buche. Da quel momento, è stato un viaggio senza soste: l’inseparabile camper lo ha trasportato attraversano Inghilterra, Galles e Scozia, centinaia di chilometri e giri di golf, tappe indimenticabili e campi leggendari, molti dei quali sede dell’Open Championship.

L’unica pecca non avere messo piede sull’Old Course di St Andrews, occupato da un evento proprio il giorno in cui Simpson sperava di giocarci.

Con un handicap a una cifra, ha vissuto alti e bassi in questa odissea golfistica: buoni giri, round disastrosi e addirittura un quasi albatross mancato per centimetri.

In più di 10.458 buche giocate non ha mai realizzato una hole-in-one ma ci è andato vicino diverse volte. Oggi, a palline ferme, ciò che ricorda meglio non sono tanto gli score ma le persone incontrate nel suo cammino: greenkeeper, proprietari d’azienda, giocatori di poker, casalinghe in pensione, insomma, di tutto e di più, come capita in ogni campo da golf che si rispetti.

Le giornate più difficili sono quelle che rimangono impresse nella memoria. Come la pioggia battente a Royal Porthcawl, 18 buche disputate con un insolito compagno di gioco solare e ottimista; o la bufera e il vento a Glasgow, dove ha segnato il peggior score dell’anno.

Ma lo score contava sino a un certo punto, l’importante era mantenere il ritmo e il programma previsto. A parte la fatica fisica, le sfide principali sono state soprattutto a livello logistico: prenotare tee time, pianificare i percorsi e rispettare i criteri rigidissimi del Guinness World Record. Ogni campo doveva avere 18 buche e superare le 6.000 yard di lunghezza, escludendo molti campi storici o più brevi del Regno Unito. Ogni giro doveva essere completato regolarmente, con testimone e firma del club.

La valigia era piuttosto semplice: bastoni, palline, guanti non potevano mancare, antipioggia e calze nemmeno. Tutto il resto lo ha acquistato strada facendo al bisogno. Durante l’anno ha consumato oltre 30 guanti e giocato più di 360 palline, ma ha utilizzato solo due paia di scarpe, e con le prime ha fatto addirittura 500 giri. Immancabile un marca palla personalizzato con il nome della madre e il simbolo delle api, a lei tanto care.

È un sentimento dolceamaro il mio quello di oggi – ha dichiarato al termine dell’impresa -. Avrei voluto che mia madre vedesse tutto questo ma nulla di quanto o fatto sarebbe mai accaduto se non fosse venuta a mancare”.

Il record è ormai suo, fatto e archiviato nei libri di storia. Eppure Simpson non ha ancora finito: gli restano ancora poche settimane per giocare altri campi e aumentare il record. Quanti? Non lo sa. Da un lato è in pieno ritmo e potrebbe continuare, dall’altro ammette con un sorriso: “Sono abbastanza stanco di giocare…forse è il caso che mi fermi e torni a casa…”.

Beh, del resto come dare torto al Forrest Gump del golf mondiale?