Ogni squadra di Ryder Cup, come l’arte o il meteo ad esempio, viene interpretata in modo diverso a seconda dei gusti e dei punti di vista. Così come alcuni preferiscono l’astratto e altri i paesaggi, c’è chi sopporta il caldo torrido e chi invece gestisce meglio il gelo.

Molti, cercando di capire che Ryder sarà questa di Bethpage, mettono in evidenza l’evidente maggior esperienza del Team Europe, mentre il capitano degli Stati Uniti Keegan Bradley la vede con una prospettiva diversa.

Sì, è vero, a New York sono presenti undici giocatori del team europeo che hanno vinto a Roma due anni fa. Bradley, però, sottolinea che la sua squadra è completamente diversa rispetto a quella che ha perso in modo netto al Marco Simone.

“Partiamo da 0-0 e vogliamo scendere in campo questa settimana a Bethpage per rappresentare il nostro paese e i tifosi nel miglior modo possibile” – ha detto ieri Bradley nella prevista conferenza stampa di giornata.

Nel team europeo, solo Rasmus Højgaard non ha mai giocato in Ryder. Gli altri undici giocatori vantano invece un totale di ben 32 partecipazioni.

Bradley, dal canto suo, ha solo otto giocatori con almeno una precedente esperienza nel torneo, ma con soltanto 15 presenze combinate, e nessuna prima del 2018.

Se questo può sembrare un punto a favore dell’Europa, Bradley invece guarda lo stesso quadro d’insieme e offre una lettura diversa:

“Penso che abbiamo un gruppo di giocatori unico, nel senso che non ci sono né giovanissimi né veterani. Sono tutti più o meno nella stessa fascia”.

La differenza di età

In effetti, quello che ha detto il capiano statunitense ha senso: la differenza di età tra i giocatori più anziani (Russell Henley e Harris English, entrambi 36enni) e i più giovani (Cameron Young e Collin Morikawa, 28) è solo di otto anni.

Gli europei, invece, portano in campo sia il giocatore più vecchio – Justin Rose, 45 anni – sia i più giovani, Rasmus Højgaard (24) e Ludvig Åberg (25).

Vantaggio Europa? Donald non si sbilancia, ma dal suo punto di vista è entusiasta di avere come punto di riferimento Rory McIlroy, che a 36 anni – ancora giovane – è più anziano di dieci americani e vanta già sette Ryder Cup, cioè quante ne hanno in totale i quattro americani più in alto nel World Ranking, ovvero Scottie Scheffler (2 partecipazioni), Russell Henley (0), Xander Schauffele (2) e Justin Thomas (3).

“Ama tutto ciò che rappresenta la Ryder Cup – ha detto Luke Donald di Rory McIlroy, che ha fatto parte di cinque squadre vincenti su sette edizioni disputate -. Avere un giocatore del suo calibro, per tutto ciò che ha ottenuto nel golf, è qualcosa di straordinario”.

Scottie Scheffler, d’altra parte, ha costruito un palmarès impressionante in poco tempo (ha solo 29 anni), ma a differenza di McIlroy mantiene un profilo più basso alla vigilia della sua terza Ryder Cup. Parte di questa discrezione può derivare dal suo rendimento non certo brillante nel 2023 a Roma, dove ha chiuso con zero vittorie, 2 sconfitte e 2 pareggi, ma è anche una questione di personalità.

“Non proprio. Non ho molto da dire al riguardo – ha risposto ridendo Scheffler ieri quando gli è stato chiesto se si sentisse un po’ come Tiger Woods in Ryder, spesso non così dominante come lo era nei tornei individuali.

Anche Justin Thomas, il più esperto della squadra USA con tre Ryder Cup giocae (2018, 2021, 2023) a soli 32 anni, ha fatto fatica a rispondere su questa “aura” di Scheffler:

“È una buona domanda. Non lo so – ha detto Thomas -. Per me no, ma lo conosco abbastanza bene da sapere che anche se l’avesse non glielo direi. È competitivo e già abbastanza provocatore – ed è l’ultima cosa che voglio: che sappia che penso questo di lui”.

La Ryder è lontana anni luce da quello che i giocatori vivono in un normale torneo individuale del tour, qui lo spirito di squadra viene prima di tutto. E a differenza degli europei, che ammettono di affidarsi molto a McIlroy e alla loro esperienza complessiva, gli americani sembrano trovare forza nella loro giovinezza e nella relativa inesperienza.

Ecco perché un rookie come J.J. Spaun, che a 35 anni non si aspettava di giocare una Ryder Cup, è entusiasta, e Russell Henley ha confessato alla stampa che ancora non ci crede.

“È ancora come… wow, è un sogno che si avvera,” ha detto ieri.

Ed è anche il motivo per cui Justin Thomas, pur essendo il più esperto tra gli americani, fa fatica a vedersi come il veterano del gruppo: “So di essere uno dei leader del team, ma non penso ci sia una persona sola su cui contare”.

Piuttosto, come il suo capitano, Thomas è d’accordo sul fatto che la vicinanza d’età tra i giocatori americani sia “qualcosa di diverso, speciale e magari anche vincente”.

Questione di punti di vista e prospettive diverse.