Il caddie-filosofo: Rory McIlroy, vincere dopo aver vinto tutto

Dopo anni di attese, cadute e risalite, Rory McIlroy ha finalmente vinto il Masters. La Giacca Verde, simbolo di una carriera completa, gli era sempre sfuggita. Ma ora, dopo mille cambi di swing, dubbi, pressioni e un rapporto a tratti difficile con il golf stesso, eccolo: Rory ce l’ha fatta. Ma cosa significa ‘avercela fatta’, davvero? Cosa significa completare il Grande Slam? Quale identità si costruisce nel tempo?
Parfit: “siamo una rete di momenti”
Il filosofo Derek Parfit, tra i maggiori pensatori del Novecento, ha messo in discussione un’idea che diamo spesso per scontata: che esista un ‘sé’ unitario, stabile, che prosegue identico nel tempo. Secondo Parfit, l’identità personale non è qualcosa di rigido o assoluto, ma si basa su una continuità psicologica: i nostri ricordi, desideri, progetti e relazioni causali tra i diversi ‘io’ che siamo stati. Non siamo “qualcuno” una volta per tutte. In realtà, siamo una rete di momenti, legati da memoria, intenzioni, emozioni e decisioni. Scrive Parfit nel suo libro Reasons and Persons del 1984: “La mia vita è una successione di pensieri e sentimenti, collegati in certi modi… E questi legami bastano per l’identità personale.”
Rory che solleva il trofeo non è lo stesso ragazzo che vinse lo U.S. Open nel 2011
E nemmeno il trionfatore dell’Open Championship nel 2014. Sono versioni successive di uno stesso percorso. Eppure, quella continuità – quella rete di relazioni interne – è ciò che rende significativa questa vittoria. È il coronamento non di una carriera lineare, ma di una traiettoria complessa, fatta di cadute e rinascite.
La filosofia di Parfit ci aiuta a capire che il valore della vittoria non è solo nel momento, ma nel processo. Non è importante essere ‘sempre’ Rory McIlroy. È importante essere diventato questo Rory McIlroy. Non c’è bisogno di un io eterno: basta una coerenza narrativa.
E qui il golf si fa metafora potente. Perché ogni swing, ogni allenamento, ogni sconfitta – e ovviamente ogni vittoria – è un tassello che costruisce l’identità. E alla fine, quando finalmente la palla entra in buca durante il playoff del Masters, non celebriamo solo quel colpo. Celebriamo tutto ciò che ha portato fin lì. Vincere il Masters non ‘corona’ la carriera di Rory: la ri-narra da capo, dandole un nuovo centro di gravità.
Perché ogni vera vittoria cambia anche il significato del passato.
Ogni golfista che ha attraversato una crisi — tecnica, mentale o esistenziale — sa che il vero successo non è solo il trofeo, ma il fatto di essere ancora lì, nel gioco, ad affrontare il fairway con consapevolezza e apertura. Ogni golfista lo sa: ci sono vittorie facili e altre che sembrano impossibili. Quelle che tardano ad arrivare, che fanno dubitare, che mettono alla prova la pazienza e l’identità stessa.
E allora forse la vera domanda non è: “Hai vinto il Masters?” La vera domanda è: “Chi sei diventato mentre lo inseguivi?”
Parfit ci direbbe che è in questa trasformazione, in questa rete di esperienze, che troviamo il senso. In un’intervista, dopo una sconfitta dolorosa, McIlroy disse: “Non gioco per inseguire il prossimo trofeo. Gioco per diventare la persona che voglio essere”. (intervista post-PGA Championship, 2019).
McIlroy ci insegna che, nel golf come nella vita, non si tratta solo di aggiungere trofei. Si tratta di costruire un’identità che, anche senza parole, parli di noi.
E in fondo, sia in filosofia che sul green, la vera domanda non è “Chi sei?” ma: “Chi stai diventando?”
Se volete approfondire i temi trattati potete scrivermi a: stefano@stefanoscolari.it
