“Il tempo non esiste in quanto tale, ma solo come tempo per me, tempo in quanto vissuto.”
afferma il filosofo tedesco Martin Heidegger, in Essere e tempo del1927.
Nella vita, e anche nel golf, il tempo è tutto. Ma non è sempre quello che crediamo.
Il golf ci insegna che esistono diversi modi di vivere il tempo: uno fatto di secondi e minuti, come lo cronometra un giudice o una regola di gioco; l’altro fatto di sensazioni, attimi, sospensioni.
Chronos e Kairos: due idee di tempo
Nella Grecia antica, si distinguevano due concetti fondamentali di tempo: chronos e kairos.
Chronos (χρόνος) è il tempo che scorre in modo lineare, misurabile. Il tempo degli orologi, delle scadenze, delle routine. È il tempo delle regole, dei tre minuti concessi per la ricerca e l’identificazione della palla, della velocità del gioco.
Kairos (καιρός), al contrario, è il tempo ‘giusto’, il momento qualitativo in cui un’azione assume tutto il suo significato. Non è solo una questione di tempo cronologico, ma di contesto, attenzione e prontezza: è quell’attimo in cui fare o dire qualcosa produce il massimo effetto, perché tutto è al posto giusto, nel momento giusto. È il tempo in cui si manifesta il senso di ciò che stiamo facendo. Aristotele, nella Retorica, lo definisce come il “momento opportuno per dire o fare qualcosa in vista del fine”. Non è misurabile, ma percepibile: è quando senti che è ora. Non prima, non dopo.
Nel golf, la sfida è proprio questa: saper entrare nel kairos mentre sei immerso nel chronos.
Il tempo dello swing
Uno swing ben riuscito non è mai solo una somma di movimenti tecnici. È un ritmo. Una danza del corpo nello spazio e nel tempo.
Ogni swing ha un tempo interno che, quando viene rispettato, crea un’armonia che si riflette nel volo della palla. Quando viene forzato, spezzato, affrettato, tutto si disunisce. La tensione muscolare prende il sopravvento. Il timing è perso.
Come spiega Daniel Kahneman – psicologo, premio Nobel per l’economia nel 2022 – in Pensieri lenti e veloci, la mente umana ha due sistemi decisionali: uno veloce, intuitivo; uno lento, riflessivo. Il kairos è il momento in cui questi due sistemi si incontrano. Il colpo nasce da un lungo lavoro razionale (tecnico), ma si manifesta in un attimo di abbandono istintivo.
Osservare Hovland e Åberg
Viktor Hovland – uno degli eroi del Team Europa alla Ryder Cup giocata al Marco Simone – è noto per la sua precisione e costanza: raramente commette errori grossolani e mantiene un livello di performance alto nel tempo. È un esempio perfetto di giocatore che costruisce e protegge il suo ritmo interiore. Non si affretta, non rallenta. Cammina con fluidità, prepara il colpo con metodo, si posiziona con naturalezza.
Ogni movimento è al servizio del ritmo. Non della potenza. Non dell’effetto spettacolare. Ma dell’equilibrio. Nessun colpo forzato. Nessuna oscillazione mentale visibile. Il suo kairos è costruito sulla costanza del corpo.
E cosa dire di Ludvig Åberg, suo compagno di gioco nel leggendario foursome nel quale hanno sconfitto 9&7 Scottie Scheffler e Brooks Koepka?
Åberg ha uno stile visivamente diverso da Hovland, ma il rapporto con il tempo interiore è altrettanto marcato. Lo si vede nella sua gestione del putt: lunghi respiri, allineamento attento, poi un colpo che sembra nato da una decisione silenziosa e inevitabile. Anche quando la pressione aumenta, quando l’avversario accelera, lui resta nel suo ritmo. Come se ogni colpo fosse una bolla di tempo privata.
Scriveva Sant’Agostino: “Cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo, non lo so più”. Guardando Åberg, sembra di capire che il tempo non è da spiegare, ma da vivere. Con consapevolezza.
Il kairos nella vita quotidiana
Il kairos non si applica solo al golf. Esiste anche nelle nostre giornate, nelle decisioni importanti, nei momenti in cui sentiamo che è arrivato il momento di agire.
Ci sono scelte che, se prese nel momento giusto, cambiano il corso delle cose. Anche quando sembrano piccole. Come alzarsi e fare una telefonata. O chiedere scusa. O lasciare andare un pensiero.
Il filosofo greco Eschilo diceva che “la saggezza arriva quando il dolore è stato vissuto nel tempo giusto”. Anche la comprensione, l’empatia, la capacità di perdonare seguono il kairos. Non si possono forzare. Si presentano quando siamo pronti.
Nel golf, imparare a sentire il tempo giusto è una scuola di attenzione. Una forma di meditazione in movimento. Non è solo un esercizio tecnico: è una pratica di presenza.
Il filosofo Martin Heidegger, in Essere e Tempo, afferma che l’esistenza autentica non si misura in quantità di tempo vissuto, ma nella qualità con cui abitiamo l’attimo: “L’uomo non è nel tempo come l’acqua nel bicchiere. L’uomo ètempo.”
Il golf, in questo senso, è un’esperienza esistenziale. Ogni colpo è un microcosmo di attesa, scelta, tensione, libertà.
Allenare il kairos
Durante una sessione al campo pratica, prepara il colpo, ma non colpire finché non senti che è il momento giusto. Non avere fretta. Poi ripetilo, non per migliorare il gesto, ma per ascoltare il tempo. Senza usare l’orologio, solo percezione.
Il golf ci offre così una lezione sottile ma potente: non possiamo sempre controllare il tempo, ma possiamo entrare nel tempo giusto. Vivere nel tempo, non contro il tempo
Il kairos non si afferra, si riconosce. Non si impone, si accoglie. Come una brezza leggera che può cambiare la traiettoria della palla in volo, anche il momento opportuno richiede attenzione, ascolto. Cogliere proprio quel momento non solo ci fa vincere ma anche ci fa sentire felici, perché siamo a ritmo con l’Universo.
“Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo.” Ecclesiaste 3,1
