È vero, il titolo sembra quello di un film sentimentale o del sequel di Titanic ma invece fa riferimento a Justin Rose.
Rose a 45 anni ha vinto il FedEx St. Jude Championship ed è tornato nella top ten mondiale dopo un periodo di flessione della sua carriera all’inizio del 2020. Proprio in quel momento, nel 2022, gli venne offerto di entrare nella lega LIV Golf ma rifiutò perché “I miei obiettivi sono ancora i tornei più importanti. Sto ancora cercando di scrivere la mia storia nel golf. Non sono pronto a giocare a golf solo per soldi” come dichiarò a Sky Sport.
Justin Rose ha letteralmente scelto di perseguire la gloria piuttosto che ricevere milioni di dollari in denaro garantito e nel far questo ha scelto il rischio invece della sicurezza
Nel linguaggio comune noi siamo abituati ad associare al rischio la nozione generica di pericolo, talvolta persino impiegando l’uno come sinonimo dell’altro. Ma mentre il pericolo viene dall’esterno, è indeterminato e non dipende da noi, il rischio è collegato a una decisione umana. La storia dell’umanità e del suo rapporto con l’ambiente può essere vista come un passaggio lento e graduale: dai pericoli immediati ai rischi calcolati.
L’uomo delle origini viveva circondato da forze che non poteva controllare e che rappresentavano per lui una minaccia costante. Il pericolo mette alla prova l’essere umano, ma quando lo trasformiamo in rischio, cambiamo prospettiva: cerchiamo di misurarlo, limitarlo e circoscriverlo, inserendolo tra gli eventi possibili e calcolando la probabilità che si realizzi.
In questo modo, la responsabilità di decidere come affrontarlo passa all’uomo stesso
Nasce il ‘principio di sicurezza’, ovvero l’idea che sia sempre possibile ridurre o controllare i pericoli attraverso l’adozione di pratiche ‘sicure’ fino ad arrivare all’illusione contemporanea che sia possibile l’eliminazione totale del pericolo. Sembriamo vivere in un’epoca nella quale il bene supremo sia quello di evitare ogni rischio nella speranza/convinzione che così si eviteranno tutti i pericoli. Sembra quasi che l’obiettivo sia quello “di arrivare in salute al gran finale”, come cantava Lucio Dalla, senza chiedersi come sia stato lo spettacolo. Tra l’altro sicurezza non è affatto una bella parola, la sua etimologia rinvia infatti alla parola latina sinecura – da sine (senza) e cura – che indica la non necessità di cura delle cose perché vi è qualcun altro che vi provvede.
Ogni qualvolta qualcuno sfida i limiti scegliendo consapevolmente di rischiare, il suo comportamento viene sistematicamente stimmatizzato nei commenti come ‘ricerca di emozioni’, qualcosa di perverso in fondo. In molti modi la società moderna è ossessionata dalle idee di sicurezza e controllo. Forse qualcuno avrà pensato lo stesso della scelta di Justin Rose: un rischio inutile vista l’età e lo stato di forma in quel momento.
Una società che si illude di mettersi al sicuro dai pericoli non già affrontandoli con la dovuta cura e attenzione ma evitando il rischio ad ogni costo è una società destinata ad immobilizzarsi
Per fortuna anche in questa epoca vi sono persone che osano fare scelte controcorrente. Persone che hanno fatto proprie le parole attribuite al filosofo danese Søren Kierkegaard: “Osare significa perdere l’equilibrio momentaneamente. Non osare significa perdere se stessi.”
Il golf ‘bello’, quello che appassiona, da sempre è giocato da giocatori che non evitano il pericolo – certo, stiamo parlando di ‘pericoli’ molto relativi: finire nel rough o fuori limite, ad esempio, ma pericoli che possono costare milioni se ti stai giocando un major – ma lo affrontano con cura e attenzione, si allenano per situazioni non standard, mettono creatività nel gioco ispirando altri a uscire dalla propria comfort zone.
Erasmo da Rotterdam scrive nell’Elogio della follia: “Non vedete, prima di tutto, con quanta preveggenza Madre Natura, artefice della specie umana, ha evitato che il pepe della follia venisse in qualche misura a mancare? Se infatti la sapienza consiste, secondo la definizione stoica, nell’essere guidati dalla ragione e la follia, invece, nell’essere in balia delle passioni, quanto più passione che ragione ha posto Giove nell’uomo, ad evitare che la sua vita fosse davvero cupa e tetra?”. La passione è il pepe, e il sale, della vita e il campo da golf è il posto giusto dove sperimentarla. Magari nella vita siamo, giustamente, prudenti e attenti nelle nostre scelte, ma sul campo, come nuovi mister Hyde, possiamo dar sfogo alla passione, prenderci dei rischi e divertirci per le situazioni insolite nelle quali ci siamo cacciati con i nostri colpi.
Il caddie filosofo: il rischio di Rose
