La Ryder Cup non è solo golf. È un dramma in tre atti che, ogni due anni, mette in scena due visioni del mondo: quella europea e quella americana. Lo si è visto ancora una volta quest’anno. Venerdì e sabato l’Europa ha dominato i foursomes e i fourballs, costruendo un vantaggio imponente.
Domenica, negli undici singolari, gli Stati Uniti hanno reagito con forza, conquistando molti punti e restituendo equilibrio alla sfida, pur senza ribaltarla.
Dietro le statistiche, questo andamento dice qualcosa di più profondo: riflette due culture, due filosofie, due modi diversi di pensare l’individuo e la comunità. Eppure, entrambe le culture hanno una comune origine nell’illuminismo.
L’illuminismo è un movimento culturale, filosofico e politico che si sviluppò in Europa nel XVIII secolo, il cosiddetto ‘Secolo dei Lumi. La sua essenza può essere riassunta nella celebre massima di Immanuel Kant: “Sapere aude!“, “Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!”. L’illuminismo pone la ragione (‘Lumen’ o ‘Lume’) come strumento critico e autonomo capace di liberare l’uomo dall’ignoranza, dal pregiudizio, dalla superstizione e dall’autorità dogmatica.
Si batte per il libero esercizio dello spirito critico contro l’assolutismo monarchico, i privilegi della nobiltà e del clero, e l’intolleranza religiosa, crede che l’applicazione della ragione possa portare al progresso indefinito della società e alla felicità pubblica.
L’Illuminismo è da considerare la base della civiltà occidentale, sia europea che americana, perché ha generato i principi fondamentali su cui si reggono le moderne democrazie e istituzioni: l’idea che ogni individuo nasca con diritti inalienabili (vita, libertà, proprietà); la separazione dei poteri; la sovranità popolare che è il fondamento della democrazia; il principio della libertà religiosa e di opinione.
Questi concetti non rimasero teorici: in America i principi illuministi furono messi in pratica nella Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 e nella Costituzione degli Stati Uniti; in Europa furono alla base della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 e, successivamente, hanno plasmato le carte costituzionali e la legislazione sociale ed economica di quasi tutti gli Stati europei, definendo l’ideale di una società laica, liberale e fondata sulla legge.
Se entrambe le culture, quella europea e quella statunitense, hanno la comune matrice nell’illuminismo, in cosa si differenziano al punto di poter definire la sfida della Ryder uno ‘scontro di filosofie’?
L’Europa ha preso dall’illuminismo, e dalla filosofia precedente, il primato del ‘noi’. Aristotele scriveva: “L’uomo è per natura un animale sociale” (Politica). La filosofia europea ha sempre riconosciuto che la forza del singolo nasce dal legame con gli altri. Nei match a coppie, questo principio si traduce in strategia: fidarsi del partner, coprirne gli errori, valorizzarne i punti forti.
Jean-Jacques Rousseau nello scritto Contratto sociale lo ha espresso con chiarezza: “Ognuno di noi mette in comune la propria persona e tutto il suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale”. Nei foursomes e fourballs, la ‘volontà generale’ si fa colpo di golf: la decisione condivisa conta più del talento individuale. E Immanuel Kant, nel celebre scritto sull’illuminismo del 1784, parlava della necessità di uscire dalla ‘minorità’ attraverso l’uso pubblico della ragione. È un’immagine che si adatta bene al golf europeo: la maturità non si conquista isolandosi, ma mettendo insieme intelligenza, esperienza e fiducia reciproca. Così, l’Europa vince soprattutto quando il golf diventa comunità. Anche il cosiddetto ‘miracolo di Medinah’ avvenuto durante i match di singolare, è in qualche modo legato ad un ‘noi’ molto forte degli europei che hanno vinto non solo per sé ma anche, o forse soprattutto, per Seve Ballesteros scomparso l’anno prima e ricordato su divise e sacche.
L’America invece dall’illuminismo ha preso l’esaltazione di ‘io’. Se l’Europa costruisce forza dal legame, l’America la trova nell’autonomia.
Dalla frontiera al self-made man, dalla Dichiarazione di indipendenza al pragmatismo filosofico, gli Stati Uniti celebrano l’individuo che affronta il mondo da solo.
Il filosofo britannico John Locke, la cui influenza sugli americani è decisiva, scriveva: “Ogni uomo ha una proprietà in sé stesso. Nessuno all’infuori di lui ha alcun diritto su di essa”. Così scrive nel Secondo trattato sul governo. Da qui nasce l’idea che l’uomo, lasciato libero, trova da sé la propria via. Nei singolari della domenica, questo spirito si manifesta: ogni giocatore è solo con il campo, senza appoggi. È il regno dell’individualismo competitivo. Qui gli americani, storicamente, trovano la loro riscossa. Alexis de Tocqueville, osservando l’America nell’Ottocento, notava che “l’individualismo è un sentimento riflessivo e pacifico che dispone ogni cittadino ad isolarsi dalla massa dei suoi simili” (La democrazia in America). In Ryder Cup, quell’individualismo smette di essere così pacifico: diventa energia, rabbia, volontà di riscatto.
La Ryder Cup mette così in scena due filosofie complementari: Europa, la libertà come partecipazione, il ‘noi’ che rende possibile la maturità. America, la libertà come autonomia, ‘io’ che trova dignità nella sfida solitaria.
Isaiah Berlin distingueva tra libertà positiva (libertà ‘con’ gli altri, resa possibile da regole e istituzioni) e libertà negativa (libertà ‘da’ interferenze esterne). Da sottolineare che qui ‘positivo’ e ‘negativo’ non sono in alcun modo da considerare come giudizi di valore ma piuttosto come caratteristiche, così come una pila ha un polo positivo e uno negativo. È una chiave di lettura perfetta: il gioco di squadra europeo è libertà positiva; i singolari americani sono libertà negativa.
Il golfista amatoriale può imparare molto da questa dialettica. Nei match in coppia, l’importante è fidarsi, adattarsi, ascoltare: la vittoria è un atto corale. Nei match singoli, tutto dipende dalla resilienza individuale: nessun compagno potrà salvarci, e il carattere emerge nella solitudine.
La Ryder Cup in fondo è un piccolo laboratorio illuminista: il tentativo di conciliare libertà e comunità, individuo e collettività, coro e assolo. Ci insegna che la vita non ci chiede di scegliere tra ‘io’ e ‘noi’: ci chiede di saperli armonizzare. Un giorno dobbiamo essere Rousseau, altri Locke e a volte Kant,
