Filippo Celli porta ancora negli occhi l’emozione della vittoria numero uno da professionista. Un trionfo costruito colpo dopo colpo, giorno dopo giorno, con un unico obiettivo sempre in mente: tornare protagonista sul DP World Tour


La prima volta non si scorda mai. E per Filippo Celli il ricordo resterà per sempre inciso tra i fairway e i green d’Olanda. È lì, al Dutch Futures, tappa dell’HotelPlanner Tour (ex Challenge Tour), che il giovane talento azzurro ha firmato la sua prima vittoria da professionista. Un trionfo che sa di consacrazione dopo anni di sacrifici, allenamenti e crescita, ma anche la conferma di un potenziale che il golf italiano osserva con entusiasmo e aspettative.

Già da dilettante aveva fatto sognare. La vittoria nell’European Amateur Championship, la Silver Medal a St Andrews come miglior amateur dell’Open Championship e la prima e storica vittoria del Team Italia nel World Amateur Team Championship/Eisenhower Trophy, condivisa con Pietro Bovari e Marco Florioli. Poi, il passaggio al professionismo all’Open d’Italia al Marco Simone. Tutto questo, in un 2022 che resterà il suo vero anno d’oro. Oggi, nel mirino c’è il ritorno sul DP World Tour. Non più un sogno, ma una realtà a portata di drive. Al momento di andare in stampa, Celli occupa infatti il terzo posto nella Road to Mallorca, l’ordine di merito che a fine stagione premierà i primi venti con il pass diretto per il massimo circuito europeo.

Filippo, la tua prima vittoria da professionista è arrivata in Olanda: cosa ti resterà impresso di quella settimana?
Oltre all’incredibile emozione provata direi il terzo giro. Ho firmato un 62 che mi ha lanciato dal 41° posto fino alla vetta. Da lì è iniziata la vera rimonta.

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che quella sarebbe stata la volta buona?
Sì, alla fine delle prime nove di domenica dove avevo girato in -5 e mi sentivo carico. Dalla 10 le cose si sono complicate, ma con il secondo colpo alla 17, un wedge da 100 metri in asta, ho chiuso i conti.

Quando hai imbucato l’ultimo putt, cosa ti è passato per la testa?
Una gioia immensa. Nel golf puoi tirare un sospiro di sollievo solo quando raccogli la palla alla 18. E lì ho capito che ce l’avevo fatta davvero.

Abbiamo visto l’abbraccio con Binaghi sul green dell’ultima buca. Da quanti anni lavori con lui e cosa rappresenta per te?
Alberto è una figura davvero importante per me. Lavoriamo insieme dal 2020 appena prima che iniziasse la pandemia e ripongo in lui piena fiducia, ha esperienza ed è un coach vincente. Certo, a volte discutiamo di strategia e spesso (ride) ho ragione io, ma sul lato tecnico non c’è partita: lo ascolto su tutto. 

Se dovessi raccontare la tua settimana con un solo colpo simbolo, quale sceglieresti?
L’approccio alla 15 di domenica. In un momento di forte tensione sono riuscito a uscire da una situazione difficile mettendo la palla a un metro per un facile putt. Quella è stata la svolta che ha cambiato l’inerzia del giro e mi ha portato a essere più sereno sulle buche finali. 

Negli ultimi anni ti abbiamo visto crescere passo dopo passo: quanto è stato importante per te non bruciare le tappe?
Questo è un argomento difficile da trattare. Se vai a segno subito da giovane acquisti fiducia che ti aiuta anche nei momenti difficili perché hai alle spalle la consapevolezza di essere stato un vincente. Dall’altra, costruire la carriera passo dopo passo ti dà basi più solide e durature. Nel mio caso, perdere la carta del DP World Tour l’anno scorso è stata una lezione  importante: ho capito gli errori da non ripetere.

A quali errori ti riferisci?
Mi è mancato l’obiettivo nei momenti chiave. Mi sono accontentato proprio quando bisognava spingere di più sull’acceleratore. Ho imparato che bisogna sfruttare le onde positive del proprio gioco e ridurre al minimo le distrazioni esterne.

Se pensi al Filippo amateur e a quello che oggi festeggia da pro, cosa è cambiato di più e cosa invece è rimasto uguale?
La spensieratezza, la voglia di vincere e di arrivare in alto sono sempre gli stessi. Allo stesso tempo, sono diventato più paziente, soprattutto nei momenti di difficoltà. Prima mi facevo prendere dal nervosismo, ora so gestire meglio le emozioni.

Dopo questa vittoria, come cambiano i tuoi obiettivi stagionali?
L’obiettivo principale resta lo stesso: tornare sul DP World Tour. Ora che questo step è stato raggiunto, desidero arrivare più in alto possibile nel World Ranking e vincere sul massimo circuito europeo. 

Dopo aver giocato sia sul DP World Tour che sul Challenge, quali sono le maggiori differenze che hai riscontrato?
La più grande è la preparazione del percorso. Sull’HotelPlanner Tour nella metà dei campi puoi fare risultato e arrivare nella parte alta del leaderboard pur non giocando il tuo miglior golf. Sul circuito principale no, questo non può succedere perché ogni errore, soprattutto se dalla parte sbagliata, si paga a caro prezzo.

Se chiudessimo gli occhi e pensassimo tra cinque anni, dove vorresti essere?
Spero di essere sul PGA Tour e rappresentare l’Italia in un’Olimpiade.