Dopo una carriera di alti e bassi Gary Woodland ha coronato il sogno della sua vita andando a vincere lo U.S. Open a Pebble Beach.

Non è mai facile vincere un major ed è un’impresa ancora più difficile quando alle spalle ti ritrovi uno scatenato Koepka all’inseguimento del suo terzo U.S. Open consecutivo.

Non si sa bene a chi attribuire il merito di questo successo: se andiamo a vedere le statistiche non è stata la sua lunghezza a fare la differenza ma gli 8/9 colpi guadagnati sui green rispetto alla media dei suoi avversari.

Il merito potrebbe andare quindi al suo coach del putt, Phil Kenyon, con il quale lavora da un anno.

Oppure al suo gioco corto che ha funzionato molto bene e quindi a Pete Cowen, con il quale collabora da qualche mese.

Vista l’indecisione diamo il merito solo a Gary Woodland, che ha sempre creduto nei suoi mezzi e non ha mai smesso di pensare di poter diventare un campione major.

Cresciuto in una famiglia di sportivi Woodland ha praticato diversi sport ad alto livello ottenendo successi importanti sia nel baseball che nel basket.

Il golf negli anni del college sembrava davvero essere soltanto un hobby!

Il suo primo anno di università lo passa infatti a Washburn, dopo essersi guadagnato una borsa di studio grazie alle sue eccelse doti di cestista.

Dopo un anno il giovane fenomeno prende la decisione più importante della sua vita: lascia il basket e Washburn per tornare in Kansas e giocare per i colori della propria squadra universitaria di golf.

Nel 2006, durante il suo ultimo anno di università, Gary esce allo scoperto abbassando la sua media score di 4 colpi ed entrando quindi nell’élite del golf dilettantistico mondiale.

Il passaggio al professionismo avviene nel 2007 e per qualche anno Woodland si divide tra Nationwide e Pga Tour.

Nel marzo del 2011 arriva il primo importante successo nel Transition Championship, vittoria che gli permette di giocare il Masters e di iniziare a pensare in grande.

Da quel momento Gary va in crescendo e viene addirittura chiamato a rappresentare gli Stati Uniti nella World Cup, che vincerà in coppia con Matt Kuchar.


Punti di forza

Direi in primis il fisico! Da ragazzo ha praticato diversi sport e questo ha fatto si che ora conosca perfettamente il suo corpo. Molti giovani d’oggi si chiudono nelle palestre, si rinforzano a dismisura ma non rendono certo il proprio fisico efficiente. Rinforzano ogni singolo muscolo ma quando devono lavorare insieme non sono capaci di farlo e non producono quindi né potenza né tantomeno controllo.

Il golf è uno sport nel quale conta molto la coordinazione e il giocatore deve avere quindi in ogni istante la percezione di quello che sta facendo ogni suo singolo muscolo. Ai giovani golfisti d’oggi direi quindi: potenziarsi sì ma nel modo giusto, senza perdere il controllo del proprio corpo!

Parlando di swing direi proprio la sinergia tra braccia e spalle nel backswing: mi piace quando le mani non fanno troppa strada e si fermano appena le spalle smettono di ruotare. Quest’azione ti permette una partenza compatta, senza compensazioni.

Punti deboli

Nel passato il putt è sicuramente sempre stato il suo punto debole. A fine anno Woodland è entrato solo un paio di volte nei primi 100 delle statistiche di colpi guadagnati sul green. Ma ora, dopo lo U.S. Open, Gary ci ha fatto cambiare idea! In questo momento non vedo quindi punti deboli, migliorerei solo l’azione del piede sinistro durante il downswing. Molto spesso il peso va troppo presto all’esterno del piede che deve poi quasi scivolare per potersi aprire e far passare la parte destra del corpo.


LA SCHEDA

Nato il 21 maggio 1984 a Topeka, in Kansas, è passato pro nel 2007 iniziando a giocare sul Nationwide Tour, il circuito satellite americano.

Alla fine del 2008 conquista la carta per il PGA Tour attraverso la Qualifying ­School ma il primo anno non lo vede tra i protagonisti, con solo otto tagli superati su 18 tornei.

La svolta nel 2011 con il primo titolo, il Transition Championship, e lo stesso anno conquista in coppia con Matt Kuchar la World Cup per gli Stati Uniti a Mission Hills.

Trionfa al Reno-Tahoe Open nel 2013 ma deve aspettare quasi cinque anni per sollevare un altro trofeo, il ­Phoenix Open, vinto al playoff contro Chez Reavie nel ­febbraio del 2018.

Il resto è storia dei giorni nostri, con il primo major, lo U.S. Open, conquistato con merito nel tempio di Pebble Beach a giugno, con tre colpi di vantaggio su Brooks Koepka.