Alessia Nobilio racconta il suo primo anno da protagonista sul Ladies European Tour tra sfide, crescita e la consapevolezza di voler vivere di golf
C’è una determinazione silenziosa nello sguardo di Alessia Nobilio, la stessa che l’ha accompagnata sin da bambina sui fairway di casa, quando il golf era ancora un gioco e non una professione. Oggi, a 24 anni, dopo una carriera dilettantistica costellata di successi in Europa e nel mondo e il terzo posto nel World Amateur Golf Ranking, la giovane milanese ha concluso il suo primo anno sul Ladies European Tour con la consapevolezza di essere sulla strada giusta. Dietro la sua compostezza, si nasconde una passione autentica, costruita giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, tra voli intercontinentali, statistiche da analizzare e ore di pratica sotto il sole. Alessia è l’emblema di una generazione che non ha paura di mettersi alla prova, che affronta le difficoltà come parte del percorso, trasformandole in occasioni di crescita. Dopo la laurea in Economia alla University of California, Alessia ha scelto di inseguire fino in fondo il sogno di vivere di golf. Il primo anno da rookie sul Tour è stato un viaggio impegnativo, fatto di sfide, solitudine e piccoli grandi traguardi, come il 39° posto nell’ordine di merito europeo ma, soprattutto, un percorso interiore di maturità e consapevolezza.
Si è appena concluso il tuo primo anno sul Ladies European Tour. Qual è il tuo bilancio?
Arrivata a fine stagione posso dire di essere contenta, ho ottenuto dei buoni risultati e ho chiuso la stagione al 38° posto nell’ordine di merito europeo. Ovviamente ho affrontato molte difficoltà, soprattutto a metà anno, quando mancavo diversi tagli e la mia carta per il LET era in bilico, ma sono molto fiera di come ho reagito. Non è semplice ritrovarsi da soli a dover affrontare certe situazioni e, alla fine, ne sono uscita più forte.
A quali situazioni ti riferisci in particolare?
In primis al viaggiare tanto e così lontano da casa. Si chiama Ladies European Tour, ma in realtà in Europa si gioca pochissimo. Ho sofferto un po’ l’essere da sola, il dovermi adattare e lo stare senza il mio team accanto, ma ho trovato un bel gruppo di giocatrici, amichevoli e disponibili ad aiutare. Tuttavia, alla fine, tutto dipende da te, e questa è una grande differenza rispetto a prima. Quando sei dilettante sei, tra virgolette, coccolata, tutti si occupano di te e tu devi solo pensare a giocare.
Cos’hai imparato da questo primo anno da rookie?
Ho raggiunto la consapevolezza di voler fare del golf il mio lavoro. Ammetto di essere stata molto spaventata all’idea di gettarmi in questa avventura perché temevo che la pressione e il dover “performare” a tutti i costi, avrebbero preso il sopravvento. Invece, ho scoperto che questo è davvero il mio sogno. Nonostante le difficoltà, avere la possibilità di viaggiare e dedicarmi completamente a ciò che amo è stata la sorpresa più grande.
Ti sei laureata in economia alla UCLA, a Los Angeles. Come ha influito il tuo percorso universitario sulla decisione di diventare professionista?
Negli ultimi due anni in America facevo fatica a mantenere la mia routine e il mio livello di gioco. Non mi sentivo pronta a fare questo passo, ma ho deciso di prendere in mano la situazione senza voltarmi indietro. Dopo la laurea, ho lasciato gli Stati Uniti e la possibilità di un master e mi sono dedicata completamente al golf, ed è stata la scelta migliore che potessi fare.
Ti aspettavi un impatto così intenso sul Tour, ci sono stati aspetti che ti hanno sorpresa?
È stato più intenso di quanto pensassi, soprattutto dal punto di vista mentale. È una vita che ti mette continuamente alla prova, dentro e fuori dal campo.
Nel golf la mente conta quasi quanto la tecnica. Quanto è importante per te questo aspetto?
Direi che è fondamentale ed è ciò che mi ha permesso di resistere un anno intero. Mi sono resa conto di quanto la componente mentale sia una priorità e ho deciso di dedicarci più tempo avvalendomi dell’aiuto di Camilla Dettori, la mia mental coach. Con lei ci focalizziamo molto sulla respirazione e sulla gestione dei pensieri positivi, e non è affatto facile quando si ha una gara dietro l’altra da dover gestire e pochissimo tempo per recuperare. Cerco sempre di trovare un equilibrio, cambiare routine e distrarmi. E, soprattutto, cerco di salire sul tee della 1 con gioia e consapevole di aver dato tutto.
Mi parlavi di quanto in trasferta ti manchi il tuo team di lavoro? Da chi è composto?
Da novembre ho cambiato lo staff. Oggi, mi segue sul gioco lungo Søren Hansen, coach danese di fama mondiale e quando sono a Milano, Antonello Bovari. Roberto Zappa per il putting, Sergio Manenti per la preparazione atletica e, come ho detto prima, Camilla Dettori, la mia mental coach.
Com’è cambiata la tua routine di allenamento rispetto a quando eri dilettante?
Mi alleno di più e in modo più mirato. Lavoro tanto sulle statistiche e sui numeri Durante ogni prova campo pre-gara prendo misure precise e mi concentro sui colpi che ritroverò in quel determinato percorso.
Verso la fine della stagione mi sono però resa conto che praticavo troppo durante i tornei, e questo mi stancava. Ora faccio meno: 9 buche al giorno, non più 18, con un approccio più equilibrato. Ho inserito anche sessioni regolari con la fisioterapista che mi hanno aiutata molto.
Com’è una tua giornata tipo durante il Tour?
Facciamo una giornata di prova campo: sveglia presto, sessione di allenamento concordata con il mio preparatore atletico e direzione golf club. Pratica di un’ora e mezza e dopo in campo, ma solo 9 buche, per studiare bene il tracciato.
Successivamente, in base alle statistiche, allenamento mirato sui colpi da migliorare. Infine, fisioterapia e riposo. La sera sempre cena con le amiche italiane, non sono una persona solitaria. Sono molto legata ad Anna Zanusso e Alessandra Fanali, siamo state insieme anche in Nazionale e condividere questa vita con loro è di grande aiuto. Ci conosciamo bene, sappiamo come supportarci e di cosa abbiamo bisogno nei momenti di difficoltà.

Quali obiettivi ti poni per la prossima stagione?
Vorrei avere più libertà di scelta e accesso a gare con montepremi più alti. L’obiettivo è migliorare il mio ranking e provare la Qualifying School per l’LPGA. Se riuscissi a chiudere tra le prime dieci del LET, potrei accedere direttamente allo stage finale. Ma non voglio precorrere i tempi. Mi piace procedere passo dopo passo. È stato importante fare un’esperienza sul LET Access e capire che potevo guadagnarmi la carta per il Tour maggiore. Ora vedremo se sarò pronta per lo step successivo.
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Vincere un major. Se dovessi scegliere, direi l’Evian Championship.
Cosa ti motiva ogni giorno a dare il massimo?
La voglia di migliorarmi. Amo allenarmi e vedere i piccoli progressi quotidiani. Anche quando studiavo, non mi interessava prendere il voto più alto, ma andare al golf e vedere che l’allenamento dava i suoi frutti. Quando riesci a riprodurre in gara ciò che hai provato in allenamento, quella è la vera gioia. E poi so di essere molto fortunata perché mi sto costruendo un futuro in un modo che amo davvero.
Hai un modello o un’ispirazione nel mondo del golf?
Banale, ma dico Tiger Woods. La sua dedizione, la sua etica del lavoro, la sua mentalità sono sempre stati un esempio per me.
Chi è Alessia fuori dal campo?
Mi definiscono estroversa, un po’ rompiscatole (colpa del mio perfezionismo), ma se mi affeziono do tantissimo, soprattutto alle amicizie e alla famiglia.
Se potessi dare un consiglio a una giovane golfista che sogna di arrivare dove sei tu, cosa le diresti?
Che serve dedizione, sacrificio e tanta passione. Io ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha dato la possibilità di provarci, ma tutto dipende dal proprio impegno. Quando sei giovane, è dura, ma i risultati ripagano tutto. E, soprattutto, divertitevi. Il golf è meraviglioso, quindi andate al circolo, giocate e innamoratevi di questo sport.
Rookie ma con grinta da veterana