La lunga attesa è terminata, ci siamo.

L’Italia, Roma e il Marco Simone Golf & Country Club sono pronti a ospitare la prima Ryder Cup organizzata nel nostro Paese, la 44esima dall’inizio della sua storia, una delle più iconiche e leggendarie dello sport mondiale.

Sarà la 23esima da quando a sfidarsi sono Stati Uniti ed Europa, con un palmarès che ci vede avanti: 11 vittorie continentali contro 9 a stelle e strisce, più un pareggio, quello a Belfry nel 1989, in cui la coppa restò a casa nostra come detentori del titolo.

Curiosità e spettacolo

La prima grande curiosità sarà quella di vedere il Marco Simone allestito a festa, degno teatro del più grande spettacolo golfistico mondiale.

Il campo, a detta dei giocatori che negli ultimi tre anni hanno partecipato all’Open d’Italia, rappresenta un duro test tecnico. Il suo set up finale, poi, lo renderà ancora più impegnativo, cercando di mettere in difficoltà soprattutto i bombardieri statunitensi.

Il colpo d’occhio sarà impressionante, sia per chi avrà la fortuna di assistere personalmente dal vivo alla gara sia per chi si accomoderà serenamente sul proprio divano di casa. Il bellissimo contrasto tra la terribile festuca che contorna il tracciato e il verde brillante di fairway e green risalterà ancora di più lo spettacolare disegno del campo, impreziosito da un saliscendi naturale che consentirà ai fan grande visibilità su più di una buca.

Le tribune e i pavilion, già pronti prima dell’estate, renderanno il Marco Simone un catino impressionante in stile Bombonera, il mitico stadio del Boca Juniors capace di far tremare le gambe anche ai calciatori più navigati.

Test impegnativo

Sarà una festa dentro e fuori dal campo, perché la Ryder ha nel suo DNA qualcosa di assolutamente magico, capace di trasformare i giocatori in gladiatori e il pubblico nel dodicesimo (anzi, golfisticamente parlando nel tredicesimo) uomo in campo.

Una cosa è certa: ci vorrà tutto il sostegno del tifo di casa per tirare fuori dal Team Europe il meglio e oltre, con l’obiettivo di vendicare la peggior disfatta in Ryder della storia recente, quella che gli americani ci inflissero a Whistling Straits due anni fa (19 a 9).

Non sarà semplice, ma la storia di questo torneo ci ha insegnato che quella che sulla carta può apparire una missione impossibile a volte si può incredibilmente trasformare in realtà.

Medinah, anno 2012, ne è il più clamoroso esempio. Ci proverà Luke Donald, per la prima volta alla guida del Team Europe dopo averne personalmente giocate quattro (2004, 2006, 2010 e 2012) senza mai conoscere la sconfitta.

Un vincente quindi, per provare a sovvertire i pronostici della vigilia che danno gli statunitensi su un altro livello, almeno sulla carta.

Americani favoriti sulla carta

Zach Johnson arriva a Roma con qualche critica (assurda a nostro avviso) sulle spalle in merito alle scelte fatte nelle sei wild card, su tutte quella di Justin Thomas, reduce da una stagione molto lontana dai suoi standard abituali ma fortemente voluto dal capitano USA al Marco Simone.

Il suo record in Ryder però parla chiaro: sei vittorie, due sole sconfitte e un pareggio. E il non tralasciabile fattore che JT è un animale golfistico da grandi arene e da match play, capace di esaltarsi in Ryder come in nessun altro scenario.

Un po’ quello che Ian Poulter ha rappresentato per l’Europa in tante indimenticabili vittorie continentali degli ultimi anni. Il resto della squadra americana è da far venire i brividi: sei dei primi dieci giocatori del World Ranking vestiranno la casacca a stelle e strisce (Scheffler, Cantlay, Schauffele, Homa, Harman e Clark). Spieth e Koepka (rispettivamente numero 12 e 15 del mondo) vantano otto major in due, Morikawa, Burns e Fowler completano un team di livello assoluto. Per capirci, il peggiore degli americani, World Ranking alla mano, è Rickie Fowler, numero 26 del mondo.

L’Europa ci deve credere

L’Europa cercherà l’ennesima impresa della sua storia nel tentativo di allungare una striscia vincente che in casa dura ormai da trent’anni (l’ultimo successo americano nel Vecchio Continente risale al 1993 a Belfry, 15 a 13 con Tom Watson alla guida del Team USA).

Donald avrà dalla sua alcuni degli uomini più in forma del momento, su tutti Viktor Hovland, fresco dominatore della FedEx Cup e numero 4 del mondo. McIlroy, Rahm e Fitzpatrick completano il quartetto europeo tra i Top 10 del World Ranking, ovvero quelli su cui il capitano dovrà fare affidamento per dare al suo team una chance di vittoria.

Esperienza e scommesse europee

Esperienza, temperamento e sangue freddo li apporteranno Fleetwood, Rose, Hatton e Lowry, mentre quattro saranno i rookie al via al Marco Simone, lo scozzese MacIntyre, meritatamente qualificatosi di diritto, l’austriaco Straka, autore di un’eccezionale stagione sul PGA Tour, il danese Nicolai Højgaard e la sorpresa dell’ultima ora, lo svedese Ludvig Åberg, la grande scommessa di Donald.

Passato pro a giugno, Åberg ha impressionato nelle sole sei uscite tra PGA e DP World Tour, vincendo l’OMEGA European Masters a Crans. È la prima volta che un giocatore scende in campo in uno dei due team di Ryder senza mai aver preso parte nemmeno a un major da professionista. Gli servirà tutta la glaciale freddezza scandinava per superare il peso della pressione che solo la Ryder è in grado di generare. 

Chiudiamo con una nota tricolore: il rammarico di ospitare la Ryder senza nemmeno un nostro portacolori in campo è grande. Peccato, perché viste le ultime scelte di Donald, sia Francesco Molinari che Guido Migliozzi avevano tutte le carte in regola per puntare a un posto. Per loro è stata una stagione non certo brillante, e nello sport lo sappiamo ci sta. Chicco lo vedremo comunque dentro le corde del Marco Simone insieme a Edoardo, per la prima volta di due fratelli nel ruolo di vicecapitani. Il destino della nostra squadra passerà anche attraverso il loro determinante contributo. 

Forza Europa allora, Roma e l’Italia intera sono con voi.