Tra sogni e certezze, al Royal Portrush si incrociano le storie di affermati campioni e giovani promesse. Imporsi su un links è come domare un cavallo selvaggio: non lo fai con la forza ma con il rispetto e con la sensibilità di chi sa aspettare il momento giusto


L’edizione numero 82 dell’Open d’Italia è andata in archivio con il successo di Adrien Saddier. Trentatreenne di Annemasse, città dell’Alta Savoia, ha ottenuto all’Argentario il suo primo successo in carriera sul DP World Tour alla duecentesima apparizione, al termine di uno scontro tutto transalpino con Martin Couvra.

Saddier è il sesto francese a imporsi nel nostro torneo.

Una lunga tradizione iniziata con il leggendario Auguste Boyer, vincitore di ben quattro edizioni (1926, 1928, 1930, 1931) e tutt’oggi detentore con il belga Flory Van Donck del record di titoli. Seguono i successi di Renè Golias (1929), Marcel Dallemagne (1937), e i più recenti di Grégory Havret (2001) e Julien Quesne (2013). Inutile negare che un pizzico di delusione in Casa Italia c’è stata, ma resta comunque la soddisfazione delle belle prove di due dei nostri ragazzi più in forma del momento, Francesco Laporta e Jacopo Vecchi Fossa, autori di un’importante Top 10.

Per Saddier il successo all’Argentario è la prima grande svolta di una carriera che, sino a quel momento, non era mai decollata, anche a causa di un infortunio alla spalla che nel 2013 lo aveva messo fuori gioco nel primo anno da rookie sul DP World Tour. Sia lui che il classe 2003 Martin Couvra, uno dei ragazzi più interessanti della nuova generazione, si ritroveranno così sul tee della 1 del Royal Portrush per il 153° Open Championship.
>Un balzo niente male per due ragazzi il cui destino è radicalmente svoltato all’Argentario e che ora si misureranno su uno dei palcoscenici più prestigiosi del golf mondiale.

In Irlanda del Nord ritroveremo anche tre azzurri, Francesco Molinari, Matteo Manassero e Guido Migliozzi.

Il primo torna a Portrush là dove sei anni fa difese con onore la Claret Jug vinta a Carnoustie 12 mesi prima, chiudendo il torneo undicesimo. La speranza è che l’aria dei links metta Molinari nelle condizioni di ritrovare swing e certezze nel mezzo di una stagione sino ad ora piuttosto complicata.
Manassero, che non è sceso in campo all’Argentario per la nascita della sua primogenita Maddalena, con i links ha un amore viscerale. Tutto era nato ai tempi in cui, 16enne, stupiva il mondo prima conquistando l’Amateur Championship e poi dando spettacolo al fianco di Tom Watson e Sergio Garcia nell’indimenticabile Open Championship del 2009 a Turnberry.

Il ritorno di Matteo

Tornato a disputare il major britannico lo scorso anno a Troon dopo otto stagioni di assenza, a Portrush troverà uno dei links più spettacolari e tecnici, dove Madre Natura giocherà un ruolo di assoluta protagonista.

Sia lui che Guido Migliozzi hanno più volte dimostrato di sapere gestire magnificamente ogni condizione climatica su questi tracciati, esaltandosi anziché deprimersi nelle difficoltà. Per Manassero, reduce da ottime prestazioni nel suo primo anno sul PGA Tour, è un ritorno al passato che giunge nel momento perfetto per dimostrare, ancora una volta, le sue enormi qualità.

Lo stesso vale per Migliozzi, un purosangue capace di prestazioni straordinarie quando è stimolato al massimo.

Con l’armata statunitense comandata da Scheffler e Schauffele grande favorita, l’Europa cerca la sua personale rivincita, a partire dai due eroi di casa, Rory McIlroy e Shane Lowry. 

L’ultima parola, come sempre, spetterà a lui, il Royal Portursh.

Chi conosce i links lo sa bene: c’è qualcosa di profondamente affascinante in questi percorsi. Non si tratta soltanto di buche e fairway, è un’esperienza che tocca l’anima di ogni golfista. Una costa battuta dal vento, il mare a due passi e il profumo salmastro nell’aria. Il terreno ondulato, modellato non da ruspe ma dal passare del tempo, dal vento e dalla natura stessa.

Nessuna linea perfetta, nessuna simmetria artificiale: solo la bellezza autentica di un paesaggio selvaggio e sincero.

È qui che nasce il golf nella sua forma più pura, e a detta di molti, più bella.

Qui non basta colpire forte o dritto: serve testa, cuore e intuito, come se ogni colpo fosse una conversazione con la natura, dove a volte si vince, a volte no, ma dove ogni volta si impara qualcosa. Ed è proprio questo che rende i links così magici: ti ricordano che il golf, nella sua essenza, è un viaggio, e non una semplice partita.