Colin Montgomerie non ha certo bisogno di grandi presentazioni. Conosciuto affettuosamente da milioni di persone in tutto il mondo come “Monty”, è una delle star del mondo golfistico più riconoscibili della sua generazione.

Numero uno europeo per otto anni consecutivi, dietro a un aspetto severo e reverenziale nasconde invece quella gentilezza e verve prettamente British che sa metterti subito a proprio agio. Uomo Ryder per antonomasia, ha all’attivo otto edizioni come giocatore, vincendo sei match singoli e pareggiandone due. Record ancora imbattuto, oltre alla indimenticabile impresa da capitano di 13 anni fa. 

Ed è proprio da qui che partiamo in quella che, consentitemelo, è stata una delle più appaganti e complete interviste fatte fino ad ora dalla nostra testata. Dalle sue parole, mai scontate e banali, traspare tutto l’amore per il golf e, soprattutto, per la Ryder Cup. Un appuntamento immancabile per lo scozzese ormai arrivato alla soglia dei 60 anni. 

Iniziamo proprio dalla sua Ryder Cup al Celtic Manor nel 2010, un’edizione molto speciale per la grande vittoria conquistata sul campo e per noi italiani, con Francesco ed Edoardo Molinari in squadra. 

Sono da subito stato molto felice che Francesco si sia qualificato perché l’ho sempre considerato molto adatto al mio team grazie al suo gioco preciso e al suo temperamento educato e pacato. L’ingresso di Edoardo è stata poi la ciliegina sulla torta, insieme creano un team perfetto, compatto e affiatato. È stata la prima volta nell’era moderna che la Ryder Cup vantava due fratelli in squadra, un evento di per sé già unico. Ricordiamo tutti la canzone cantata dal pubblico in loro onore.

Nel 2010 ha selezionato Edoardo come sua ultima wild card. Cosa pensa di lui come giocatore e del suo lavoro con Statistic Golf?

Edoardo sarà un ottimo vicecapitano, un uomo intelligente, preparato che ha dalla sua una profonda conoscenza dei numeri, aspetto basilare ai giorni nostri. Nel 2021 Padraig Harrington poteva contare su Robert Karlsson, altro grande giocatore della mente matematica, ora Luke Donald si affiderà a Molinari. Il suo lavoro sulle statistiche sarà fondamentale per la selezione dei giocatori, soprattutto per gli accoppiamenti di venerdì e sabato. 

La scelta di far giocare insieme nel 2010 Francesco ed Edoardo è stata totalmente sua o ha avuto richieste specifiche anche da parte loro?

Direi entrambe. Hanno sempre giocato insieme fin da piccoli, si conoscono, si supportano e per me è stato immediato accoppiarli nei match di venerdì e sabato. Credo che il loro modo di giocare si sia perfettamente amalgamato, si incitavano e fomentavano a vicenda e questo è stato basilare. A Roma tra qualche mese non li vedremo sul tee della 1 nei foursome e nelle quattro palle ma sarei veramente felice se Francesco dovesse ottenere un posto e riavere così due italiani in squadra, anche se con ruoli diversi. 

Dopo l’esperienza di capitano nella Hero Cup, crede che Francesco possa ricoprire tale ruolo in una futura edizione di Ryder? 

Credo proprio di sì. Ha fatto un ottimo lavoro a Dubai così come Tommy Fleetwood, suo grande amico. Francesco è un ragazzo tutto di un pezzo sia dentro che fuori dal campo e questo è importantissimo per lo spogliatoio. Trasmette calma e tranquillità, qualità essenziali per i giocatori. Ti dirò di più, credo fermamente che la Ryder Cup del 2010 sia stata fondamentale per farlo sbocciare. È sempre stato un giocatore molto riservato, estremamente educato ma timido. L’esperienza al Celtic Manor gli ha fatto capire che poteva competere con i più forti giocatori del mondo senza timore reverenziale e nel corso degli anni ha tirato fuori il carattere ottenendo successi incredibili.

Ma allora quali caratteristiche bisogna avere per essere un buon capitano?

Prima cosa il rispetto dei giocatori e avere una mentalità vincente, sempre, da quando ci si alza al mattino a quando si va a letto la sera. Sapersi poi sacrificare per il bene della squadra e dare sempre il 100% delle proprie possibilità. 

Cosa ne pensa delle modifiche apportate al processo di selezione della squadra europea? 

Le trovo giustissime. Ritengo che più scelte si hanno a disposizione più la squadra si rafforzi. In passato ne abbiamo avute sempre troppo poche. Nick Faldo, ad esempio, aveva appena due wild card, io ne avevo tre ma dovendo selezionare i 12 più forti giocatori in quel momento preciso la conseguenza è che lasciai a casa nomi del calibro di Paul Casey, Sergio Garcia e Justin Rose.  

Se le scelte fossero domani, chi convocherebbe tra la rosa dei nostri giocatori europei?

Ah che domanda difficile! Partiamo con il dire che sicuri ci sarebbero i quattro giocatori di punta: Rory McIlroy, Jon Rahm, Viktor Hovland e Matthew Fitzpatrick ai quali si aggiungerebbero, con ogni probabilità, Tommy Fleetwood e Shane Lowry. Nelle scelte poi tantissime giovani leve come i gemelli Højgaard e grandi nomi e amici di Ryder come Justin Rose, tornato a vincere in America, Tyrell Hatton e lo stesso Francesco Molinari. Sarà importante avere un italiano dentro le corde al Marco Simone. 

Nella sua lunga esperienza nella biennale sfida tra Europa e Stati Uniti è più impegnativo e difficile fare il capitano o il giocatore?

Questa è facile: il capitano senza ombra di dubbio. Quando giocavo avevo una sorta di controllo su quello che stavo facendo, al massimo dovevo gestire la tensione in coppia con il mio compagno di match. Il ruolo del capitano è tutta un’altra cosa. Non hai il pieno controllo e penso che questa sia la parte più snervante. Ecco perché dall’esterno potevo risultare così cupo e serio. Puoi preparare psicologicamente i tuoi ragazzi quanto vuoi ma poi sul tee della 1 li lasci andare e devi solo aspettare che tornino dal campo sperando in punti preziosi. 

Ci sarà al Marco Simone? 

Sì, sarò presente, mi troverete nella tenda ospitalità degli ex capitani. Avrò la possibilità di vedere per la prima volta il percorso e Roma, una città incredibile, seconda a nessuno, un museo a cielo aperto. Sono tra l’altro molto fiducioso su questa nuova squadra che si andrà a creare. Onestamente non lo ero molto a Whistling Straits perché avevamo avversari nettamente più forti e il risultato è stato lampante ma oggi credo nella vittoria dell’Europa.