Il Royal Portrush promette una sfida al cardiopalma fino all’ultimo colpo. Solo chi saprà unire tecnica, tenacia, strategia e massimo controllo potrà domare questo incredibile links 


Il rinomato percorso del Royal Portrush si trova nella regione più settentrionale dell’Irlanda del Nord, affacciandosi maestosamente sull’imponente Oceano Atlantico.
Questa posizione privilegiata non solo offre una vista spettacolare, ma contribuisce anche a creare un’atmosfera unica che incanta golfisti e visitatori. Il percorso, noto come Dunluce, trae il suo nome dalle affascinanti rovine del Castello di Dunluce, che troneggiano su una scogliera di basalto tra le località di Portrush e Portballintrae.
Fondato nel lontano 1888 dall’illustre architetto Henry Colt, ha subito una sola modifica significativa nel 2015 dall’architetto Martin Hebert, per adattarlo alle esigenze moderne. Fino al 1951, il Royal Portrush ha avuto l’onore di essere l’unico percorso a ospitare un Open Championship al di fuori dei confini del Regno Unito.

Finalmente Portrush

Dopo aver brillantemente accolto il Senior Open nel 1995 e l’Irish Open nel 2012, e grazie all’entusiasmo generato dal campione locale Darren Clarke, vincitore del major britannico nel 2011, l’R&A ha scelto di riportare il torneo a Portrush nel 2019. L’eccezionale spettacolo messo in scena dal campo, unito alla massiccia affluenza di pubblico e alla trionfante vittoria dell’irlandese Shane Lowry, ha ulteriormente convinto gli organizzatori a selezionare nuovamente Portrush per questa 153esima edizione.

Le caratteristiche distintive di questo percorso sono strettamente legate alla sua concezione come autentico links, progettato per inserirsi armoniosamente tra le dune della meravigliosa isola di smeraldo. Le dune sabbiose, i fairway stretti, le folate di vento di traverso, la rigogliosa erica che costeggia le buche, i rimbalzi imprevedibili e le piccole pendenze rendono questo campo una vera sfida.

In aggiunta, i giocatori devono confrontarsi con le variabili meteorologiche, che possono cambiare drasticamente nell’arco di una sola giornata, alternando momenti di pioggia a brevi schiarite. Tra le insidie naturali, il vento rappresenta la variabile più temuta, poiché può influenzare notevolmente la giocabilità del tracciato. Si è  spesso chiamati a colpi con vento laterale che soffia dall’Oceano, in particolare nelle prime tre buche, creando una situazione particolarmente complessa su un percorso così stretto come quello di Portrush.

Qual è quindi la strategia più efficace per adattarsi a questo impegnativo links?

La storia del golf ci insegna che per ottenere buoni risultati su percorsi come questo è cruciale sviluppare una solida competenza nel gestire il volo della palla in presenza di forti venti. È quindi fondamentale dotarsi dell’attrezzatura giusta che permetta di avere un angolo di lancio basso e con pochi giri di spin. In aggiunta, la tecnica di esecuzione dei colpi è altrettanto importante e può discostarsi notevolmente dai metodi tradizionali praticati. Tra gli errori più comuni vi è l’allargamento eccessivo della posizione dei piedi e la verticalizzazione del bastone durante il down swing, nel tentativo di colpirla con maggiore forza.

Questi approcci errati possono portare a un colpo che parte basso, ma con un eccessivo spin, rendendo la palla vulnerabile all’influenza del vento, soprattutto quello laterale. I golfisti locali, che tendono a posizionare i piedi più vicini tra loro e a eseguire uno swing più fluido e attorno al corpo, rappresentano un ottimo esempio da seguire, poiché riescono a far partire la palla in modo più teso e controllato, limitando l’impatto delle condizioni ventose. Questi aspetti sono ben noti agli handicap bassi, ma risultano particolarmente evidenti per coloro che sono abituati a giocare in queste condizioni fin dalla giovane età. 

Una volta adattato il volo della palla alle caratteristiche meteorologiche, è essenziale prestare particolare attenzione a tutti gli altri aspetti del gioco per ottimizzare le prestazioni in campo.

Diventa cruciale praticare colpi a correre, le uscite dai bunker e affrontare green che, pur essendo più lenti, presentano numerose piccole pendenze, spesso difficili da leggere. 

Proprio per queste ragioni, sono molti i giocatori a stelle e strisce che prendono parte allo Scottish Open, la settimana precedente il major britannico, per acclimatarsi a questo tipo di condizioni, che si discosta notevolmente da quelle americani.

Ritornando a parlare del percorso, ogni buca offre ai giocatori una strategia differente, grazie alla sua conformazione ondulata. A differenza della maggior parte dei links, che sono generalmente pianeggianti, Portrush presenta un numero maggiore di dislivelli. È quindi necessario saper individuare i punti ideali di battuta sui fairway per calcolare il rimbalzo, cercando di posizionarsi nel punto migliore per attaccare il green, proprio come farebbero all’Augusta National. I fairway, che all’apparenza sembrano morbidi, nascondono in realtà una notevole velocità, consentendo alla palla di rotolare a lungo.

Prima di entrare nel merito dei colpi verso il green, è importante discutere del rough.

Se il primo taglio è gestibile e consente di mandare la palla sul green, un errore nel secondo taglio costringerà spesso a utilizzare un wedge per rimettere in gioco la palla.

Ciò che sorprende i giocatori e rende questo campo un enigma strategico sono i green stessi.

Duri e, come li ha definiti Tiger Woods, “elastici”, la palla rimbalza vigorosamente. È importante considerare che questi giganti verdi non seguono il comportamento tipico di un comune links, dove si può tentare di far rimbalzare la palla. Molti di essi, infatti, sono rialzati e presentano un falso ingresso, il che rende impossibile il rimbalzo: se il colpo è troppo corto, la palla non raggiunge il green, mentre se si colpisce con troppa forza, la pallina potrebbe rotolare oltre il green stesso. È quindi necessario saper gestire bene chip e pitch, adattandosi continuamente alle difficili condizioni.

Infine, un altro aspetto a cui i giocatori devono abituarsi è la lentezza dei green, probabilmente i meno veloci su cui giocheranno durante la stagione, il che potrebbe rappresentare una doppia sfida per alcuni. Per i professionisti moderni, però, questa è parte integrante della loro preparazione quotidiana, poiché sono abituati ad adattarsi a tutte queste variabili. Tuttavia, le condizioni meteorologiche rimangono un fattore determinante.

In conclusione, il Royal Portrush rappresenta un percorso straordinario, situato in una location unica, con una storia ricca e avvincente. 

Personalmente, considero l’Open Championship il major più affascinante dell’anno. Se alcuni dei campi che hanno ospitato l’Open hanno in passato reso l’esperienza meno coinvolgente, di certo Portrush non rientra in questa categoria. Arrivando in paese, si percepisce immediatamente l’atmosfera: qui, la gente segue, gioca e discute di golf, in particolare di Open Championship. Si tratta di uno spettacolo straordinario che rimarrà per sempre scolpito nel cuore e nella mente di tutti gli appassionati e di coloro che, come me, seguiranno il torneo con fervore fino all’ultimo colpo.