Con grande emozione ripercorro il trionfo della squadra maschile ai Campionati Europei a Squadre. Un successo storico, reso ancora più speciale dallo spirito e dall’amicizia di questi sei splendidi atleti
Difficile descrivere a parole le sensazioni che si provano nel vincere un Campionato Europeo a Squadre. Devo ammettere che raggiungere questo splendido traguardo in terra britannica, sullo storico percorso di Killarney, ha reso questo successo ancora più prestigioso e saporito.
Sulla carta, guardando le singole posizioni dei nostri giocatori nel World Ranking, non eravamo certo tra i favoriti di questo Europeo ma il clima che siamo riusciti a creare all’interno del team e la solida amicizia dei ragazzi hanno fatto la differenza e, senza voler mancare di rispetto agli avversari, quando abbiamo ingranato la quinta marcia non c’è più stato nulla da fare, per nessuno! È stato davvero bellissimo vedere le maglie azzurre lottare ed esultare in campo, darsi la carica gli uni con gli altri, correre ad aiutare i compagni appena finito il proprio match e urlare di gioia abbracciandosi dopo ogni singolo punto conquistato.
È così che si deve onorare il tricolore, con spirito combattivo e senza mai mollare
In alcuni momenti della settimana mi è sembrato di vivere in uno splendido film. È stata una gara lunga e faticosa, con temperature incredibilmente calde per essere in Irlanda e con il vento che ha soffiato in tutte le direzioni, cambiando ogni giorno il volto del tracciato. Negli scontri diretti eravamo talmente carichi e motivati che ogni giorno, nonostante le 36 buche, guadagnavamo sempre più energie fisiche e mentali. Abbiamo macinato tanti chilometri, ma ad ogni passo compiuto il serbatoio invece di svuotarsi sembrava riempirsi sempre più di un magico carburante.
Abbiamo dato tutti il massimo per aiutare i nostri atleti a diventare Campioni d’Europa, dal capitano Sebastiano Moro al fisioterapista Damiano Guidi per finire con il mio gemello nel lavoro, Alain Vergari.
Penso di poter dire che tutti insieme siamo riusciti a creare la settimana perfetta.
L’unico momento difficile del torneo lo abbiamo affrontato la mattina del match contro la Francia. Nei due doppi di apertura abbiamo giocato proprio male perdendoli entrambi. In antitesi al nostro sconforto, a pochi metri da noi esplodeva la gioia dei francesi, super galvanizzati sia dal meritato vantaggio che dal pessimo gioco espresso dagli italiani.
Ho notato che nelle teste degli azzurri stava prendendo spazio la convinzione che la partita fosse ormai irrecuperabile e che stessero addirittura perdendo la tensione del match, cosa che non puoi assolutamente permetterti se vuoi avere una minima possibilità di lottare contro una Francia composta da sei fortissimi giocatori e tre esperti allenatori.
Quando manca questa tensione vuol dire che ti sei spento dentro, vuol dire che hai già perso prima di cominciare e puoi quindi iniziare a fare le valigie per andare a casa. E noi eravamo davvero vicini a quel baratro ma inconsciamente i nostri avversari, hanno forse fatto l’errore di pensare che i singoli del pomeriggio sarebbero stati una passeggiata di salute. Quando ho visto i francesi sedersi a tavola tranquilli, sorridenti e rilassati ho di colpo intravisto uno spiraglio di luce. Non potevo proprio accettare che i nostri giocatori fossero umiliati e giudicati non all’altezza della situazione, li avevo visti lottare per vincere in tutte le ultime gare disputate e conoscevo bene sia il loro livello di gioco che le loro teste. Di colpo mi è salita l’adrenalina, ho guardato Alain e immediatamente abbiamo pensato la stessa cosa: dovevamo sfruttare quel momento e ribaltare la situazione, dovevamo trasformare in positiva una mattinata estremamente negativa.
In battaglia il momento migliore per infilarsi nelle file nemiche è sempre stato quando l’avversario, assaporando la vittoria, si rilassa e abbassa la guardia.
Ci siamo quindi riuniti e abbiamo parlato per una quindicina di minuti tutti insieme chiedendo ai ragazzi se qualcuno di loro avesse già per caso nella testa la sensazione di non poter vincere il proprio incontro o addirittura la convinzione di averlo già perso, ancor prima di mettere la palla sul tee della 1. Il problema più difficile da risolvere era uno solo: se tutti insieme avessero iniziato a pensare ai quattro punti che ci separavano dalla vittoria, la montagna da scalare sarebbe stata sicuramente troppo alta.
La squadra doveva per forza di cose smettere di ragionare come un unico insieme, doveva scomporsi in cinque parti e ognuno di loro doveva quindi pensare esclusivamente al proprio match, senza pensare a cosa stessero facendo gli altri.
Il compito dei primi giocatori era diventato quindi fondamentale: dovevano per forza di cose andare up il più presto possibile, solo così potevamo suonare la carica e dare fiducia e motivazione al resto della squadra.
Ho fatto presente ai nostri ragazzi che chi ama lo sport aspetta solo questi momenti per sentirsi vivo come atleta e che nelle teste dei campioni la voglia di vincere è sempre superiore alla paura di perdere. I ragazzi dovevano per forza di cose rendersi di conto di essere nel posto giusto al momento giusto e avere la fortuna che avevano nell’avere a disposizione un’occasione così bella e importante per dimostrare tutto il loro valore. E così è stato. Il nostro ariete Fantinelli ha tenuto testa al loro quasi invincibile numero uno, mentre Binaghi e Ferrero a suon di birdie sono andati rispettivamente 5 e 3up dopo solo 9 buche.
Nelle seconde 9 buche Ponzano ha iniziato a lavorare ai fianchi il suo avversario, portando l’Italia in parziale vantaggio. E quale migliore momento poteva scegliere Gagliardi per imbucare da fuori green e cambiare le sorti del suo difficile match alla buca 16, sotto gli occhi di Binaghi e Ferrero che avevano appena vinto il proprio match ed erano corsi in suo aiuto.
Ognuno di loro ha esattamente fatto quello che gli era stato chiesto di fare: aveva portato a casa il proprio punto per poi correre immediatamente a fare da caddie ai compagni.
Un pomeriggio davvero indimenticabile! Gioco aggressivo, colpi spettacolari, carattere, convinzione e determinazione. Il difficile test era stato sorpassato a pieni voti e ci aveva rinforzati sotto ogni punto di vista.
Adesso la fortissima Inghilterra, che aveva vinto la qualifica con 44 colpi sotto il par, doppiando tutti gli avversari come numero di birdie non ci faceva più paura.
Ognuno di noi dentro di sé, senza confidarsi con gli altri aveva capito che eravamo entrati in un momento magico, eravamo entrati nel flow vincente.
Gli inglesi avevano una delle squadre più forti degli ultimi anni e tutti sapevamo quindi molto bene che avremmo dovuto tirar fuori il meglio di noi stessi sia a livello tecnico che mentale per poterli battere, ma non eravamo mai stati così pronti. Dopo il pareggio nei doppi siamo andati in campo con la stessa convinzione del giorno precedente e i ragazzi hanno ripetuto il clamoroso exploit vincendo tutti e cinque i singoli con un gioco e una determinazione da veri campioni.
La finale con la Danimarca è stata incredibile come livello di gioco.
Nei foursome Gagliardi/Binaghi hanno fatto registrare il miglior doppio degli interi europei con sette birdie e un eagle, chiudendo i conti alla 14. Nel frattempo, Ferrero/Ponzano sembravano avere la complicità e la precisione di una coppia di pattinatori su ghiaccio giocando un golf perfetto con un’autorità e una sicurezza esemplari.
Avendo terminato i due incontri molto velocemente avevamo un intervallo di un’ora e mezza prima della partenza dei singoli. Troppo lunga per i miei gusti, avrei voluto andare in campo subito.
In quel momento ho avuto paura che la lunga pausa e la troppa euforia potessero abbassare la concentrazione e la determinazione perché tutti ormai ci davano per vincenti.
La Danimarca nei turni precedenti aveva rimontato sia la Germania che l’Irlanda partendo da 0-2 e non volevo correre il rischio che i ragazzi si trovassero impreparati ad una eventuale rimonta dei nostri avversari. I danesi hanno un fortissimo spirito di squadra e ci hanno sempre insegnato che non mollano mai, sapevo che se gli avessimo dato una piccola chance l’avrebbero presa al volo e ci saremmo trovati in seria difficoltà. Abbiamo mangiato poco e siamo andati subito a praticare per non rischiare di avere un calo di tensione.
Dopo un inizio molto equilibrato, nelle seconde nove buche l’Italia ha schiacciato sull’acceleratore e i nostri ragazzi hanno nuovamente vinto tutti i punti a disposizione.
Non era mai successo nella storia dei Campionati Europei Assoluti che una finale si concludesse con un secco 7-0 e che una squadra concludesse il torneo senza aver perso un solo punto negli scontri individuali.
Un capolavoro, reso ancora più speciale perché raggiunto da una squadra di veri amici e di ottimi studenti, in un contesto di semi professionisti.
Grazie ragazzi. Ci avete regalato una gioia immensa. Siete ancora tutti molto giovani, non so quindi se nella vita diventerete dei giocatori del Tour o dei manager ma sono sicuro che porterete nel cuore questa settimana per sempre e che la racconterete con orgoglio ai vostri figli e ai vostri nipoti.
In tutti questi anni, in tutte le competizioni sportive, quando partono le prime note dell’Inno d’Italia mi viene comunque sempre la pelle d’oca e l’emozione mi invade il corpo. Devo dire che quando suona per la tua squadra è davvero la cosa più bella al mondo e vorresti solo che non finisse mai.
La mia squadra
Giovanni Binaghi: il matto indomabile
Riccardo Fantinelli: l’ice man spacca ghiaccio
Michele Ferrero: il cinico astuto
Biagio Gagliardi: il gladiatore senza paure
Julien Paltrinieri: il killer tranquillo
Filippo Ponzano: l’elegante imperturbabile
Damiano Guidi (fisioterapista): mani d’oro
Sebastiano Moro (capitano): aura pura
Alain Vergari (vice commissario tecnico): fedele e instancabile
