A sei anni dall’ultima edizione giocata in Irlanda del Nord, a Portrush, quando ero campione in carica, cerco  un risultato che possa ridarmi fiducia e slancio per la seconda parte della stagione


Dopo sei anni torno a Portrush. Nel 2019 fu una settimana particolare che chiudeva un ciclo, un anno dopo la vittoria dell’Open Championship a Carnoustie. Ho tanti ricordi legati all’esperienza di quella settimana speciale. 

Il campione in carica arriva al circolo con la Claret Jug e, seppur sia una copia, la riconsegna del trofeo diventa un momento particolare, perché dopo averla conservata per un anno intero, si vorrebbe tenerla con sé più a lungo. Quando si arriva a un torneo da vincitore si ha parecchia attenzione da parte dei media e del pubblico.

La vittoria all’Open Championship non ha rappresentato un grande cambiamento per i fattori esterni ma lo è stato per le mie aspettative e la mia percezione piuttosto che per quella degli altri.

Sono sempre stato esigente verso me stesso e in quell’anno lo sono stato ancora di più. Quando ti rendi conto che hai raggiunto un traguardo del genere, speri e lavori per raggiungerne altri di pari importanza. Venivo da qualche anno in cui giocavo a un livello molto alto e la mia vita pratica, dopo aver vinto un major, non è cambiata più di tanto.

Al Royal Portrush ricordo bene il tee della buca 1. Ho giocato dietro a Rory McIlroy nei primi due giorni e c’era il mondo intero a seguirlo. Ho tirato il primo colpo davanti a una folla impressionante. Il ricordo dell’accoglienza che ho avuto è ancora forte e ben presente nella mia mente.

Il Royal Portrush è un classico links che subisce gli elementi atmosferici. Ci sono alcuni colpi ciechi e tante buche con il vento che taglia da destra a sinistra o viceversa, rendendo i fairway difficili da prendere. È un percorso molto scenografico, sul mare, con le dune di rough. Insomma, un campo tipico da Open Championship. Il pubblico irlandese, molto simile a quello britannico, ha una grande attenzione per i giocatori di casa. Tutti ricordiamo il primo giro di Rory in 79, sicuramente dovuto al peso delle grandi aspettative che tutti riponevano su di lui. Penso che, specie dopo aver vinto il Masters, non sarà facile gestire la pressione, ma scopriremo se McIlroy è cambiato. 

Dove si vince la gara?

Dipende molto dalle condizioni meteo che ci saranno. In assenza di vento il percorso sarà attaccabile. Se invece il tempo sarà quello tipico nordirlandese, diventerà un test molto complicato. Bisognerà tenere la palla in gioco dal tee e il controllo di questa nel vento diventerà la sfida principale.

Spesso in queste occasioni ci si mette in sacca ferri lunghi da giocare dal tee. Non si utilizzano molto durante l’anno e quindi nelle settimane precedenti li testiamo e ci alleniamo per metterli in gioco. Questo è il motivo per cui molti scelgono di disputare lo Scottish Open la settimana prima, perché, sebbene non sia proprio lo stesso tipo di percorso, ci sono alcune caratteristiche di terreno simili.

Come ci si prepara per i links

Un altro aspetto distintivo è la preparazione del gioco intorno al green, poiché cambia l’interazione con il terreno, che è duro e con la palla meno sollevata rispetto al solito. Tecnicamente i colpi alti diventano più complicati e si tende a giocare maggiormente a correre. Rispetto al solito, bisogna essere sicuri di non colpire troppo prima e arrivare con il bastone vicini alla palla all’impatto perché non è possibile passarci sotto. I green sui links sono più lenti rispetto a quelli sui quali giochiamo di solito. Alcuni miei colleghi appesantiscono il putter per facilitare il rotolo della palla, più stabile anche con il vento. I green necessitano più del controllo della velocità che della lettura della linea. Se si ha un buon ritmo è più facile imbucare. Chi putta bene è comunque avvantaggiato perché, sebbene ci siano meno pendenze, l’abilità sui green rimane la chiave. 

Torno a Portrush curioso di vedere il mio gioco su campi diversi dai parkland americani. Fare bene su un links può trasformarsi in motivo di fiducia per i tornei successivi. In Olanda, al KLM Open, su un tracciato abbastanza simile e con vento, ho avuto buone sensazioni. 

Quindi arrivo con fiducia, consapevole che il livello sarà altissimo, ma pronto a giocarmi bene tutte le mie carte.