A metà strada tra Como e Milano, nella tenuta di un antico castello, sorge il Golf Club Carimate, uno dei primi esempi nazionali di zona residenziale con abitazioni all’interno di un golf, nato su un progetto tutto made in Italy, dalla matita di Piero Mancinelli, per ciò che concerne il campo e di Guido Veneziani e Vico Magistretti per clubhouse e arredamenti interni (tra cui la famosissima sedia amata dai Beatles).

Il GC Carimate, che nel 2012 ha compiuto i suoi primi 50 anni, ha sempre fatto del discorso ambientale un must ricevendo da St Andrews già nel 2002 la “green flag” (importante riconoscimento “eco- friendly”) e non potrebbe essere altrimenti visto che nell’area dove è stato ritagliato il campo è presente un bosco di oltre diecimila piante, con molte specie autoctone e alcune rarissime, come lo stupendo cedro dell’Atlante, pianta centenaria e imponente, che padroneggia il par 5 della buca 11.

A prendersi cura di questo gioiello è arrivato nel settembre del 2017 Carlo Querzoli, cinquantasettenne milanese di origine siciliana diplomato Superintendent nel 1993 alla scuola nazionale (e dal 2003 Superintendent certificato), che ha avuto il suo primo contatto con il golf nel 1984 quando andò a lavorare come semplice operaio al Molinetto Country Club, dove proprio in quell’anno si completavano le 18 buche.

Carlo, che è stato nominato dall’AITG “course manager” dell’anno nel 2010, ha raccolto l’eredità di Luigi Cignoni arrivando sulle colline brianzole dopo una lunga permanenza a Castelconturbia, dove nel 1998 ha vissuto in prima linea la soddisfazione di preparare il campo per un Open d’Italia.

«Nel 1985 al Molinetto Country Club ho partecipato alla cura del percorso per l’Open d’Italia e da lì è partita la mia passione per questa professione – racconta Carlo – È stata una bella esperienza frenetica e di spettacolo, al tempo non avevo incarichi di responsabilità quindi l’ho vissuta in modo sereno.

Nel 1998 sono stato incaricato per la preparazione del campo dal presidente di Castelconturbia, Edoardo Guenzani.

Il direttore, Marco Pozza, mi ha coordinato e trasmesso molto della sua esperienza sostenendomi e aiutandomi in tutto.

La preparazione delle buche per lo svolgimento dell’Open è senz’altro una bella esperienza per chi svolge questo lavoro, perché si cerca di portare il campo alle migliori performances sotto tutti i profili.

Richiede una precisa programmazione di tutti i lavori da svolgere prima della manifestazione, ci vuole anche un buon team di lavoro molto motivato e preparato professionalmente.

Questo ti permette anche di affrontare con forza gli imprevisti che puntualmente si verificano.

Purtroppo è stato un Open molto bagnato. Ricordo che dopo aver preparato il campo al top, il giorno dopo la Pro Am iniziò a piovere con temporali “apocalittici”.

Io e i mie colleghi abbiamo passato il resto dei giorni con la tuta antipioggia giorno e notte.

Il percorso era allagato in ogni parte. Si rischiò pure di chiudere la manifestazione il lunedì per impraticabilità del campo.

Comunque è stata sicuramente una bella esperienza perché la preparazione inizia mesi prima della manifestazione, dopo sono solo operazioni di normale manutenzione».

Carimate è un percorso molto parti- colare con una notevole differenza di escursione termica e climatica tra le buche più alte (le seconde 9) e quelle più basse (dalla buca 3 alla 7). Può fare una descrizione dal punto di vista delle erbe e delle essenze del vostro campo, con caratteristiche e peculiarità del percorso?

«Come ha ricordato lei, il Golf Carimate è situato su due livelli e questo comporta differenze climatiche sostanziali sia a livello di temperatura che di umidità.

I nostri green sono stati costruiti con il metodo USGA, in impianto è stata seminata dell’Agrostis stolonifera.

Negli anni purtroppo è comparsa la Poa annua che come tutti sanno è un’erba molto aggressiva, sensibile e di difficile gestione.

Una sua caratteristica è quella di avere un’altissima produzione di seme e ciò rende la superficie dei green difficoltosa nella gestione dell’uniformità del tappeto erboso.

La Poa ha anche un colore molto chiaro che dà uno sgradevole effetto estetico. La sua propagazione è molto difficile da controllare.

Attualmente stiamo effettuando diverse trasemine per cercare di riportare il tappeto erboso in agrostide.

Integriamo anche tutte le pratiche agronomiche del caso. Anche sui tee si trova Agrostide stolonifera, e ultimamente sono state in- sediate delle varietà di Cynodon.

A fine estate effettuiamo trasemine con loietti in modo da avere un buon tappeto erboso, fino alla ripresa vegetativa della Bermuda.

I fairway sono in Agrostide stolonifera e il top soil drena molto grazie ai vari apporti di sabbia silicea.

Anche dopo abbondanti piogge il terreno drena bene e riusciamo a disputare gare e fare manutenzione».

Quali sono i principali interventi necessari durante l’anno per mantenere il campo ad uno standard sempre elevato?

«Il Golf Carimate nasce nel 1962 e negli anni sono stati eseguiti dei lavori importanti di ristrutturazione tra cui il rifacimento dei green e dell’impianto irriguo.

Tuttora si continuano a fare lavori di ammodernamento e l’ultimo è stato la costruzione di un’area di pratica per il gioco corto.

Il direttore Walter Gorla mi ha dato obiettivi ben precisi per la manutenzione del percorso.

La pulizia costante del campo e la giocabilità nelle migliori condizioni è uno dei nostri principali obiettivi.

Stiamo puntando molto sulla cura dei particolari a 360°. Siamo tutti sensibilizzati a mantenere ordine e pulizia.

Nella falciatura del campo curia- mo molto anche l’aspetto estetico dei tagli eseguendoli in modo incrociato dove è possibile.

Cerchiamo di svolgere i tagli del campo nelle prime ore del mattino in modo da arrecare meno disturbo possibile ai giocatori.

Disponiamo di un buon parco macchine efficiente e moderno, questo ci permette di avere una buona qualità nell’esecuzione dei lavori manutentivi.

Una risorsa importante sono tutti i miei colleghi, la giovane età e la loro professionalità nell’esecuzione dei lavori ci permettono di tenere un livello manutentivo davvero di qualità».

Un tema molto “caldo” di cui si è discusso davvero parecchio nelle ultime stagioni è quello legato al Piano d’Azione Nazionale, con le varie problematiche sorte per le limitazioni imposte a livello di trattamenti. Qual è la sua opinione maturata in questi anni?

«Il Golf Club Carimate è da sempre sensibile all’ambiente. Ha puntato tantissimo sulla eco sostenibilità del golf raggiungendo importanti certificazioni tra cui Certificazione EMAS, Certifi- cazione Progetto Impegnati nel Verde 2001, Geo Certified, Certificazione Uni En Iso9001.2015 e Uni Iso 14001.2015,

Committed To Green 2002. Dall’introduzione del PAN il modo di fare la manutenzione al tappeto erboso è cambiato e cambierà ulteriormente.

A Carimate ormai sono anni che vengono utilizzati microrganismi per combattere le varie patologie.

Sono state insediate delle essenze di Cynodon sui tee e, integrando le varie pratiche agronomiche, si è cercato di ridurre al minimo l’uso dei prodotti fitosanitari.

In alcuni casi il Ministero della Sanità ha concesso deroghe per l’uso temporaneo di alcuni principi attivi che ci hanno aiutato in situazioni difficili nelle varie stagioni.

Certo è che nel nostro settore si cerca di evitarne l’impiego. Con il nostro consulente, Massimo Mocioni cerchiamo di attuare le migliori strategie.

C’è ancora molto da lavorare, ma dobbiamo impegnarci tutti per avere un ambiente il più sano possibile.

Sicuramente anche chi pratica il golf si deve rendere conto e accettare che in certi periodi è molto difficile avere un campo esente da alcune problematiche manutentive».

L’acqua e la gestione delle risorse idriche sono un problema per voi?

«Purtroppo sì. Non abbiamo grosse risorse idriche, attingiamo acqua da un pozzo di nostra proprietà e la pompiamo in un piccolo bacino di decantazione.

La qualità non è delle migliori e per questo è stato installato a monte dell’impianto irriguo un acidificatore per abbassarne il pH.

Nel periodo estivo la centelliniamo e nei lunghi periodi siccitosi è un vero dramma.

Sicuramente avere un altro bacino di riserva ci garantirebbe maggior autonomia».

Vi avvalete di pc e software per l’organizzazione e la gestione del campo?

«Per la gestione utilizzo un computer con i programmi di word ed excel in modo di fare una programmazione ed una elaborazione di tutti i dati raccolti durante l’anno.

Per la gestione dell’impianto irriguo utilizzo il sistema Toro Lynx che ci permette di irrigare il campo con dei programmi specifici per le varie superfici del campo.

Questo ci permette di avere anche risparmi idrici ed elettrici.».

Da quante persone e costituito il suo team e ci sono attività che appaltate ad esterni?

«Lo staff della manutenzione campo è composto da sette persone, una delle quali si divide tra la manutenzione dei macchinari e la manutenzione del campo vera e propria. Il personale è impiegato per tutto il periodo dell’anno nella manutenzione ordinaria e straordinaria del percorso.

Provengono tutti da un percorso scolastico inerente alla professione svolta.

Nel caso in cui si debbano affrontare lavori dove occorrono attrezzature specifiche appaltiamo i lavori ad aziende esterne».

Una delle caratteristiche di Cari- mate è la presenza di oltre diecimila piante, censite nel 1993. Come si gestisce e si cura questo straordinario patrimonio botanico?

«Una parte importante dei nostri lavori sta proprio nel prendersi cura delle piante del nostro campo.

Vengono investite molte risorse economiche per le potature, messa in sicurezza di quelle precarie e il rinnovo delle piante morte.

Ci avvaliamo della consulenza tecnica di un esperto, Davide Baridon, in modo di avere un controllo sullo stato di salute e mettere a punto migliorie da apportare per salvaguardare il patrimonio arboreo».

Rapporto con i soci e la dirigenza?

«Dal mio insediamento ho avuto riscontri positivi da parte dei soci e della dirigenza.

Mi relaziono quotidianamente con il direttore in modo da avere uno scambio di informazioni sugli impegni sportivi e sulla programmazione della manutenzione.

Settimanalmente facciamo un sopralluogo in campo per avere una visione comune sullo stato del percorso e delle varie problematiche».

Difficoltà che si incontrano nella sua attività, pregi e difetti?

«Le difficoltà ricorrenti sono le condizioni climatiche molto estreme.

Le stagioni sono sempre più difficili da interpretare e si verificano situazioni molto al limite da gestire.

Il tutto va a scontrarsi con l’attività sportiva che richiede un percorso sempre nelle migliori condizioni. C’è da dire che una volta raggiunti gli obiettivi prefissati, il risultato ti gratifica».

È un lavoro che consiglierebbe ad un giovane?

«Ma sicuramente, con la preparazione scolastica che hanno, un po’ di passione e tanto impegno alla fine i risultati arriva- no.

Come in tutte le professioni bisogna crederci».

Un aneddoto particolarmente originale capitato in questi anni di attività?

«Non me ne vengono in mente, ma posso dire tranquillamente che considero il campo da golf come un figlio.

Alla mattina la prima preoccupazione è di sapere come sta.

Quando faccio il giro del campo vado a vedere subito le varie situazioni critiche di cui sono a conoscenza per interpretarne lo stato di salute».