Sostenere che il golf è in continua evoluzione in tema di innovazioni nell’attrezzatura rispetto ad altri sport non è un’opinione, è un’affermazione basata sui numeri.

Negli ultimi 40 anni, delle decine di migliaia di brevetti concessi nello sport, quelli che riguardano il golf sono stati il doppio rispetto a discipline quali il football americano, il baseball, la pallacanestro, l’hockey, il tennis, il nuoto, il calcio e lo sci.

Negli ultimi settant’anni il nostro settore ha assistito a una evoluzione continua, un’incessante spinta tecnologica che ha prodotto in alcuni casi una vera e propria rivoluzione nel gioco.

In questo speciale servizio abbiamo voluto selezionare sette novità che hanno marcato le ultime sette decadi e che hanno influenzato la produzione di tutto il settore.

Abbiamo dovuto forzatamente lasciarne fuori alcune memorabili, come i softspike, gli ibridi e i launch monitor solo per citarne tre.

Ma che voi siate dei professionisti o dei semplici dilettanti, quelle che vi presentiamo hanno di fatto segnato un’epoca e contribuito con il loro successo a modificare le prestazioni di centinaia di migliaia di giocatori in tutto il mondo.

Un’evoluzione che non ha certo marcato il passo, anzi, altre decine di  rivoluzionarie novità fanno già parte del nostro golf e altre sono nel cassetto pronte a sorprenderci ancora una volta.

ANNI 50: Il grip in gomma antiscivolo

Un leggendario coach, Harvey Penick, una volta disse: “ Il grip in gomma antiscivolo ha cambiato la vita a tutti i professionisti di golf”. Potrebbe essere un eufemismo.

Quando Golf Pride (poi nota come Fawick Flexi-Grip Company) ha sviluppato la prima impugnatura in gomma antiscivolo nel 1953 non ha solo cambiato la vita dei professionisti di circolo ma l’intera ricerca, sviluppo e produzione dei bastoni da golf.

Il Rib Lock (il terzo da a destra) e altri celebri grip in gomma degli anni ‘50 hanno permesso ai designer di spingersi verso nuovi orizzonti nella produzione delle teste e degli shaft.

Oggi il grip è un componente dell’attrezzatura totalmente personalizzabile in termini di peso, forma, dimensioni, consistenza e colore in base al bastone e al singolo giocatore.

Sostituire il vecchio grip in pelle, più pesante, di breve durata e meno appiccicoso, con un composto che offriva trame multiple e migliorava l’interazione tra le mani e il bastone ha generato come prima conseguenza swing più veloci.

Questi nuovi grip hanno persino aiutato i giocatori a trovare con più facilità la posizione corretta delle mani grazie alle trame e la loro grafica, come il celebre Green Victory di Golf Pride.

I grip in gomma sconvolsero il mondo dell’attrezzatura come poche cose prima di allora, costringendo migliaia di golfisti a sostituire i vecchi con i nuovi, scoprendo un nuovo modo di colpire la palla.

ANNI 60: IL PUTTER CON PESO PERIMETRALE

Le origini del putter Ping 1-A sono semplici: Karsten Solheim lo creò velocemente e senza grande cura nei dettagli estetici.

Quando però colpì per la prima volta la palla e sentì il tono acuto che produceva, quel tipico ‘Ping’ che poi è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica, capì di essere sulla strada giusta.

“Non ho dormito quasi quella notte” – disse.

A quei tempi i principali putter in circolazione erano a lama, come il Bulls Eye o il Tommy Armor Iron Master.

L’apprezzamento per il nuovo putter crebbe però subito tra i suoi amici più stretti. Solheim era probabilmente il primo vero ingegnere a progettare un bastone da golf.

Come tale, il suo 1-A era diverso qualsiasi putter i golfisti avevano visto prima di allora, a partire dal materiale usato, il bronzo al manganese.

La faccia ‘galleggiante’ era attaccata solo al tacco e alla punta del putter. 

Metà della testa era vuota e il peso era concentrato sugli estremi.

Anche Solheim usò shaft True Temper per ferri corti anziché quelli per putter perché erano più rigidi e si torcevano meno all’impatto, e lo attaccò alla soletta.

Ha poi inserito un cuscinetto a sfere all’interno dello shaft per irrigidirlo di più e migliorarne la durata.

Da quel punto veniva prodotto il tipico suono. Bob Goalby, celebre pro del PGA Tour di quei tempi, era famoso per usarlo ma inserendo due nichelini nella fessura per attutire il suono acuto prodotto all’impatto.

Nonostante non abbia avuto al principio un grande esito, l’1-A è stato il più significativo progresso tecnologico di quegli anni.

La scoperta della collocazione del peso nelle zone perimetrali della testa del bastone è stata una svolta epocale nel golf e divenne la chiave dell’enorme successo dell’iconico Ping Anser, putter che ancora oggi influenza il design delle nuove produzioni e uno dei modelli più imitati nella storia dell’attrezzatura.

Niente male per un progetto fatto velocemente e senza tanti fronzoli.

ANNI 70: LO SHAFT IN GRAFITE

Potreste rimanere sorpresi di sapere che una delle più importanti innovazioni degli ultimi 70 anni è stata all’inizio un quasi fallimento.

Realizzato originariamente con fibre di carbonio sviluppato per il programma spaziale, lo shaft in grafite non ha avuto vita facile nei suoi primi vent’anni di vita.

I giocatori del PGA Tour facevano fatica a controllare i colpi a causa della sua costituzione più leggera e per il suo effetto frusta ma non si poteva negare che quelle fibre di carbonio rappresentavano un’opportunità di risparmiare peso non indifferente.

La grafite aveva 14 volte la resistenza dell’acciaio e permetteva ai nuovi shaft di pesare meno della metà di quelli vecchi.

Un’invenzione che di fatto avrebbe permesso ai giocatori di medio livello e quelli più anziani di giocare più a lungo e a quelli potenti di velocizzare ancora di più il loro swing e ottenere maggior distanza.

Si dovette attendere tuttavia sino a metà degli Anni 80, quando Aldila risolse i problemi di rigidità torsionale degli shaft in grafite.

La vittoria di Larry Nelson (a destra) nel PGA Championship del 1987 è stato il primo major conquistato da un giocatore che utilizzava shaft in grafite.

Nelle successive tre decadi i composti di carbonio monopolizzarono il mercato  degli shaft dei metalwood diventando una delle chiavi persino dello sviluppo delle teste.

Lo shaft in grafite ha dimostrato per la prima volta come l’applicazione di un nuovo materiale proveniente da un settore altamente tecnologico possa offrire soluzioni all’avanguardia anche al settore golf.

ANNI 80: I FERRI A CAVITà POSTERIORE

I ferri Ping Eye2 non sono stati i primi modelli perimetrali creati da Karsten Solheim, fondatore dell’azienda, ma certamente sono stati i più significativi.

Ricordato soprattutto per le sue scanalature quadrate, al principio non considerate regolamentari dalla USGA, l’Eye2 presentava differenti tecnologie ed elementi di design innovativi, un cambiamento significativo rispetto ai tradizionali muscle back a lama usati dalla maggior parte dei professionisti del Tour e dai golfisti di tutti i giorni.

Grande attenzione fu riposta sulla quantità di offset di ciascuna pipetta, la curvatura e il raggio della soletta, la forma della testa con la punta alta e il disegno della cavità posteriore.

Anche l’occhio nella cavità posteriore era posizionato in quel punto per generare un miglior feeling all’impatto con la palla.

Le scanalature quadrate producevano un elevato spin ma Karsten insisteva che il risultato era generato dal design del collo, che aiutava la testa a ruotare verso il basso all’impatto, aumentando così l’effetto della palla.

Questo design, che presentava il collo affusolato da entrambe le estremità e una sezione centrale stretta, fu usato per la prima volta nella versione del 1984 dell’Eye2.

Diverse versioni vennero prodotte in seguito, inclusa una più leggera e dei modello in berillio-rame.

La longevità dell’Eye2, il ferro più venduto al mondo per quasi un decennio, oggi sarebbe impensabile.

In gran fretta altri produttori tradizionalmente legati a produzioni di ferri a lama come MacGregor, Wilson, Tommy Armor e Ben Hogan, seguirono la strada di PING introducendo sul mercato nuovi ferri con peso perimetrale e design a cavità posteriore.

La rivista Golf World ha riassunto l’operato di Solheim in questo modo: “Karsten ha indicato la strada da percorrere, dimostrando che una soluzione utile e non necessariamente tradizionale poteva essere accettata anche nel rigido mondo del golf”.

ANNI 90: I DRIVER OVERSIZE

Un resoconto del PGA Show di Orlando del 1991 così citava: “Callaway ha colpito tutti con Big Bertha, un driver oversize in acciaio inossidabile”.

Più che un successo, il Big Bertha e stato un fenomeno culturale: le sue dimensioni hanno cambiato il concetto di driver, passato da un bastone che necessitava una grande capacità di controllo a uno estremamente tollerante realizzato per giocare all’attacco.

L’industria golfistica non ha mai rinunciato alla ricerca e allo sviluppo di forme più ampie fino a quando la R&A e la USGA non decisero di porre un limite alla dimensione della testa di un bastone circa una dozzina di anni dopo.

Con i suoi 190 centimetri cubi, il Big Bertha era circa il 30 percento più grande della maggior parte dei driver di allora ma quasi il 60 percento più piccolo di quelli attuali.

Il bastone era stato creato da un vero genio del design, Dick Helmstetter.

Anche se il rischio che il telaio potesse rompersi era elevato, Helmstetter trovò una fonderia disposta a realizzare il suo progetto.

“Sapevo che il design avrebbe funzionato” – disse in seguito -. Dovevo solo trovare un modo per metterlo insieme”.

Ci riuscì e dal 1993 il Big Bertha è diventato il driver più usato sui principali Tour internazionali e il bastone più venduto al mondo.

Due anni dopo Callaway andò oltre, presentando un driver ancora più grande, il Great Big Bertha.

Realizzato in titanio, metallo altamente resistente, ha consentito la creazione di facce più sottili che generavano all’impatto una maggiore velocità di rilascio della palla, con conseguente aumento sensibile della distanza complessiva.

Grazie a queste due rivoluzionarie novità il Big Bertha ha contribuito a cambiare per sempre la produzione di attrezzatura, regalando ai golfisti un nuovo modo di giocare, più semplice e performante che mai.

ANNI 2000: LE PALLE MULTISTRATO CON RIVESTIMENTO IN URETANO

Nella primavera del 2000, Hal Sutton così commentò il passaggio di Tiger Woods dalla Titleist Professional con nucleo rivestito in gomma alla nuova Nike Tour Accuracy con nucleo solido e rivestimento in uretano:

“Questo può essere un cambiamento epocale nella carriera di un professionista”.

E così è stato: la scelta di Tiger segna l’inizio di una nuova era per l’industria delle palline da golf.

Il nucleo solido in gomma rivestito da uno strato in polimero forniva molta più energia alla palla  rispetto a un centro liquido ricoperto da gomma, mentre la nuova copertura in uretano offriva grande spin nel gioco corto senza il rischio di tagliare la palla come invece accadeva spesso con le balata.

Molti giocatori del Tour ne presero nota anche se al principio non tutti i migliori giocatori del mondo ne furono pienamente convinti.

Tiger Woods però chiuse al terzo posto il primo torneo giocato in Germania, prima di iniziare una straordinaria striscia di sei vittorie in otto eventi tra cui tre major.

Il suo dominio assoluto fu una spinta eccezionale sia per il Tour che per il mercato golfistico, soprattutto quando la Titleist, il brand numero uno di palline al mondo, ufficializzò il test in laboratorio di un nuovo modello multistrato con rivestimento in uretano.

Da quei test nacque la Titleist Pro V1, che debuttò in ottobre sul PGA Tour a Las Vegas, con 47 giocatori che la utilizzarono, incluso il vincitore finale, Billy Andrade.

Il passaggio al nucleo solido e all’uretano era compiuto.

Solo due anni più tardi, le palle con nucleo rivestito in gomma erano scomparse dal Tour, così come la loro quota di mercato, approssimativamente del 30 percento.

Anche i giocatori dilettanti iniziarono a usare la Pro V1, con il vantaggio di coprire maggiore distanza e non tagliarla al primo colpo sbagliato, come invece accadeva quasi sempre con la balata.

La Pro V1 divenne in breve tempo un successo mondiale e ancora oggi, giunta alla sua undicesima versione, è la palla più venduta nella storia del golf.

Oggi, le palle multistrato con nucleo solido e rivestimento in uretano rappresentano il 60% del mercato e il 100% sul tour, davvero un cambiamento epocale.

ANNI 2010: I DRIVER SETTABILI

La più rilevante innovazione golfistica dell’ultimo decennio non ha visto la luce nei dipartimenti di Ricerca e Sviluppo delle principali case di attrezzatura mondiali ma negli uffici dell’organizzazione che gestisce il gioco del golf e ne definisce le sue regole, che spesso si è opposta a cambiamenti ritenuti troppo invasivi.

Quando la USGA decide di rendere più morbidi i limiti di regolazione della testa del bastone nel 2005, ha di fatto dato via libera alla creazione di un nuovo tipo di driver.

Invece che cambiare la testa i giocatori potevano settarla in base alle proprie esigenze e caratteristiche tecniche, il tutto con un’incredibile facilità.

A partire dal TaylorMade R7 Quad che presentava quattro pesi mobili nella soletta, tutti i driver e successivamente anche tutti i metalwood sono diventati personalizzabili.

In pratica lo stesso bastone poteva essere utilizzato da più persone, dal professionista al giocatore della domenica, bastava solo regolarlo in modo differente.

I driver settabili hanno dominato il mercato negli ultimi dieci anni: spostamento di pesi, pipette ruotabili per modificare loft, lie e angolo della faccia, strumenti che hanno permesso di migliorare le proprie performance e di fatto aprendo l’era del club fitting personalizzato.

I fitter attuali possono facilmente passare da una testa all’altra e attraverso migliaia di differenti combinazioni con il semplice utilizzo di una speciale chiavetta.

Entro la metà del decennio le viti sono state sostituite da pesi scorrevoli più pesanti, come dimostra il primo driver dotato di questa tecnologia e nato nel 2014, il TaylorMade SLDR, e successivamente il TaylorMade M5, che presentavano due binari con pesi movibili e una pipetta a 12 posizioni che offriva più di 21.000 combinazioni di setup su ogni testa.

Il giocatore della domenica è in grado di percepire la differenza nel volo della palla tra un tipo di setup e l’altro?

Probabilmente nella maggior parte dei casi no, ma lo ha fatto e, cosa più importante, sapendo che questo potrebbe aver fatto la differenza nelle sue prestazioni.

Grazie USGA.