Che la scienza non sia una materia inoppugnabile lo sappiamo fin dai tempi di Tolomeo.

L’astronomo greco (in effetti era egiziano, ma a quei tempi i Greci erano gli egemoni di tutta la cultura occidentale) aveva teorizzato un modello di sistema solare che aveva al centro la Terra, con il Sole in perenne movimento attorno a noi.

La sua dottrina aveva cancellato quella di Aristarco di Samo, greco doc, che più o meno trecento anni prima aveva ipotizzato che fosse il Sole ad essere fermo al centro del nostro sistema planetario, con Terra e Luna ad orbitare in tondo.

La disputa la vinse per ko il sistema di Tolomeo che resistette per oltre quattordici secoli a tutte le obiezioni, fino all’avvento di Niccolò Copernico, un polacco particolarmente tosto che riuscì a convincere, a furia di calcoli, esperimenti e procedimenti matematici, che in effetti aveva ragione il vecchio Aristarco.

La chiamarono “rivoluzione copernicana”, perché spostò addirittura il centro dell’Universo.

Neppure Einstein ebbe vita facile. La sua teoria della relatività fu guardata con sospetto e sufficienza da mezzo mondo accademico di allora, prima di diventare il pilastro riconosciuto di tutte le nuove conoscenze della fisica.

Se astronomi e fisici hanno avuto idee diverse e spesso opposte su temi in qualche modo molto concreti e studiati da secoli (le stelle, le loro orbite, il moto delle particelle, la massa e la velocità della luce) è abbastanza normale che su problemi nuovi e sconosciuti, per di più legati a protagonisti infinitesimali come i virus, gli scienziati siano andati un po’ a tentoni.

Da quando il pipistrello ci ha fatto questo scomodo regalo, ne abbiamo sentite di tutti i colori.

Doveva essere solo un’influenza un filo più carogna, un’onda anomala che fa molta schiuma ma poi si infrange senza lasciare traccia come la Sars.

Per combattere la malattia abbiamo sentito parlare di rimedi prodigiosi, antichi e per questo colpevolmente ignorati come la clorochina, un antimalarico che Trump si vanta di aver preso senza neppure consultare il medico.

Salvo poi scoprire che a certe dosi può essere letale più del Coronavirus. Oppure abbiamo letto di antivirali utilizzati contro l’Hiv dagli effetti prodigiosi anche se impiegati contro il Covid-19.

Per non parlare della miracolosa medicina giapponese che su Internet per qualche giorno ha fatto gridare al miracolo, prima di essere depennata dal prontuario dei medici di mezzo mondo.

Ma il caso più eclatante credo sia quello delle mascherine.

Non sto qui a spiegarvi le differenze tra i vari modelli: sono quattro mesi che ci propinano dotte disquisizioni su chirurgiche, FFP2, FFP3, auto costruite, eccetera.

La cosa che ha lasciato tutti perplessi è che all’inizio sembrava dovessero servire solo ai malati, poi solo a medici e infermieri, alla fine a tutti e non solo: con l’obbligo di indossarle anche all’aria aperta, in piazza o nei campi.

Qualche lampo di buon senso ha poi abrogato parte della normativa e ora, in green ci si può andare a narici libere, purché ci si tenga a debita distanza non solo dal driver dei nostri compagni di gioco, ma anche dai loro ‘droplets’.

Confesso però che a me l’idea di vedere i golfisti mascherati in campo non dispiaceva troppo. Con tutti i ladroni che si vedono in giro e con certi premi conquistati grazie a rapine a mano armata di putter, secondo me il fatto di agire a volto coperto aveva una sua ragion d’essere.

Di Zorro in giro ne ho visti pochini, ma di banditi (mascherati e non) sono pieni i green dalle Alpi al Canale di Sicilia.