La solitudine di chi gioca a golf è speciale: si tratta della capacità del giocatore di isolarsi dal resto del mondo nel momento di tirare i propri colpi.

La solitudine in campo di Renato Paratore è ancora più speciale: è la capacità del ragazzo di isolarsi così tanto dal resto del mondo da firmare un ottimo meno 5 dopo le prime 36 buche dell’Open d’Italia, senza lasciarsi sopraffare dal calderone venuto a galla nei giorni scorsi dei suoi mancati controlli antidoping. Controlli saltati – va aggiunto – per un mancato aggiornamento di un’application del Coni sul cellulare del ragazzo.

La solitudine in campo di Renato Paratore è così speciale da permettergli di tirare i suoi colpi mentre il pubblico sta ancora applaudendo il tiro del suo compagno di partita: “Lo so –racconta al termine delle prime 36 buche- lo so che la gente sta applaudendo, ma non mi dà fastidio. E poi quasi non la sento, io”.

La solitudine in campo di Renato Paratore è così speciale da permettergli di inventarsi un colpo dal tee della 18 totalmente diverso da quello che imposta tutto il resto del field: se gli altri giocano il legno 3 o il driver alti in draw a girare l’angolo di sinistra del dogleg, lui, Renato, disegna un tracciante da destra a sinistra bassissimo a correre col drive.

Con la carta già in mano per la prossima stagione sul Tour e con i nervi diesel e la tranquillità che si ritrova, questo Paratore mira a centrare direttamente le finalissime di stagione. Sempre che non giochi talmente veloce, ancora più velocemente del solito: “Lo so che in campo sono rapido –racconta-  perché poi vedo che mi tocca aspettare (anche oggi NdR). Però, amen, basta che resto tranquillo, al limite faccio due chiacchiere col caddie e il tempo passa”.

Ma di cosa parlate voi due tutte queste ore di gara?

“Beh, della Roma, della Lazio che magari perde, di dove ho mangiato la sera prima, e poi di altre cose che però è meglio che non ti racconto”.