Patrick Reed indossa la Giacca Verde del Masters numero 82. Sulla ruota dell’Augusta National è uscito il suo nome, meno accreditato forse di altri, ma il rendimento nei quattro giorni di gara giustifica senz’altro il successo. Alle sue spalle una classifica che non accetta discussioni, con tutti i i migliori del mondo (Fowler, Spieth, Rahm, B. Watson, Stenson, McIlroy e D. Johnson in ordine) racchiusi nelle prime dieci posizioni, con l’aggiunta del giovane australiano Cameron Smith (alla sua prima esperienza nel Masters), di Leishman e Finau.

Il 27enne texano (-15, 69 66 67 71) alla fine ha regolato due splendidi avversari come Fowler (-14, 70 72 65 67) e Spieth (-13, 66 74 71 64), che nell’ultimo giro gli hanno fatto più volte sentire il fiato sul collo o addirittura, come il secondo, erano addirittura riusciti ad appaiarlo in testa alla gara. Pur avendo disputato il quarto giro come peggiore del torneo, Reed ha tenuto i nervi saldi e ha recuperato varie situazioni difficili, segnando i due fondamentali birdie alla 12 e alla 14 e chiudendo poi le rimanenti buche in par. Per lui primo major in carriera e sesto successo sul Tour, arrivato dopo un paio di mesi di ripresa seguiti a un periodo di appannamento (l’ultima vittoria, nel Barclays, risale al 28 agosto 2016) che lo aveva fatto uscire dalle posizioni di punta della classifica mondiale. Era infatti 24° prima dell’inizio del Masters, la cui vittoria lo ha riportato all’11° posto, nonostante fosse arrivato secondo nell’ultimo major dello scorso anno, il PGA Championship, appaiato a Francesco Molinari e Oosthuizen, nella gara vinta da Justin Thomas.

L’82° Masters ha consegnato la sua Giacca Verde, che Garcia ha fatto indossare a Reed, all’11° diverso vincitore consecutivo. Dalla vittoria di Zach Johnson all’Open Championship 2015, si sono succeduti Jason Day, Danny Willett, Dustin Johnson, Henrik Stenson, Jimmy Walker, Sergio Garcia, Books Koepka, Jordan Spieth (unico fra tutti questi ad aver già conquistato un trionfo – anzi due – in un major), Justin Thomas e, appunto, Patrick Reed.

Questo dato la dice lunga sul grande equilibrio che regna ai vertici del golf mondiale, abituato qualche anno fa all’assoluto dominio di Tiger Woods. Al proposito, più che il suo 32° posto ci piace ricordare lo sprazzo di grande gioco che sulle buche finali del Masters lo ha portato a recuperare ben quattro colpi (birdie 13, eagle 15 e birdie 17), fra l’entusiasmo alle stelle del pubblico. Peccato per il bogey alla 72.a buche, che però non inficia il ritorno del grande Tiger in un major con un risultato senz’altro apprezzabile.

Meglio di lui è riuscito a fare il nostro Francesco Molinari (-2, 72 74 70 70), sopra par solo nel secondo giro e molto regolare nel weekend. In un inizio di stagione non all’altezza di quella precedente, il 20° posto nel Masters (a un passo dal suo migliore piazzamento, il 19° nel 2012) comunque gratifica il nostro Chicco, da anni ormai stabilmente ai vertici del golf mondiale. Un applauso lo merita anche stavolta.

Meritano una nota aggiuntiva tanto Fowler quanto Spieth. Il primo è al suo ottavo piazzamento nei primi cinque in un major, ma non è ancora riuscito a ottenere un successo, collezionando il terzo secondo posto dopo U.S. Open e Open Championship 2014. I sei birdie in 11 buche, dalla 8 alla 18, non sono stati sufficienti a portare Reed al playoff, ma il suo ultimo giro nel Master 2018 è fra quelli da mettere nell’archivio dei grandi ricordi.

Spieth era riuscito a compiere il giro quasi perfetto. Nove birdie ottenuti con un gioco millimetrico, prendendosi tutti i rischi possibili, hanno avuto come unico avversario il bogey alla 18. Ma lì Spieth avrebbe invece avuto bisogno del decimo birdie, per appaiare Reed, e il drive finito nelle piante gli ha reso impossibile l’aggancio. Il Masters 2018 il 24enne di Dallas se l’era però giocato nel secondo giro, concluso due sopra par, risultato che gli ha reso difficile ritornare in corsa. Per lui, comunque, la soddisfazione di un secondo giro in 64 colpi al Masters, dopo quello del 2015, quando vinse, impresa che negli ultimi decenni era riuscita solo a Greg Norman.