Inutile nascondersi dietro un dito: se volessimo usare un eufemismo, potremmo dire senza timore di essere smentiti che fino a questo momento la stagione 2015 di Martin Kaymer è stata così così. Poche soddisfazioni, zero vittorie, la perdita della carta del Pga Tour e la mancata qualificazione per i play off americani la dicono lunga sull’anno mogio del tedesco di Mettmann. Eppure le cose starebbero per virare al meglio: ne è convinto Martin che a pochi giorni dal suo attesissimo ritorno all’Italian Open in quel di Monza sprizza fiducia da ogni poro:

“È vero: arrivo in Italia con buone sensazioni. Nel corso dell’estate ho iniziato a sentire nelle mani che il mio gioco stava nuovamente tornando a un livello importante. Per questo motivo ho voglia di giocare, per ritrovare ritmo, fiducia e swing. La scorsa settimana, in Olanda, nel KLM Open, tutto ha girato benissimo. Peccato solo per il 74 finale, ma ho provato ottime sensazioni per tutto il torneo. Quindi sì, sono fiducioso”.

Quante volte ha giocato il nostro torneo di casa?

“Non saprei dire esattamene. Probabilmente due o tre volte, però mai al Golf Milano. Certamente in campi diversi e certamente a Torino. Peccato solo che in tutte queste occasioni non sia mai riuscito a visitare per bene il vostro Paese, ma si sa, quando si gioca una gara, il tempo per il resto è sempre ridotto al minimo. L’unica volta che ho fatto il turista nel vero senso della parola è stata una decina di anni fa, nell’estate che segnava la fine della scuola: sono stato a Venezia. È stato così fantastico che devo assolutamente ritagliarmi due o tre settimane per tornare con calma a visitare l’Italia”.

In che cosa lei si sente tedesco al 100%?

“In moltissimo, anzi sono il prototipo del vero tedesco, dal momento che tutto quello che in giro si dice di noi, beh, io lo sono! Voglio dire: siamo affidabili, super organizzati e quando facciamo qualcosa, lo facciamo nel migliore dei modi. All’estero spesso travisano queste nostre qualità e ci marchiano come rigidi, inflessibili, ma a a dire la verità, più giro per il mondo e più apprezzo il fatto di essere tedesco. Certo: spagnoli, francesi e italiani forse sanno godersi la vita di più, ma alla fine io mi sento fiero dei valori e delle caratteristiche del mio Paese”.

E quali di queste caratteristiche secondo lei si adattano al meglio al gioco del golf?

“Vede, non siamo tipi che si fanno prendere facilmente dagli up and down delle emozioni. Mentalmente siamo molto stabili e questa qualità sul campo è perfetta, perché si sa, per giocare al meglio non bisogna mai essere né essere troppo abbattuti, né troppo eccitati”.

La sua passione per le auto è nota, lei è persino ambassador di Mercedes-Benz nel mondo, ma dopo l’incidente con il go kart di qualche anno fa, continua a scendere in pista?

“Non guido i go kart da almeno due o tre anni: a dire il vero, era un amore non molto funzionale per il golf (ride, ndr)! Però inutile mentire: adoro la velocità e le auto mi piacciono da matti, quindi ben venga l’Open a Monza! Pensi che qualche settimana fa ero a Londra e con Nico Rosberg, il pilota della scuderia Mercedes di Formula 1, abbiamo provato e guidato una Mercedes GT: favolosa!”

Martin, un’ultima domanda: a 30 anni il golf è ancora la cosa più importante della sua vita?

“Certo è una parte preponderante, ma non è tutto. Bisogna capire che se facciamo questo mestiere meraviglioso è grazie all’aiuto e al supporto della famiglia e di chi ci vuole bene. E loro vengono sempre prima di tutto. Il golf resta un gioco, un divertimento e non è giusto che oscuri tutto il resto, anche se qualche volta pare costringerci a focalizzarci troppo sul nostro lavoro. Dobbiamo invece ricordarci di costruirci una famiglia, di avere dei figli, perché queste sono le priorità. Se poi questi aspetti funzionano, allora anche il golf girerà alla grande”