È quello costituito dal Modena Golf e dal suo Direttore, Davide Colombarini, che in oltre trent’anni ha reso il circolo emiliano una delle realtà più brillanti della nostra penisola. Vi raccontiamo qui il perchè di un successo da prendere come esempio assoluto

Nato per iniziativa di un gruppo di imprenditori locali nel 1987, il Modena Golf & Country Club è
oggi una delle più belle realtà del nostro settore. Dietro a una struttura completa,
dotata di servizi di assoluta qualità e di un campo di grande livello tecnico, progettato
da Bernhard Langer in collaborazione con l’architetto americano Jim Engh, c’è il lavoro attento di uno staff che contribuisce quotidianamente con la sua professionalità, passione e competenza
al suo successo.

Primo su tutti, Davide Colombarini, il direttore del circolo, una vera e propria colonna portante del club emiliano ormai da oltre trent’anni, come lui stesso ci ricorda ricordando l’inizio della
sua carriera golfistica.

“Mi sono avvicinato al golf nel 1979, quando avevo solo nove anni. Grazie a un amico ho iniziato a fare il caddie al Golf Bologna, poi dai 14 ai 19 mi sono occupato un po’ di tutto, persino della gestione notturna degli impianti di irrigazione manuale del campo.

A Bologna non c’era spazio, così a fine 1988, appena diplomato, mi recai a fare un colloquio al Modena Golf per il ruolo di caddie master. Un socio del Bologna mi presentò a Cristiano Carrera, l’allora direttore: iniziai però occupandomi del campo, vista la mia precedente esperienza, seguendo l’impianto di irrigazione nei mesi estivi.

I lavori del percorso erano ancora in corso all’epoca: le prime 9 furono aperte a settembre del 1989, le seconde a luglio del 90, poi seguì la clubhouse, nel dicembre dello stesso anno, e infine la piscina, inaugurata a luglio del 91. Di fatto sono stato uno dei primi a lavorare sul campo e oggi, solo una persona può vantare una maggiore anzianità di servizio della mia al circolo, il superintendent, che arrivò quattro giorni prima di me.

Nel 1990 ho iniziato a dare una mano a Carrera nella gestione delle gare: a lui devo molto, è stato un punto di riferimento assoluto. Ero un taciturno, un introverso, mi ha insegnato tanto, a relazionarmi con le persone, a stare al mondo. Non posso che ringraziarlo, così come Alfredo Parmigiani, altro direttore storico del golf italiano, da poco scomparso.

A fine 1997 Carrera lasciò il circolo e mi fu proposto di prendere in mano la gestione. All’inizio il consiglio non credeva fossi in grado di farlo ma poi, con il tempo, mi sono guadagnato fiducia e rispetto. Grande merito va a Paolo Bussinello, uno dei componenti del Consiglio, che per me è stato un punto di riferimento assoluto come se fosse un presidente attivo. Con lui abbiamo cresciuto il golf fino a portarlo dov’è ora”.

Quali sono i successi più significativi della tua gestione e quelli che vorresti ancora ottenere?

“A fine anni 90 la società che aveva costruito l’impianto aveva l’obbligo contrattuale di ripianare il bilancio dell’associazione, quindi il nostro primo obiettivo è stato quello di riportare immediatamente il campo a pareggio, e ci siamo riusciti in solo un anno e mezzo di gestione.

Nel 2008 avevamo pronto il progetto e il finanziamento per costruire altre 9 buche da campionato, ma la crisi economica bloccò il nostro sogno che non vide mai la luce.

Qualche tempo fa l’immobiliare, proprietaria dell’impianto, ha avuto un contenzioso con uno dei soci che deteneva l’8% delle azioni: oggi il nostro obiettivo è consolidare il rapporto contrattuale con l’immobiliare e andare a definire il ripiano del debito, per avere la garanzia di mantenere per altri vent’anni il possesso del bene”.

Il 2020 è stato un anno difficile per tutti. Come avete vissuto il post lockdown e la riapertura e che bilancio fai di quest’annata?

“Il Modena Golf è stato uno dei primissimi circoli a riaprire dopo il lockdown grazie a una delibera del Governatore dell’Emilia-Romagna: ci è stata data la possibilità di utilizzare l’impianto sportivo
in quanto campo fin dall’8 di maggio.

Ci siamo dati da fare subito per mettere in totale sicurezza tutta la struttura, fornendo addirittura tutte le buche, executive comprese, di dispenser igienizzanti fissi. Riaprire in totale sicurezza era l’obiettivo, per la massima serenità da parte di tutti.

Oggi abbiamo un termoscanner che non molti posseggono, in clubhouse è presente un impianto, studiato dall’Università di Modena, che attraverso una termocamera va a individuare e segnalare le persone che sono troppe vicine e non rispettano il distanziamento sociale.

Meglio nei confronti dei nostri soci non potevamo fare, sono molto orgoglioso. Abbiamo lavorato sette giorni su sette, messo in sicurezza ogni servizio: la gente venendo da noi sapeva che poteva stare tranquilla”.

Quali sono le caratteristiche vincenti oggi del Modena Golf?

“A mio avviso sono tre: un grande settore agonistico, che parte da club dei giovani molto ben seguito dai nostri maestri, Anna Nistri e Luca Prampolini, con il supporto di Massimo Scarpa, un
campo eccellente, costruito e mantenuto sempre con grande attenzione, e una quota sociale, che considerando i servizi offerti, è sempre competitiva rispetto alle altre strutture del territorio”.

Quanto è stata importante la vetrina dell’Open d’Italia che avete ospitato nel 1993?

“Certamente ci ha permesso di far conoscere la qualità del brand Modena Golf sia in Italia che all’estero. Dal punto di vista turistico siamo nati con l’intento di convogliare principalmente il flusso tedesco (per questo fu scelto Bernhard Langer come progettista del campo) poi però la
nascita di molti ottimi circoli nell’area del Lago di Garda ha un po’ frenato la cosa.

Negli ultimi anni, prima del 2019, il numero dei golfisti stranieri che veniva a trovarci era decisamente rilevante, soprattutto da quando il Nord Africa era diventato off limits per questioni di sicurezza.

La nostra area ha un’importante impronta turistica e negli ultimi anni pre Covid viaggiava a incrementi a doppia cifra. Speriamo di recuperare presto una nuova normalità anche per questo aspetto tutt’altro che secondario”.

Qual è la ricetta per rendere il golf più accattivante?

“Noi abbiamo dato la possibilità, prevalentemente durante la settimana, di fare gare 9 o 18 buche a libera scelta. Abbiamo creato due circuiti, il Summer e il Winter Trophy, che danno l’opportunità
di scegliere in base al tempo a quale gara aderire.

Il vero problema è che le persone che si avvicinano non hanno ancora percepito che questo è uno sport che si può praticare anche in poco tempo, soprattutto all’inizio”.

Avete in mente nuovi progetti per il futuro prossimo?

“Non c’è mai limite nel voler far meglio. Per il campo l’obiettivo numero uno è migliorarne la qualità manutentiva. In un contesto come l’Emilia, dove ci sono molti ottimi circoli, se vuoi attrarre più persone ti devi posizionare su una qualità superiore.

Abbiamo realizzato recentemente una palestra ampia, una Golf Academy per dare uno strumento in più ai nostri maestri e ai soci, abbiamo investito sulla presenza di Massimo Scarpa per seguire le nostre giovani promesse.

Nei sogni c’è quello di realizzare qualcosa al di fuori del golf, che aiuti la struttura ad avere un maggiore flusso di persone per gestire al meglio i costi della clubhouse. Stiamo cercando di
comprendere quali altri sport, alternativi al golf, si possano fare all’interno della nostra struttura.

Non avendo più realizzato il progetto delle ulteriori 9 buche da campionato abbiamo 30 ettari su cui stiamo riflettendo con progetti paralleli, non ultimo la possibilità di dare vita ad alcuni campi da padel. Più genti porti più spalmi i costi di gestione e incentivi l’utilizzo dei vari servizi del circolo, come il bar e il ristorante”.

Quali sono gli obiettivi per il 2021?

“Il primo è quello di sanare la situazione dell’immobiliare, poi cercare di riportare subito la struttura a pareggio dopo questo complicato 2020”.

Qual è il complimento più gradito che hai ricevuto e quale la critica costruttiva più centrata?

“Le critiche vanno accettate sempre, perché il nostro intento deve essere quello di saper interpretare i messaggi che soci e clienti ci mandano quotidianamente.

Non amo i complimenti, mi interessa di più la fiducia e la stima, e quella devo dire che l’avverto da parte sia del consiglio sia da parte di chi frequenta il nostro circolo”.

Ti sei mai visto in un contesto diverso da quella che ormai è la tua casa, il Modena Golf?

“Ho fatto la scuola agraria per cui nella mia testa c’è sempre il sogno nel cassetto un giorno di poter realizzare qualcosa di mio, un nuovo percorso di golf. Magari un giorno ci riuscirò”.

Cosa consiglieresti al nostro movimento?

“Le strutture golfistiche italiane restano molto individuali, sia i circoli che i campi pratica: non si riesce a costruire una rete che possa condividere gli intenti e soprattutto che possa organizzare un’attività che non sia lesiva gli uni agli altri. Bisognerebbe iniziare a realizzare strutture nelle città, municipali, semplici, dai costi accessibili e facilmente utilizzabili. Oggi purtroppo si continua a vedere il golf come un ambiente elitario. Bisogna svecchiarlo, creando prima di tutto strutture alla portata di tutti”.