Il caso è abbastanza recente. Lo scorso 15 ottobre, il nostro Renato Paratore era alle prese con la gara conclusiva del suo primo anno sull’European Tour. Stiamo parlando dell’UBS Hong Kong Open, cui il 18enne talento romano aveva preso parte per difendere il suo piazzamento nella Race to Dubai. Al momento il suo 107° posto gli consentiva di mantenere la carta (ci riuscivano i primi 110 della classifica), ma non c’era certo da scherzarci sopra.

Al termine del primo giro, il fattaccio. Renato firmava e consegnava uno score sbagliato. Secondo quanto ha appurato per noi il grande Niccolò Nesti, la cosa sarebbe andata così: arrivato in albergo, Renato si era accorto di avere annotato un 4 anziché un 5 alla buca 11. Lo ha comunicato ai giudici di gara e, alla luce delle regole del golf, inevitabile la squalifica. Nei tre giorni successivi la sua carta è stata in bilico, con il rischio di vedersela soffiare sotto il naso per una manciata di euro, che nella corsa verso Dubai la classifica trasforma in punti.

Al termine della gara, risoltasi in volata per un solo colpo fra il vincente Justin Rose e il danese Lucas Bjerregaard, grande respiro di sollievo. Per soli 1.009 punti Paratore era riuscito a difendere quel 110° posto che gli consentirà di affiancare Francesco Molinari e Matteo Manassero fra gli azzurri che il prossimo anno manterranno l’esenzione per disputare le gare dell’European Tour. In attesa che altri, attraverso il Challenge o la Qualifying School, riescano a raggiungerli. E a tutti, fin d’ora, un enorme in bocca al lupo.

Ragionando su quanto accaduto a Renato Paratore, abbiamo pensato a quali regole ci sarebbero da rivedere o aggiornare nello sport che tanto amiamo. Ma è possibile che si possa buttare al vento un’intera stagione di viaggi, fatiche, fusi orari e sacrifici (perché di tali si tratta, anche se l’obiettivo può essere molto allettante) per una firma messa in buona fede? E soprattutto, può avvenire nel XXI secolo, considerando che ogni gesto e ogni movimento è registrato e monitorato da telecamere e giudici?

Sulla squalifica la rete si è scatenata e in molti, soprattutto all’estero, hanno attaccato una regola che, come altre, sembra sempre più obsoleta. E accanto a quelle antiquate o che non godono del favore dei golfisti ce ne sono alcune che, anziché limitare i tempi di gioco, sembrano invece fatte apposta per dilatarli.

Girovagando qua e là su internet, abbiamo trovato numerosi esempi che forse meriterebbero un intervento di aggiornamento o semplificazione. Ve ne proponiamo alcuni.

Palla che finisce in un divot al centro del fairway e non può essere droppata. Molti la ritengono la regola più ingiusta, la prima da cancellare.

Con percorso non perfetto o regole invernali, la palla può essere piazzata. Ma è necessario marcarla prima di eseguire l’operazione. Sono in tanti a considerarla un’inutile perdita di tempo.

Sempre sullo stesso filone, perché non è possibile pulire una palla infangata in fairway se non si piazza?

La perdita di colpo e distanza, nel caso del fuori limite, viene considerata troppo penalizzante, un po’ come rigore e cartellino rosso comminati insieme nel calcio.

Colpire la propria sacca nel 99% dei casi è già un problema, senza considerare il colpo mal riuscito. È indispensabile la penalità?

Se non ci sono limiti al numero di fossette sulle palline, perché deve esserci per i bastoni da portare nella sacca?

Questi sono solo pochi esempi, ma l’elenco potrebbe essere molto lungo. Visto che sta per uscire la revisione quadriennale delle regole, realizzata dal Royal & Ancient e della United States Golf Association, speriamo sinceramente di trovare qualche interessante novità nella nuova versione. Ne parleremo a fondo nel prossimo numero.

Per chiudere, una breve annotazione. Abbiamo scritto queste note a quasi diecimila metri di quota verso Istanbul, su un volo di Turkish Airlines, che ha gentilmente invitato Golf & Turismo a rappresentare la stampa italiana alla prima delle quattro finali dell’European Tour, di cui è title sponsor da tre anni. Oltre che per l’impeccabile servizio di business class, siamo rimasti senza parole quando nella tasca della poltrona abbiamo trovato il numero speciale dell’inflight magazine. Una rivista di 144 pagine, tutta dedicata al golf. Da noi, purtroppo, temiamo che non succederà mai.

fulvio.golob@golfeturismo.it